11-12/1995 Fernando
Bollino
Il 2 maggio 1995 moriva Luciano Anceschi, professore emerito di Estetica
nell'università di Bologna, socio corrispondente dei Lincei,
fondatore e direttore del "verri" e di "Studi di estetica",
protagonista discreto, ma ascoltato, della vita scientifica e
culturale italiana degli ultimi cinquant'anni. A distanza di
alcuni mesi da quell'assenza, mentre ciascuno di noi, suoi
amici e allievi, si è trovato a misurare i privati,
improvvisi sobbalzi della memoria, vediamo giunte oramai a
maturazione una serie di iniziative pubbliche in suo onore. In autunno è uscito da Pratiche, con una Introduzione di Guido Guglielmi
e a cura (e con una Nota) di Liliana Rampello, L'esercizio della lettura, una raccolta di brevi saggi che
lo stesso Anceschi aveva voluto predisporre, poco prima della
morte. Già nell'estate, era stato ripubblicato in forma di
omaggio, dal centro Pio Manzù, il suo primo articolo, L'Uomo
Petöfi (1928) accompagnato dalle brevi testimonianze
di Gerardo Filiberto Dasi, Gillo Dorfles, Luca Cesari. A quest'ultimo
si deve anche sia un intervento (sullo spunto di una lettera di
Pound) su Anceschi nell'intreccio
fra Pound e Vicari sia la cura di un'ulteriore
raccolta di scritti anceschiani intitolata Uomo
indifeso che uscirà presso l'editore riminese
Raffaelli. Elenchiamo ancora, fra gli altri interventi, le Parole
per Luciano Anceschi, di Fausto Curi ("il verri"
1-2, 1955), il profilo Sul
progetto estetico di Luciano Anceschi, relazione di
Marco Macciantelli tenuta al II Convegno nazionale dell'AISE ("il
verri" 3-4, 1955), la memoria affettuosa di Emilio Mattioli
uscita sul "Muratori" di Modena, e il Ricordo
di Luciano Anceschi. Alcune "note" sul suo "kantismo"
di Silvestro Marcucci, in "Studi kantiani" (VIII,
1955, pp. 141-6). Inoltre, nel primo anniversario della morte - il 2, 3 e 4 maggio - si
terrà a Bologna un Convegno scientifico dedicato ad Anceschi
patrocinato dall'Alma Mater e da varie istituzioni cittadine.
Fra gli altri, terrano una relazione Dorfles, Eco, Vattimo,
Stella, Givone, Sanguineti, Giuliani, oltre naturalmente a
numerosi esponenti della "scuola bolognese". In autunno,
infine è prevista un'esposizione di vario materiale
documentario (carteggi autografi, edizioni originali, foto,
ecc.) in buona parte tratto dal ricco archivio e dalla
biblioteca a suo tempo donati dallo stesso Anceschi al Comune di
Bologna. Quanto alla nostra rivista, che il professore, nelle riunioni di
redazione, amava chiamare, con sorridente ostinazione, "il
bollettino", crediamo che essa debba, come dire, cercare nella
dimensione paziente di una "lunga" e mai soddisfatta
rilettura le sempre nuove occasioni per proporre temi e testi
di Anceschi o su Anceschi. Nel presente fascicolo, ad esempio, pubblichiamo due saggi brevi e che
potremmo definire "quasi inediti": l'uno di taglio
metodologico riguarda l'Estetica
come scienza fenomenologica, l'altro di taglio
storiografico è su Berkeley
e l'estetica dell'empirismo. Entrambi, mai più
da allora ripubblicati (ma vedi, qui, i riferimenti precisi
nelle note a pie' delle rispettive prime pagine), sono apparsi
in dispense universitarie poco più che ciclostilate degli anni
cinquanta, che abbiamo potuto ritrovare, consultare e riprodurre
grazie all'amichevole disponibilità della Signora Maria
Anceschi. Sarebbe interessante, crediamo, ricostruire un giorno
l'intero itinerario didattico di Anceschi (corsi, programmi,
esercitazioni..), un itinerario che pensiamo si rivelerebbe
tutto "intrecciato" con la sua riflessione teorica,
metodologica, storiografica, critica. Intanto troviamo una particolarità assai significativa (che "Studi di
estetica" vuol continuare ad assumere, come già in passato, a
emblema programmatico): ogni anno Anceschi sviluppava due
corsi, uno di estetica e uno di poetica. E questo per una
necessità non tanto didattica, ma teorica e tutta interna alla
sua "aperta sistematica": i due piani della riflessione,
infatti, "si significano" nella reciproca relazione. In
secondo luogo, già nei primi anni di docenza troviamo
affrontati i grandi temi anceschiani: il barocco, la critica
letteraria di Renato Serra, le poetiche dal Romanticismo al
Novecento, Kant, l'empirismo inglese, la neofenomenologia. In
terzo luogo, troviamo conferma di una nostra comune memoria:
Anceschi stimolava gli studenti a redigere esercitazioni scritte
che poi venivano discusse in aula e addirittura "recensite",
come si desume dalle ultime pagine della dispensa dell'anno
accademico 1952-53 (facoltà di Lingue dell'università "Bocconi"):
"Durante il corso di estetica - annota diligentemente il
professore - furono tenute anche alcune esercitazioni. Aldo
Tagliaferri riferì su Rimbaud
e la ripetizione, Marcello Mongardo sull'Esperienza poetica di O. Wilde". Segue una scheda critica,
attenta, impegnata. Leggiamo, del primo: "Tagliaferri vede
in Rimbaud il punto di passaggio tra il 'momento romantico'
e il 'momento esistenziale'. Nella sua stessa esistenza il
poeta assommò queste due esperienze. Così nelle Illuminations
sono evidenti, ... ecc." Questo era Anceschi: un grande Maestro capace di indicare nuove vie alla
riflessione e di stimolare nuove intelligenze. Gli si attaglia
benissimo ciò che Brunschwicg ebbe a dire una volta "a
proposito e ad onore" di Husserl e che Anceschi stesso
riporta, sempre in una dispensa, descrivendo "l'ispirazione
teorica e morale" (si badi!) che avrebbe caratterizzato il
corso dell'anno accademico 1955-56: "egli non fu tanto un caposcuola, quanto un iniziatore di ricercatori,
uno che apriva agli altri le vie, un sollecitatore di vocazioni"
e di libere decisioni. Egli non aveva mai offerto ai discepoli
una dottrina in cui soddisfatti posarsi in una sorta di inerzia
del vero; aveva invece aperto una via in cui orientare l'inquietudine
e l'ansia del vero. E ricordiamo che il filosofare è un atto
di maieutica liberatrice che fonda noi stessi e la verità nella
scelta e nella decisione.
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