19/1999
Studi di Estetica
III serie
anno XXVII, fasc. I

Raffaele Milani
Premessa

 

Ogni riflessione estetica sul paesaggio nasconde un rapporto tra la realtà dei luoghi e le determinazioni offerte dalle categorie estetiche le quali, nel loro fare riferimento alle cose, si configurano come teoria del paesaggio di cui i paesaggi reali sono, proprio in virtù del fatto che vengono giudicati, espressioni pratiche di quella teoria. Prima di essere formulata concettualmente, l'idea di paesaggio trova la sua esposizione nell'arte: innumerevoli sono i paesaggi della poesia, della narrativa, della pittura, tra Oriente e Occidente. L'immagine enuncia una visione della natura fondata sulla bellezza, a seconda delle diverse poetiche. Tuttavia, questa è la lezione di Rosario Assunto, possiamo aggiungere che il paesaggio stesso, nel suo essere rapporto di realtà e idea, nel suo essere forma della natura e nel suo costituirsi oggetto estetico, è esso stesso arte per un'unione di utilità e bellezza.

Ci si interroga sulla bellezza perduta e su un suo auspicabile ritorno nell'era, della terza rivoluzione industriale. La necessità di recuperarla è allora assolutamente evidente ed è un compito irrinunciabile della nostra civiltà. Le nostre città sono divenute brutte e i paesaggi appaiono sempre più come corpi straziati. Le loro antiche bellezze non erano soltanto espressione dell'arte e della filosofia, ma anche e soprattutto dei lavoro umano. È necessario cogliere il rapporto cultura, storia, natura per salvare gli ultimi resti ancora intatti di ciò che ci circonda o le ultime spoglie delle città storiche. Perdere la memoria dei luoghi vuol dire perdere la memoria della bellezza che è connaturata allo spirito della terra.

La vista del paesaggio ci affascina da sempre. Ma è il giudizio su di esso che cambia, insieme al linguaggio impiegato per descriverlo. Esprimere la propria ammirazione per certi luoghi significa offrire un piano di interpretazioni sentimentali, di commozioni anche profonde passate al setaccio di raffinati ragionamenti estetici che attraversano epoche e mondi diversi dell'arte e del costume. Definire un paesaggio bello, sublime, pittoresco, gotico o considerarlo alla luce della grazia, vuol dire affrontare il tema della valutazione estetica entro la memoria storica, collettiva, psichica. Siamo tutti coinvolti in ciò che appare di fronte a noi, una volta caduta l'illusione di una viva, oggettiva spontaneità della natura.

Il paesaggio, sin dalle origini della nostra civiltà, è collegato alle immagini che ne ha potuto ricavare la pittura o alle descrizioni che ne ha potuto trarre la letteratura, secondo suggestioni mosse da quella che possiamo chiamare una mitologia delle narrazioni. Il paesaggio può essere considerato oggetto estetico e può favorire anche una critica come se fosse un'opera d'arte. Esso è opera dell'uomo e della sua immaginazione creatrice; la natura modella delle forme nella mente e nella fantasia umana, forgia eventi abili a seconda della velocità di movimento del soggetto, delle materie (dall'acqua al deserto, dalla roccia alle distese erbose), delle condizioni climatiche e stagionali. Possiamo procedere oltre la visione indagata, studiata dalle arti, per affermare l'arte stessa del paesaggio quale elemento costitutivo della percezione estetica più elementare, dando alle capacità ricettive dell'uomo tensioni e forze creative e dell'immaginazione.

Verso la metà dei secolo scorso, dopo tante importanti riflessioni sul paesaggio, possiamo trovare una sintesi mirabile di tutta questa fase di qualificazione estetica dei luoghi e della loro evocazione in Arthur Schopenhauer che eleva e nobilita pienamente, al rango della musica, la sensibilità per la natura. Nei Supplementi al Libro III del Mondo come volontà e rappresentazione (1844), nella sezione intitolata Osservazioni staccate sulla bellezza della natura, dichiara: "com'è estetica la natura", riferendosi alla sua verità e spontaneità, dimostrando così di recepire in profondità il contesto mutevole delle categorie estetiche. Quel che s'impone alla nostra attenzione è particolarmente il passo seguente: "Una bella vista è perciò un catartico dello spirito, come la musica, per Aristotele, lo è dell'animo e, nella sua presenza, si pensa nel modo più giusto". La bella vista, per l'infinito che la definisce e per la purificazione spirituale che promuove, viene legata a un'interpretazione straordinaria. Si tratta della più alta valorizzazione dei cosiddetto bello naturale: la natura paragonata alla musica.

Il tema di una possibile arte del paesaggio è stato l'oggetto delle Giornate, di Studio su "Estetica e paesaggio nell'età di Goethe", tenutesi presso l'Università di Bologna il 26 e 27 febbraio 1998. Si riuniscono qui i materiali di quegli incontri che, nella varietà degli interventi, hanno offerto un articolato quadro di osservazioni e riflessioni sulla contemplazione delle bellezze naturali tra Sette e Ottocento. Attraverso l'analisi comparativa delle arti e delle idee estetiche nell'evoluzione del gusto tra classico e romantico, si è voluta riscoprire la speranza di un "sentimento dei mondo" seguendo il corso delle poetiche tra le ragioni dei finito e dell'infinito.

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