32/2005
Studi di Estetica
III serie
anno XXXIII, fasc. II

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Fernando Bollino
Attualità di Anceschi
(dieci anni dopo: 1995-2005)


Il primo numero di una rivista (gennaio 2006), specie se "militante", come si autodefinisce " Tabard ", specie se austeramente "autocostruita" da un gruppo di giovani motivati e ben provveduti, ha sempre un qualcosa di irresistibile nel suo presentarsi come la scommessa di un'avventura nuova, come l'apertura di un promettente orizzonte d'intervento e di riflessione, anche se non sappiamo - ma non importa poi troppo - quanto sia incerta la sfida e quanto concretamente durevole se ne prospetti la materiale sopravvivenza. Qui, soprattutto, colpisce che l'iniziativa abbia trovato il suo primo innesco per impulso di un nucleo di giovani (Mimmo Cangiano, Eugenio Santangelo..., ma l'elenco vuole essere aperto) che, attivi frequentatori qualche anno fa di un mio corso su Anceschi e la "neo-fenomenologia critica", hanno poi coltivato e fatto propri, del tutto autonomamente, i semi vitalissimi di una riflessione per nulla già "sedimentata e tale da lasciare di sé solo una traccia simbolica" - per riprendere le parole dello stesso Anceschi - nelle riduttive stratificazioni della husserliana "Selbstverständlichkeit".
"Il nostro comune maestro" tenne la sua ultima lezione l'11 maggio 1981, in quella stessa aula III della Facoltà di Lettere e Filosofia di Bologna nella quale i giovanissimi studenti e ora laureati redattori di " Tabard " - la rivista prende il nome dal protagonista del film di Jean Vigo, Zero in condotta -, hanno assorbito e discusso le sue parole nel lascito, in primo luogo, di Che cosa è la poesia? . E davvero, l'insegnamento anceschiano contro ogni insidia mortificante dell' ovvietà , quale che sia la pronuncia della nozione, acquista una sua pregnante attualità e non manca di continuare ad agire su chi, da quest'insegnamento, si lascia ancora oggi "rovesciare come un guanto" - come già capitò allo stesso giovanissimo Anceschi quando iniziò a frequentare le lezioni di Banfi -, se dobbiamo credere al programma della nuova rivista puntigliosamente enunciato nell' Editoriale . Dove il rifiuto di ogni riduttiva banalizzazione del "fenomeno", di ogni semplificazione del molteplice all'Uno, sfocia, in definitiva, nella radicale denuncia di ogni autoritaristico e dogmatico apriorismo:

Tabard ha sì un pensiero forte, ma questo consiste nella convinzione che un pensiero unico non possa aver ragione. Il nostro pensiero forte è il relativismo.
Rifiutiamo la semplificazione ideologica e giornalistica che si opera oggi sul concetto di relativismo, visto semplicemente come perdita di valori al fine di difendere posizioni ultra-cattoliche, xenofobe e rassicuranti.
Tabard sul piano politico difende l'incontro fra le culture, inevitabile strumento di progresso, come sul piano artistico e filosofico difende la necessità di un' epochè generalizzata da estendere criticamente su qualsiasi visione artistica o filosofica...

L'ispirazione anceschiana viene esplicitamente rivendicata a livello metodologico e programmatico:

Sul piano filosofico Tabard ha deciso di far propria la "fenomenologia relazionistica" di Luciano Anceschi [...]. Tabard si muoverà in una condizione di critica permanente [...] nell'idea che ogni "cosa" non è altro che l'insieme delle relazioni che la significano. [...] Rifiutiamo il desiderio di arrivare a delle Definizioni. [...] L'unica definizione appropriata è la totalità della ricerca. Per Tabard il verbo essere non ha più ragione di esistere [...]. Tabard rifiuta qualsiasi pretesa di carattere ontologico...

Naturalmente, si potrebbe magari rintracciare in queste affermazioni qualche tonalità un po' ingenua nel suo sembrare espressione di "giovanile radicalismo", ma non si può non cogliere, anche, il segno forte di una connessione, che qui affiora, fra militanza artistico-letteraria e militanza, in senso lato, "politica" ovvero, e in ultima analisi, fra orizzonte estetico e orizzonte etico. Ci si appoggia ad Alberto Savinio ("Non è possibile tornare a credere alla esistenza 'in sé' di principi, canoni, leggi che, come è stato dimostrato, non sono se non creazioni della mente dell'uomo"), si cita un Guido Guglielmi a sua volta molto anceschiano ("la contraddizione è l'apertura del Sistema"), ma si proiettano questi lacerti sullo sfondo di una drammatica condizione di disagio e di crisi i cui riflessi appaiono pervasivamente attuali: non solo la fine "delle certezze acquisite", ma anche la stessa " possibilità di crearsi nuove certezze". Infatti, il rifiuto consapevole delle definizioni ("il verbo essere non ha più ragione di esistere") comporta anche una visione che, con qualche enfasi provocatoria, "può apparire terrificante" nella misura in cui, ben più che la "morte di Dio", è proprio la morte del verbo "essere" a implicare "la fine dell'Io", o, se si vuole, la fine di ogni cosa che pretende per sé, in modo esclusivo, l'iniziale maiuscola. Così,

il sostrato dell'esperienza umana è (forse) rappresentato dal provvisorio, dal mutamento e dalla transitorietà nonché dal concetto stesso di interpretazione. [...] Accettare il molteplice vuol dire accettare il problematico, rappresenta la totale assenza di sicurezza, l'impossibilità del giudizio, che su questi termini, sarebbe nient'altro che un atto di fede. A quella necessità di giudizio che Renato Serra ritrovò nella scelta di andare in guerra, che peraltro comprendiamo appieno, noi opponiamo un non-bisogno di assoluto.

Il 2 maggio 1995 moriva, a ottantaquattro anni, Luciano Anceschi, professore emerito di Estetica nell'università di Bologna, socio corrispondente dei Lincei, fondatore e direttore del "verri" e di "Studi di estetica", protagonista discreto, ma ascoltato, della vita scientifica e culturale italiana per molta parte del Novecento. Scrivevamo più o meno queste parole dieci anni fa in apertura del n. 11/12 (1995) della nostra rivista, informando di seguito i lettori sulle iniziative in corso o progettate, fra cui un importante convegno che si tenne dal 2 al 4 maggio dell'anno successivo nella Cappella Farnese di Palazzo D'Accursio a Bologna con la partecipazione, fra gli altri, di Dorfles, Vattimo, Eco, Battistini, Briosi, Stella, Lentengre, Sanguineti, Giuliani, Lorenzini, oltre, naturalmente, a numerosi allievi della "scuola bolognese": Bagni, Gentili, Bollino, Rampello, Zaffagnini, Vetri, Macciantelli, Serra, Ferrari. Gli atti Luciano Anceschi tra filosofia e letteratura , a cura di Barilli, Curi, Mattioli e Rossi, furono poi pubblicati sul n. 15 (1997).

Nell'occasione del decennale della morte del suo fondatore "Studi di estetica" ha inteso raccogliere il punto di vista, per qualche aspetto anche critico, con cui si guarda, oggi , da parte di alcuni studiosi e docenti di Estetica, di tradizione fenomenologica e non (ma non di "scuola bolognese"), al lascito teorico e metodologico di Anceschi. Altre recenti iniziative e manifestazioni volte a ricordare la sua figura e la sua "opera", hanno inteso privilegiare il versante, più noto e acquisito, del critico e letterato militante, dell'autore di fondamentali antologie, del fondatore e animatore del "verri", dell'autore di una continua ricerca sulla poesia e sulla poetica. Certo, si riconosce - e come potrebbe essere altrimenti - che " accanto " a quest'ordine di ricerche "in Anceschi rimase costante l'attenzione per la filosofia, materia viva e mai confinata all'ambito strettamente storico e accademico", si indica anche, giustamente, nel metodo fenomenologico una "linea di coerenza" della sua riflessione propriamente estetica , si accenna infine, a un trentennale magistero universitario che "prima di tutto ha insegnato a formulare domande, e a disporsi per comprendere le innumerevoli variazioni che queste producono". Ma (senza con ciò voler proporre astratti parallelismi) Diderot, che di come pesare euristicamente domande e risposte s'intendeva quanto basta - pour moi, qui m'occupe plutôt à former des nuages qu'à les dissiper, et à suspendre les jugements qu'à juger... - è un esempio fra i molti di quanto sia improduttivo (e la moderna storiografia ha, nel caso, corretto l'errore) il percorso di chi, dimidiandolo, opponesse, per così dire, più o meno implicitamente un autore a se stesso, il letterato al pensatore. Tutti noi sappiamo quanto l'Anceschi del Progetto di una sistematica dell'arte , delle Istituzioni della poesia , di Da Bacone a Kant , di Che cosa è la poesia? , di Il caos, il metodo , ecc., abbia nutrito la propria riflessione teorica di una partecipazione militante alla vita dell'arte con "una attenzione vigile e attiva, e una capacità di lettura complice", ma è pur vero che il senso, o i sensi, ad esempio, della stessa Autonomia ed eteronomia dell'arte , risulterebbero impoveriti da una lettura che considerasse in qualche modo semplicemente "aggiuntive" le trentasei pagine "banfiane" delle conclusioni storiche e teoriche (come pure del resto dimostra la pregnante introduzione alla seconda edizione vallecchiana, del 1959). Così, ad esempio, l'idea di una "sistematicità" aperta da opporre alla chiusura del "Sistema" perderebbe di energia se fosse recitata un po' ritualmente, così pure "la sospensione del giudizio" non sarà, nella pronuncia anceschiana, una dichiarazione troppo facile nella sua apparente leggerezza: come suggeriva Herbert Dieckmann, sia pure in altro ma non estraneo contesto, "sospendere il giudizio significa rifiutare di sacrificare la complessità del pensiero" senza con ciò stesso scivolare nello scetticismo. E in che senso, poi - ci si chiede - possiamo oggi declinare una "fenomenologia relazionistica" secondo una suggestione che sembra trovare i motivi di un rilievo attualizzante nell'adesione dei giovani redattori di "Tabard "? L'ideale "civiltà delle lettere" si è di necessità mutata in un "umanesimo disilluso" a fronte della doppia eresia vitale che - come si legge nei Modelli di metodo per una storiografia estetica - da un lato celebra la storia "come unica realtà in cui l'uomo si riconosce razionalmente nel suo fare e nel suo tendere verso la libertà", e dall'altro si trova poi a negarla, con i francofortesi, come "il luogo stesso dell'or­rore" (e non pare un caso del tutto fortuito se proprio "orrore" sarà la cifra dell'apocalisse - ora di nuovo attualissima - più volte ripetuta dal colonnello Kurtz nel ben noto film di Francis Ford Coppola). Il che, di fatto, sembrerebbe costringerci a "un continuo frugare fra le cose, anche minime, e qualcuno direbbe tra i frammenti delle macerie". Generazioni della incertezza, della instabilità, della terra desolata... - scriveva Anceschi in "Macerie" e umanesimo - ma, subito dopo aver parlato proprio, e con uno scarto imprevisto, del compito illuministicamente propositivo di una rivista come "Studi di estetica": contribuire "al chiarimento delle idee e delle definizioni di cui ci serviamo confusamente ogni giorno", ovvero al chiarimento di un caos che appare "ricco di forze, di sorprese, e di significati celati", sicché "la fenomenologia della crisi può rovesciare la situazione di distruzione confusa dei valori in cui ci troviamo nella proposta di un nuovo disilluso umanesimo". L'esito della scommessa, tuttavia, resta assai incerto.

Dunque, "Studi di estetica". Fin dalla sua fondazione il 'bollettino' è stato concepito, appunto, come il luogo di un dibattito propriamente teorico e storiografico al quale anche lo stesso Anceschi ha direttamente contribuito con l'impulso di precisi orientamenti oltre che con numerosi e importanti saggi (di cui si fornisce più sotto l'elenco completo). Ci è sembrato opportuno, nella ricorrenza, pubblicare nel presente fascicolo alcuni scritti anceschiani editi e inediti che crediamo di sicuro interesse per i nostri lettori e che in via più o meno diretta si ricollegano a quanto fin qui si è detto. Lo spazio che ci è riservato non consente ulteriori approfondimenti, ma è chiaramente nel senso di un confronto critico entro l'ordine delle generali problematiche a cui sopra abbiamo accennato che ci è sembrato opportuno recuperare non solo la preziosa testimonianza di Fulvio Papi, ma anche l'intervento di Emilio Garroni che, pur da posizioni ben differenziate, a suo tempo intese riconoscere nella riflessione teorico-metodologica di Anceschi (avendo riguardo, ad esempio, al Progetto ) un punto di riferimento essenziale. Ci è sembrato opportuno, inoltre, riprendere una nota di Andrea Calzolari che, sia pure di scorcio con riferimento a Kuhn, anticipa un discorso, sul quale da tempo ci interroghiamo e che in tal senso su questa rivista andrà proseguito, in ordine all'influenza che certi modelli scientifici possono aver esercitato sul pensiero di Anceschi. Non sarà un caso, crediamo, se in un paio di Lettere qui pubblicate si allude con forte adesione alla lettura degli scritti di Hempel, di Pasquinelli, di certi nuovi empiristi. Ripensare oggi l'attualità di Anceschi significa anche portare avanti la ricerca sul suo pensiero oltre i segnati confini delle acquisizioni consolidate, e su terreni che lo stesso Anceschi, al di là di ogni apparenza semplificante, aveva non solo saggiato nei suoi esercizi di lettura, ma da cui aveva presumibilmente tratto, nei modi originali e a volte segreti che gli erano propri, un adeguato bottino.


...Daria Biagi, Francesco Capobianco, Lorenzo Casaburi, Achille Castaldo, Walter Cavatoi, Andrea Cedrola, Miriam Costa, Michele Cotelli, Paolo Cova, Francesco Frisari, Matteo Geron, Francesco Ghibaudo, Chiara Giannini, Lorenza Iannacci, Vittorio Martone, Davide Masoero, Matilde Montesi, Eugenio Passarini, Andrea Severi, Matteo Mattarello, Andrea Mattoni (associazione 'Il Pasticciaccio').

Il 5 maggio 2005 si è tenuta una giornata in ricordo di Luciano Anceschi, "Itinerario aperto", presso l'Archiginnasio di Bologna, con interventi dell'assessore alla cultura Angelo Guglielmi, di Valeria Buscaroli della Soprintendenza ai Beni Librari della Regione Emilia Romagna, del direttore del Dipartimento di filosofia Giorgio Sandri, nonché di Curi, Verdino, Lorenzini, Vetri, Serra, Macciantelli, Barilli, Emiliani. Ha affiancato l'iniziativa una mostra allestita da Maria Giovanna Anceschi: "Un percorso attraverso i libri donati alla Biblioteca dell'Archiginnaso". È in programma per il 27 aprile 2006 un dibattito su "Anceschi e la poesia" promosso da E. Mattioli presso il Liceo "Muratori" di Modena che vedrà la partecipazione di Edoardo Sanguineti e Niva Lorenzini.

 

 

Elenco degli scritti di Luciano Anceschi pubblicati su "Studi di estetica"

(N.B. l'anno indicato è quello che compare in copertina che non sempre coincide con quello della pubblicazione effettiva)

- Per una risignificazione adeguata , 1, 1973: v-viii

- Della poetica, e del metodo , 1, 1973: 1-52

- Premessa kantiana , 2, 1974-75: 5-11

- Stato e statuto dell'estetica , 5, 1978-80: 5-14

- Breve nota a un dialogo su Kant , 5, 1978-80: 65-7

- Secondo intervento per una risignificazione adeguata , 1 ns, 1982: 5-26

- Ultima lezione e programma , 1 ns, 1982: 56-64

- Premessa - Per Nanni Scolari , 2 ns, 1983: 5-6

- "Macerie", e umanesimo , 2 ns, 1983: 12-23

- Per una nuova edizione , 6 ns, 1985: 5-11

- La poetica di Orazio , 8/9 ns, 1986: 13-24

- Discorso generale , 14/15 ns, 1989: 5-20

- Ricordo di Vittorio Lugli , 14/15, 1989: 135-42

- Breve avviso , 1 iii serie, 1990, 5-6

- Per un'estetica della poesia. Alcune ipotesi, e procedure , 1 iii s., 1990, 7-23

- Ricerca sulla lettura , 6 iii s., 1992: 7-20

- Programma di una estetica come scienza fenomenologica , 11/12 iii s., 1995: 9-18

- Berkeley e l'estetica dell'empirismo inglese , 11/12 iii s., 1995: 75-83

- Breve avviso , 32 iii s., 2005 [rist., cfr. 1, 1990]

- Dodici lettere a F.B. (1968-1991) , 32 iii s., 2005

- Gli stili della ragione, le ragioni dello stile , 32 iii s., 2005

- Modelli di metodo per una storiografia estetica , 32 iii s., 2005

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