22/2000
La sala dei Poeti dell'Università di
Bologna ha ospitato, dall'11 al 13 maggio 2000, un convegno
internazionale che, con il proposito di favorire il confronto tra
studiosi di diverse tradizioni poetiche medievali, in particolare
arabo-islamica e occidentale, ha contribuito a dare un nuovo stimolo
agli studi comparativistici in questo settore. I relatori del convegno hanno voluto
indagare l'affinità e le differenze culturali delle civiltà
sviluppatesi intorno al bacino del Mediterraneo attraverso lo studio
comparato dei princìpi su cui si fondano le diverse tradizioni
letterarie. Un
così ambizioso obiettivo poteva sembrare di difficile realizzazione, ma
poiché il campo di indagine è stato ben definito, è stato possibile
individuare interessanti punti di contatto e significativi aspetti
divergenti fra i soggetti presi in esame. La poetica infatti, che è una
delle numerose discipline in cui si sviluppano gli studi
comparativistici, si è rivelata terreno fertile per un dibattito tra
studiosi di tradizioni letterarie di entrambe le sponde del
Mediterraneo, senz'altro accomunati dalla curiosità di scoprire quel
che di nuovo, di diverso, di familiare "gli altri" avessero da
offrire. Gli studiosi di poetica occidentale hanno
così potuto cogliere, grazie agli interventi degli orientalisti
convenuti, nuovi e stimolanti spunti per lo studio del Medio Evo latino,
e arabisti e iranisti hanno visto il proprio "Oriente" godere, per
una volta, di diritti naturali di cittadinanza in universo letterario
ben più articolato di quanto rigidi schemi possano suggerire. La prima
giornata del convegno, aperta ufficialmente dal coordinatore
professor Paolo Bagni (Università di Bologna) ha visto l'intervento
di Seeger Bonebakker
(Università di Leyden): Discussion
on Plagiarism in Early Arabic Literature, sul concetto di
plagio nella letteratura araba delle origini. La teorizzazione del
concetto di plagio, che è una delle più importanti riflessioni
stilistiche in abito arabo-islamico, stabilisce i metodi e i limiti
dell'imitazione poetica, e codifica le situazioni in cui è lecito che
un poeta si serva o meno di versi altrui. Dall'esame del concetto di
plagio si può comprendere la connessione tra innovazione e tradizione,
connessione cruciale se si considera la continua attenzione dei poeti
arabi classici verso i modelli del passato. L'intervento successivo, curato da Mario
Mancini (Università di Bologna), ci presenta Petrarca
e la poetica degli arabi; l'atteggiamento di Petrarca verso
gli Arabi ha un valore paradigmatico: nei suoi toni negativi, di
rifiuto, sembra corrispondere a una rimozione, come se la cultura e la
poesia araba rappresentassero una preistoria rimossa della poesia
occidentale. Ancora in Renan troviamo un rifiuto della "barbarie"
araba (ossia, della scienza e della filosofia di cui l'Occidente si è
nutrito), rifiuto espresso nel nome del Petrarca, emblema di modernità
(europea) proprio perché inaugura il sentimento della cultura antica,
rivendicata come fonte della nostra civiltà. Se sui "medici" arabi
pesa il grave sospetto di materialismo, quasi un'idolatria del corpo,
di un io dentro alla materia, tutto questo trapassa sui suoi poeti,
nella ricorrente accusa di sensualità (nulla di più blando, molle,
snervato, osceno, scrive Petrarca); accusa che tuttavia dimentica quanto
dei temi e motivi di quella poesia sia diventato costitutivo della
tradizione europea. Antonio Pioletti (Università di Catania),
in seguito, ha esposto la Tipologia
della cornice narrativa, così come studiata nelle ipotesi di
Picone, che in riferimento ai modelli di raccolta di testi, individua
una tipologia occidentale - mediolatina e romanza - caratterizzata
da un criterio di raccolta "esterno" e classificatorio, e una
tipologia orientale contraddistinta invece da un criterio "interno".
Pioletti ha presentato alcuni sondaggi relativi a testi quali l'Apollonio
di Tiro, il Barlaam
e Josaphat, e la
Divina Commedia, opere che per aspetti diversi rappresentano
la testimonianza di un ricco e articolato ventaglio di soluzioni
narrative. Nell'ambito della teoria poetico retorica,
cui è stato dedicato il pomeriggio della prima giornata, si colloca
l'intervento di Geert Jan Van Gelder (Università di Oxford) Inspiration
and Writer's block in Classical Arabic Poetry a proposito
dell'ispirazione poetica e della discussione sul blocco dello
scrittore fra i poeti arabi classici, così come presentata nei manuali
di poetica. L'intervento di Van Gelder ha mostrato come, in ambito
islamico, l'ispirazione poetica fosse associata ai demoni (jinn
o shaytan);
Van Gelder ha evidenziato in particolare gli aspetti concreti
riguardanti ispirazione e blocco, presentando in particolare un'ampia
casistica di luoghi e situazioni che, secondo gli antichi manuali di
poetica potevano favorire l'ispirazione alla composizione della
poesia. L' ars
poetica latino medievale, oggetto della comunicazione di
Paolo Bagni (Università di Bologna) nella relazione Il
reticolo del dicibile nelle arti poetiche latino-medievali è
stata presentata come disciplina di interesse eminentemente teorico:
proprio l'"insegnare a fare" organizzava infatti le regole di ciò
che poteva essere detto in poesia. L'esempio proposto da Bagni, sulla
precettistica relativa alla metafora, ha mostrato come un particolare
insieme di tecniche potesse assolvere a diverse funzioni nel quadro
delle finalità che l'ars poetica si proponeva. La metafora infatti, tecnica che
marca e distingue il livello più alto di ornatus
verborum, giocava anche un ruolo nell'ambito della teoria
dello stile, dove lo scarto tropico poteva servire a garantire
l'interna contiguità della materia poetica. Arabic
Poetry between Criticism and Rhetoric è il titolo
dell'intervento di Mahmoud Fakhouri (Università di Aleppo) che ha
enunciato i fondamenti teorici della poesia araba classica, ovvero
poesia come arte del discorso che si realizza attraverso ritmo, metrica,
rima e utilizzo degli artifici retorici. Fakhouri ha parlato del ruolo
della poesia presso gli Arabi, registro della scienza e oggetto di
recitazione e discussione nei circoli letterari; materia di studio
presso i compilatori dell' ars
poetica, con riferimenti all'ancor oggi discussa influenza
della logica greca di matrice aristotelica. Oriente
e occidente nella retorica di Boncompagno da Signa è stato
il tema trattato da Daniela Goldin Folena (Università di Padova), che ha
delineato i punti di contatto tra Boncompagno da Signa e alcuni elementi
tipici della cultura orientale. In Boncompagno manca ogni atteggiamento
censorio verso i popoli arabi, visti sempre in condizioni di parità con
le popolazioni occidentali, sia negli elogi che nelle critiche. Nel
corso della relazione sono stati citati passi delle opere di Boncompagno
recanti riferimenti alle culture orientali, ai modi di espressione, e un
interessante brano dell'autore toscano che sembra riprodurre una
formula retorica araba. Daniela Meneghini Correale (Università di
Venezia) ha presentato uno studio comparativo sulla paronomasia: Tajnis e
adnominatio: precetti retorici sulla paronomasia
nella tradizione arabo-persiana e nella tradizione occidentale
prendendo in esame le norme e le tipologie relative a questo
artificio nella tradizione arabo-persiana e in quella occidentale. Se in
ambito arabo-islamico è immediato il rilievo attribuito alle figure di
parola, coinvolgenti l'aspetto grafico/fonetico della lingua, l'ornatus
facilis così come descritto nei trattati sulla ars versificatoria occidentali non ha un prestigio
equiparabile. L'intervento ha mostrato come le due tradizioni, pur
condividendo il medesimo approccio precettistico-classificatorio,
differiscano in modo sostanziale proprio nella valutazione del valore
estetico delle figure di parola. La seconda giornata, interamente dedicata
allo studio delle tradizioni letterarie, ha visto come primo relatore
Johann Christoph Bürgel (Università di Berna) cha ha presentato un
intervento dal titolo Fiction
et realité dans la littérature arabo-persane au Moyen Age. L'opportunità
dell'utilizzo di immagini irreali, iperboliche o impossibili in poesia
ha costituito a lungo oggetto di discussione tra i teorici dell'ars
poetica araba classica. Quanto alla prosa, racconti
didascalici, vere e proprie finzioni letterarie, furono numerosi nel
medioevo arabo, benché la loro legittimità abbia costituito oggetto di
disputa per i commentatori coevi. Nonostante la tensione storicistica
della letteratura araba, moltissima produzione in prosa può essere
considerata "finzione". Diversa l'epica persiana, in cui il
materiale attinto alle fonti storiche viene liberamente elaborato dal
poeta, secondo la propria visione estetica e le proprie finalità. Julie Scott Meisami (Università di Oxford)
ha trattato la nostalgia come genere tra Arabia e Andalusia nella
relazione Between
Arabia and al-Andalus: Nostalgia as an Arabic Poetic Genre.
Il valore del tema della nostalgia come tòpos
letterario nella produzione poetica araba delle origini e
come elemento caratterizzante è stato ripreso e sviluppato in ambiente
andaluso. Le ragioni di questa continuità sono state messe a fuoco
dalla relazione di Julie Scott Meisami, che riferendosi inoltre alla
poesia neopersiana, pone in rilievo il fatto che il tema della nostalgia
non abbia costituito una costante, ma sia evocato solo in maniera
occasionale, nonostante il debito di tale poesia nei confronti della
produzione poetica araba. L'intervento di Issam Kassabji (Università
di Aleppo) Poetry
and other arts in Islamic Culture ha illustrato la stretta
relazione tra le arti nella civiltà islamica: poesia, pittura,
scultura, musica, calligrafia e architettura. La poesia, in particolare,
vista come arte comprendente tutte le arti, descrive immagini in musica
e ritmo, attraverso l'alfabeto, ovvero tramite che è il fondamentale
dell'arte calligrafica. Se infatti la sposa è una, e i veli sono
molti, il velo della poesia è considerato il più affascinante e adatto
alla descrizione dell'Unico, della Verità come ineffabile
manifestazione del divino. I Riflessi dell'occidente medievale nella
cultura letteraria e figurativa persiana sono stati l'oggetto della
comunicazione di Maurizio Pistoso (Università di Bologna), dal titolo: Passaggi
di segni. Riflessi dell'occidente medievale nella cultura letteraria e
figurativa persiana. La relazione, incentrata su alcuni
aspetti dell'Occidente descritti e interpretati da quattro grandi voci
della civiltà di espressione linguistica persiana tra la prima era
selgiuchide e l'era tardo-mongola (XII-XIV secolo), Naser-e-Khosrow,
Rashid-do-din, Sa'di e Khorazmi, ha presentato alcuni passi che
esemplificavano l'approccio di volta in volta realistico,
pseudorealistico, fantasioso o puramente immaginario con cui questi
autori hanno rappresentato qualche lembo d'occidente. A commento di
tali passi venivano proiettate alcune diapositive per fornire una
controparte anche visiva alla scelta antologica. Daniela Boccassini (University of British
Colombia, Vancouver) ha illustrato, nella relazione Il
cavaliere falconiere: percorsi di un'immagine tra Oriente e Occidente
dal VI al XIII secolo un tema ricorrente nelle arti
figurative medievali in Occidente come in Oriente. Ripercorrendo
l'iconografia dell'immagine del cavaliere falconiere dall'epoca
tardo-imperiale (romana, bizantina e sasanide) fino a quel particolare
incontro tra Arabi ed Europei che avvenne nella Sicilia normanna e
federiciana, Boccassini ha evidenziato l'imprescindibile mediazione
della cultura islamica nella diffusione di questa immagine. Tale
mediazione avviò infatti l'elaborazione di una sofisticata fusione
tra le antiche simbologie regali-sapienziali relative ai rapaci e al
loro ammaestramento. Culture
in Time of Tolerance: al Andalus as a Model for our own Time è
il tema dell'intervento di
Maria Rosa Menocal (Yale University, New York)
che ha presentato riflessioni sulla la figura di Averroè così come
presentatata da George Louis Borges nel racconto La
busca de Averroé. Il momento in cui il protagonista, Averroè,
recita una poesia di Abderrahman il tempo della narrazione si trasforma,
il medioevo andaluso si confonde con il tempo presente occidentale, la
"storia nella storia" riporta al gioco di scatole cinesi delle
"Mille e una notte", che affascinarono lo stesso Borges. La palma di
Rusafa evocata nella poesia ricorda ad Abderrahman la Siria lontana da
cui fu costretto a fuggire, e la nostalgia di Abderrahman porta Averroè
a ricordare quanto, a Marrakech, fosse tormentato dal ricordo di
Cordoba. La mattinata della terza giornata, dedicata
a "Poesia e testo sacro", vede l'intervento di Mirella Cassarino (Università di Catania):
Il valore documentario e letterario di un testo di imitazione del Corano.
Il tema è il dogma dell'inimitabilità coranica, che non ha
corrispondente nelle altre religioni rivelate, e che alimentò nel corso
dei secoli una letteratura assai ampia non solo in ambito teologico, ma
anche in ambito storico e filologico, con i trattati di grammatica e
poetica. Il Corano, parola divina perfetta e inimitabile, pose dei
limiti alla creatività dell'uomo. Il testo sacro divenne infatti
modello di stile, di forma, di grammatica, di bellezza retorica cui
tutti i letterati arabi dovettero tendere nel corso dei secoli. Degno di
attenzione si rivela lo scritto di imitazione del Corano di Ibn
al-Muqaffa, figura singolare di umanista, messo a morte da eretico. Struttura
esegetica e livelli di significazione nella poesia mediolatina
è il titolo della relazione di Francesco Stella (Università di Siena),
che ha illustrato come nel medioevo latino un'importante tradizione
culturale avesse squalificato la poesia, identificata quasi sempre con
la poesia classica, considerata disciplina inferiore e priva di un
contenuto di verità. La poesia a tema biblico superò
quest'obiezione, poiché ispirata alla Veritas delle Scritture e
all'esegesi patristica, e introdusse nel repertorio poetico
innovazioni profonde legate alla peculiare strutturazione narrativa e
retorica della Bibbia. Ma, salvo rare eccezioni, né l'elaborazione
teorica né le dichiarazioni poetiche degli stessi "poeti biblici"
sembrarono tener conto della portata di questa innovazione, rivelando
una dicotomia inconsapevole fra le novità della poetica di fatto e il
conservatorismo della sua teorizzazione. Successivamente, l'intervento di Arie
Schippers (Università di Amsterdam) The Relationship between Poetry and
Sacred Texts in Arabic and Hebrew Poetic Traditions ha
esaminato la relazione esistente tra poesia e testo sacro nella
tradizione poetica araba e in quella ebraica. La scuola poetica ebraica
della Spagna musulmana riconobbe la superiorità della poesia araba.
Moses ibn Ezra (1138) scrisse un trattato di poetica in cui comparò le
figure retoriche nella poesia araba ed in quella ebraica, esemplificando
queste figure con esempi tratti dalla Bibbia e dal Corano. Carlo Saccone
(Università di Padova) introduce il tema della relazione tra
Poesia e testo sacro nella tradizione
letteraria persiana, passando in esame testi coranici e
tradizionali contenenti un'esplicita condanna della poesia. Attraverso
la lettura di significativi frammenti poetici e il confronto con la
tradizione esegetica, Saccone offre qualche spunto interpretativo delle
modalità di ricezione e di elaborazione della condanna dei poeti nella
tradizione culturale e nella coscienza poetica persiana. Averroès
lecteur de la Poétique d'Aristote è il titolo
dell'intervento del professor Abdelfattah Kilito (Università di
Rabat). Secondo una prima interpretazione, Averroè avrebbe travisato
l'opera aristotelica, forse riferendosi a una non corretta traduzione
in arabo del testo, e in particolare del termine "tragedia". Una
seconda interpretazione vede invece nel Commentario alla Poetica il
configurarsi un originale trattato di poetica araba. L'esame del
malinteso, dell'errore interpretativo si rivela un utile strumento per
compendere quali sono i meccanismi che impediscono a una cultura di
aprirsi a un'altra. L'intervento di Giovanna Lelli (Istituto
Universitario Orientale di Napoli) Elementi
per una poetica comparata del Mediterraneo medievale
ribadisce l'utilità dell'analisi comparata delle tradizioni
poetiche medievali, che permette di mettere in discussione l'assioma
di una specificità culturale e letteraria occidentale precedente
all'epoca moderna. Il Mediterraneo medievale costituisce infatti un
ampio sistema letterario e culturale cui partecipano nella stessa misura
le civiltà greco-ortodossa, arabo-islamica e europea occidentale. Lo
sviluppo della retorica araba con particolare riferimento a Sakkaki
è il tema trattato da Akeel Almarai (Università Popolare Senese,
Siena), che sottolinea il particolare ruolo di Abu Ya'qub Yussuf
as-Sakkaki nell'organizzazione della retorica araba: Sakkaki (m. 1229)
fu infatti il primo autore arabo che trattò, raggruppandole insieme le
tradizionali scienze del linguaggio: morfologia, sintassi, stilistica e
teoria delle figure retoriche. Il convegno, che ha visto anche
un'interessante presentazione di diapositive dei manoscritti orientali
del Fondo Marsili di Bologna curata da Orazgozel Machaeva (Università
di Bologna), si è svolto in una dimensione interdisciplinare. Proprio
la presenza di studiosi di diverse discipline ha reso possibile un
interessante dibattito, animato dalla dinamica tensione tra il piano
specialistico della poetica e il piano generale della teoria della
cultura. |
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