19/1999
Studi di Estetica
III serie
anno XXVII, fasc. I

Friedrich Schiller
Sul Calendario del giardiniere per l'anno 1795

 

 

 

* La recensione di Schiller al Taschenkalender auf das Jahr 1795 für Natur- und Gartenfreunde [Calendario tascabile per l'anno 1795 per gli amici della natura e del giardino. Con illustrazioni di Hohenheim e altre tavole in rame] stampato dall'editore Cotta è apparsa per la prima volta in data 11 ottobre 1794 nel n. 332 della "Allgemeine Literatur-Zeitung", p. 290 e sgg. Tre giorni prima di spedire la recensione, il 30 settembre 1794, Schiller la annunciava all'editore della prestigiosa rivista, Christian Gottfried Schütz, come la sua "professione di fede in materia di parchi tedeschi".

[immagine del frontespizio originale]

Dopo gli scritti di Hirschfeld [1] sulla Gartenkunst, [2] in Germania si è andata sempre più diffondendo la passione per i bei giardini artistici. Il buon gusto però non ne ha guadagnato molto, giacché mancavano solidi princìpi e tutto veniva lasciato all'arbitrio. Questo calendario tascabile offre indicazioni eccellenti per correggere siffatti sviamenti del gusto, che meritano di venire attentamente vagliate da chi ama l'arte e seguite da chi ama i giardini.

Non è per niente inusuale che si cominci ad eseguire una determinata cosa e si finisca con il chiedersi se essa sia o no possibile. Ciò sembra verificarsi in particolare nel caso dei cosiddetti amatissimi "giardini estetici" [ästhetische Gärten]. Questi prodotti del gusto nordico sono di origine così ibrida ed hanno mostrato fino ad ora un carattere così incerto che non si può non scusare il fatto che gli amanti dell'arte abbiano riservato loro una attenzione scarsissima lasciandoli a trastullo del dilettantismo.

Non sapendo con certezza a quale fra le classi delle belle arti propriamente pertinesse la Gartenkunst, la si è associata per lungo tempo all'architettura [Baukunst], imponendo alla vegetazione vivente il rigido giogo delle formule matematiche cui l'architetto assoggetta la greve massa inanimata. L'albero è stato costretto a celare la sua superiore natura organica per dar modo all'arte di dimostrare il suo potere sulla sua vile natura di corpo; [l'albero] ha dovuto sacrificare la sua vita autonoma e bella per una simmetria senz'anima e rinunciare al suo modo di crescere improntato a levità e slancio in cambio di una parvenza di solidità analoga a quella che l'occhio si aspetta da mura di pietra.

In questi ultimi tempi invero la Gartenkunst ha abbandonato questa strada sbagliata e stramba, ma solo per smarrirsi nella direzione opposta. È fuggita dalla rigida disciplina dell'architetto per rifugiarsi nella libertà del poeta, ha barattato all'improvviso la schiavitù più dura con la più sfrenata licenza, pretendendo di obbedire soltanto ai dettami della fantasia. L'occhio è stato costretto a saltare da una decorazione inattesa all'altra in quel modo arbitrario, avventuroso e caotico con cui si alternano le immagini partorite da una fantasia abbandonata a se stessa, e la natura è stata forzata a presentare in uno spazio più o meno ampio tutta la variegata gamma delle sue manifestazioni come in una sorta di campionario.

Se nei giardini francesi [la natura] venne privata della sua libertà, ottenendo però in compenso una certa armonia architettonica delle parti e una certa grandiosità, nei nostri cosiddetti giardini inglesi decade a piccolezza infantile, mentre la ricerca esagerata di libertà da ogni costrizione e la brama di varietà la allontanano dalla bella semplicità e la sottraggono a qualsiasi regola. Questo stato di cose perdura per lo più anche al presente, favorito in ampia misura dal carattere rammollito proprio della nostra epoca, che rifugge da ogni determinatezza delle forme e trova infinitamente più comodo modellare gli oggetti a proprio estro piuttosto che conformarsi ad essi.

La difficoltà di assegnare alla Gartenkunst estetica il posto che le spetta fra le belle arti potrebbe indurci a supporre che non vi appartenga. Sarebbe però errato interpretare il fallimento di questi tentativi come prova dell'impossibilità di tale classificazione.

Le due forme opposte in cui la Gartenkunst si è mostrata finora in Germania hanno entrambe qualcosa di vero e muovono entrambe da una ben fondata necessità. Per quanto concerne in primo luogo il gusto architettonico, non si può negare che la Gartenkunst e l'architettura appartengano alla medesima categoria, anche se si è fatto assai male a voler applicare alla prima i criteri che vigono nella seconda. Nella loro prima origine corrispondono entrambe ad un bisogno fisico che ha inizialmente determinato le loro forme finché, sviluppatosi il senso del bello, si è creata la spinta alla libertà delle forme e il gusto ha fatto valere le sue esigenze all'unisono con l'intelletto.

Da questo punto di vista entrambe le arti non sono completamente libere e la bellezza delle loro forme rimarrà sempre condizionata e limitata dalla presenza ineliminabile di uno scopo fisico.

Le accomuna parimenti il fatto di imitare la natura tramite la natura, anziché imitarla tramite un mezzo artistico o non imitarla affatto, generando invece nuovi oggetti. Forse è per questo che non ci si è attenuti strettamente alle forme offerte dalla realtà e che anzi non ci si è peritati di trattare la natura come mezzo e di far violenza alla sua peculiarità purché l'intelletto venisse soddisfatto dall'ordine e dall'armonia e l'occhio dalla maestà o dalla grazia [Anmut]. Ci si è sentiti ulteriormente autorizzati [a procedere in questo modo] perché sacrificare la natura e rendersi indipendenti da essa ha assai spesso favorito il raggiungimento dello scopo fisico. Pertanto, dati i molti punti di affinità fra queste due arti, appare in certa misura scusabile che la totale alterità del loro carattere sia sfuggita agli artefici del gusto architettonico nella Gartenkunst e che nell'alternativa fra ordine da una parte e libertà dall'altra il primo sia stato privilegiato a scapito della seconda.

D'altronde, anche in poesia il gusto del giardino si basa su un giustissimo dato di fatto emotivo. Ad un attento osservatore di se stesso non potrà sfuggire che il piacere procurato dalla vista di scene campestri è inscindibile dall'idea che si tratti di libere creazioni della natura, non di opera di un artista. Nel momento in cui il gusto del giardino ha mirato a questo tipo di godimento è divenuto necessario studiarsi di eliminare dall'impianto del giardino stesso ogni traccia di origine artificiale: la libertà è stata dunque innalzata a legge suprema, come prima il gusto architettonico aveva innalzato a legge suprema la regolarità. In un caso era la natura a dover riportare la palma della vittoria, nell'altro la mano dell'uomo. La meta auspicata era però troppo elevata rispetto ai mezzi di cui [il gusto del giardino] poteva avvalersi: e fallì perché travalicò i suoi limiti e spinse la Gartenkunst nella sfera della pittura, dimenticando che quest'ultima può far uso della scala ridotta, preclusa invece ad un'arte che rappresenta la natura tramite se stessa, ed è in grado di suscitare commozione solo nella misura in cui venga totalmente scambiata con la natura. Non meraviglia dunque che [il gusto del giardino], nella sua ricerca della varietà ad ogni costo, sia scaduto nella leziosaggine e — non avendo né lo spazio, né le forze per quei passaggi con cui la natura prepara e rende plausibili i suoi cambiamenti — sia approdato all'arbitrarietà. L'ideale perseguito non contiene in sé e per sé nessuna contraddizione: è però un ideale controproducente e stravagante, perché anche il successo più pieno non compenserebbe dell'enorme sacrificio richiesto.

Se dunque si vuole che la Gartenkunst finalmente abbandoni gli eccessi in cui è caduta, restando al pari delle arti sue sorelle entro stabili e ben precisati confini, è necessario chiarire in primo luogo che cosa propriamente si vuole; questione, questa, cui sembra non si sia finora pensato a sufficienza, per lo meno in Germania.

È probabile che in tal modo si riesca a trovare una soddisfacente via di mezzo fra la rigidità del gusto dei giardini francese e la libertà priva di legge del cosiddetto giardino inglese; che ci si renda conto che quest'arte [la Gartenkunst] non può giungere fino alle alte sfere cui presumono di poterla innalzare coloro che nei loro piani semplicemente dimenticano i mezzi con cui realizzarla; che si capisca che è insensato e di cattivo gusto voler racchiudere il mondo entro le mura di cinta di un giardino, mentre è invece ragionevole e senz'altro possibile fare di un giardino che risponde pienamente alle esigenze di un bravo massaro una totalità caratteristica [ein charakteristisches Ganzes] sia per l'occhio che per il cuore e la ragione.

Queste appunto sono le principali indicazioni fornite in questo calendario dall'acuto e brillante autore dei Fragmentarische Beiträge zur Ausbildung des deutschen Gartengeschmacks [Contributi frammentari per la formazione di un gusto tedesco del giardino]: e fra tutto quello che può esser stato scritto sull'argomento non conosciamo nulla che soddisfi altrettanto il buon gusto.

Le idee sono invero buttate giù come semplici abbozzi, ma questa mancanza di accuratezza formale non si estende al contenuto, che documenta costantemente finezza intellettuale e delicato gusto artistico. Dopo aver ricordato e adeguatamente valutato le due strade principali finora percorse dalla Gartenkunst e i diversi scopi che si possono perseguire nell'impiantare un giardino, l'autore cerca di ricondurre quest'arte entro i suoi confini reali e a uno scopo ragionevole: quest'ultimo viene a ragione individuato nel fatto di "potenziare quel godimento della vita che è indotto dal contatto con la bella natura del paesaggio". Distingue assai giustamente fra jardin paysager (che è il vero e proprio parco inglese) in cui la natura si manifesta in tutta la sua grandezza e libertà e deve dare l'impressione di avere fagocitato tutta l'arte, e giardino, dove all'arte non è proibito manifestarsi. Senza confutare il pregio estetico del primo, l'autore si accontenta di mostrare le difficoltà connesse con la sua realizzazione, difficoltà che possono superarsi solo con forze eccezionali. Suddivide il vero e proprio giardino in 'grande', 'piccolo' e 'medio', delineando brevemente i confini entro i quali deve rimanere l'inventio in ciascuno di questi tre tipi. Attacca espressamente l'anglomania così diffusa in Germania fra i proprietari di giardini, i ponti senz'acqua, i romitaggi costruiti accanto alla strada ecc., mostrando i miserevoli effetti della smania di imitare e dei malintesi princìpi di varietà e spontaneità. Restringendo l'ambito della Gartenkunst le insegna ad essere tanto più efficace proprio entro tali confini e a rinunciare a ciò che è superfluo e controproducente per mirare a un carattere ben determinato e interessante. Non ritiene pertanto assolutamente impossibile creare giardini simbolici e per così dire patetici, capaci, al pari di composizioni musicali o poetiche, di esprimere e suscitare un determinato stato d'animo.

Oltre a queste osservazioni estetiche, in questo calendario l'autore inizia la descrizione del grande giardino di Hohenheim promettendo di proseguirla l'anno prossimo.

Chiunque abbia visto di persona o conosca anche solo per sentito dire questo giardino a buon diritto celebre non potrà non gradire passeggiarvi in compagnia di un conoscitore così fine. E probabilmente sarà sorpreso non meno del recensore nel constatare che in un'opera che si sarebbe inclini a credere frutto dell'estemporaneità regni invece una idea [precisa] che fa onore non so se all'ideatore del giardino o a chi lo descrive.

La maggior parte di coloro che hanno avuto la fortuna di visitare Hohenheim avranno visto, con non poco sconcerto, che monumenti funebri romani, templi, mura diroccate e simili si alternano a capanne svizzere, e ridenti aiole di fiori a tetre mura di carcere, senza riuscire a capire quale fantasia poteva permettersi di collegare in un tutto unico cose così disparate. Sapere di aver di fronte una colonia rurale insediatasi fra le rovine di una città romana elimina di colpo la contraddittorietà e permette di ravvisare in questa composizione barocca una unità che affascina lo spirito.

Semplicità agreste e decaduta magnificenza urbana — i due poli estremi nell'evoluzione di una società — si trovano accostati in una maniera che commuove [l'osservatore], e la mestizia indotta dalla contemplazione della caducità si dissolve in modo meravigliosamente bello nel sentimento della vita trionfante. Questa felice mescolanza effonde su tutto il paesaggio un tono profondamente elegiaco, che mantiene l'osservatore sensibile in una altalena costante di quiete e agitazione, meditazione e godimento: tono la cui eco permane a lungo anche quando ormai tutto è scomparso.

L'autore ritiene che solo visitando il parco in piena estate se ne possa dare un giudizio con piena cognizione di causa; noi vorremmo aggiungere anche che solo chi lo raggiunga percorrendo una determinata strada può avvertirne completamente la bellezza. Per goderlo appieno occorre raggiungerlo attraverso il castello principesco di recente costruzione.

La strada da Stoccarda a Hohenheim è per così dire una "storia della Gartenkunst" resa visibile, che offe materia di interessanti riflessioni ad un osservatore attento. Nei frutteti, vigneti e orti che costeggiano la strada questi scorgerà il primo inizio fisico della Gartenkunst, priva di ogni ornamento estetico.

Dapprima lo accoglie, con superba gravità, la Gartenkunst francese, fra le lunghe e ripide cortine di pioppi che collegano Hohenheim col paesaggio circostante, e che con la loro sagoma ad arte ne destano già l'attesa.

Questa impressione di solennità raggiunge una tensione quasi sgradevole quando si attraversano gli appartamenti del castello ducale, che non teme confronti quanto a eleganza e magnificenza e unisce in maniera certamente rara buon gusto e spreco. Lo splendore che da ogni parte opprime lo sguardo e la raffinatezza estrema dell'arredamento e dell'architettura delle stanze spingono al sommo grado il bisogno di semplicità, preparando il trionfo più solenne alla natura agreste, che accoglie all'improvviso il visitatore nel cosiddetto villaggio inglese. D'altra parte i monumenti di uno sfarzo ormai scomparso, ai quali l'agricoltore appoggia ora la sua pacifica capanna, provocano una particolarissima emozione e in queste rovine cadenti cogliamo, con segreta gioia, la nostra vendetta sull'arte che nello sfarzo del vicino palazzo aveva esercitato su di noi il suo potere fino all'abuso. La natura che troviamo in questo villaggio inglese non è però più quella da cui eravamo partiti. È una natura pervasa dallo spirito ed esaltata dall'arte, che ora è in grado di soddisfare non solo le esigenze dell'uomo semplice ma anche quelle dell'individuo raffinato dalla cultura: mentre nel primo desta lo stimolo a riflettere, fa sì che il secondo ritorni alle emozioni.

Al di là delle possibili obiezioni a questo modo di interpretare il parco di Hohenheim, al suo artefice spetta gratitudine per non aver offerto appiglio ad una smentita; e sarebbe pretesa eccessiva non essere disposti in ambito estetico alla equiparazione fra azione effettiva e volontà, quando in ambito morale la volontà conta come l'azione effettiva.

Una volta che il quadro del parco di Hohenheim sarà completato, credo che il lettore non sprovveduto sarà assai interessato a vedervi anche un ritratto simbolico della singolare personalità del suo artefice, che non solamente nei suoi giardini è riuscito a strappare alla natura giochi d'acqua nonostante la quasi totale assenza di sorgenti.

Il giudizio dell'autore sul giardino di Schwetzingen e sulla valle di Seifersdorf vicino a Dresda verrà sottoscritto da ogni lettore di buon gusto che li abbia visti e che non potrà fare a meno di trovare affettata una forma di sensibilità che induce ad appendere agli alberi tavolette su cui sono scritte massime morali e di dichiarare barbarico un gusto che mescola in variopinta confusione moschee e templi greci.

Alle sette incisioni assai ben scelte e altrettanto bene eseguite che raffigurano parti del giardino di Hohenheim si aggiungono altri quattro disegni di bei vasi, altari e monumenti da usare come ornamenti per i giardini: il loro creatore è il signor Isopi, un abile specialista dell'ornamentazione, attualmente scultore di corte a Stoccarda. Sono di gusto assolutamente eccellente e danno la più favorevole testimonianza dello spiccato talento di questo artista. Molti altri articoli di carattere economico, che appaiono su questo calendario, lo rendono utile per il giardinaggio non meno che per la Gartenkunst ed ogni lettore ne attenderà con piacere la continuazione.

[Traduzione di Giulia Cantarutti]

Note:

[1] Il più celebre scritto di Ch.C.L. Hirschfeld, Theorie der Gartenkunst, 5 voll., Leipzig, Weidmann Erben u. Reich, 1779-1785. Già nel 1776 era però apparso un suo articolo, Über die Verwandtschaft zwischen Mahlerey und Gartenkunst, citato nel IV volume di J.G. Sulzer, Allgemeine Theorie der schönen Künste, ristampa anastatica, Hildesheim, Olms, 1967, p. 800.

[2] Arte dei giardini. Lascio il termine in tedesco rimandando a M. Cottone, Il giardino come metafora. Letteratura e Gartenkunst nella cultura tedesca del XVIII secolo, "Quaderni di lingue e letterature straniere" della Facoltà di Magistero dell'Università degli Studi di Palermo, n. 12 (1989-1990), pp. 7-43. Una recente panoramica sul rapporto di Schiller con l'arte figurativa viene offerto dall'articolo di N. Oellers, Schiller und die Bildende Kunst, in Il primato dell'occhio. Poesia e pittura nell'età di Goethe, a cura di E. Bonfatti e M. Fancelli, Roma, Artemide, 1997, pp. 143-58.

Frontespizio originale del Calendario del giardiniere

Home Page Studi di Estetica