26/2002
Il
2002 non è solo l'anno in cui ricorre il cinquantenario della morte
di Benedetto Croce (1866-1952) ma anche quello del centenario della
pubblicazione della prima grande opera di estetica del filosofo
napoletano, l'Estetica come scienza dell'espressione e linguistica
generale, apparsa per i tipi dell'editore Sandron di Palermo appunto
nel 1902. Se la prima ricorrenza è stata celebrata in un grande
convegno che si è tenuto a Napoli e a Messina nei giorni dal 26 al 30
Novembre, la seconda è stata oggetto di un piccolo ma interessante
incontro organizzato dalla Facoltà di Filosofia dell'Università di
Roma "La Sapienza", a cura di Mario Reale e di Pietro Montani.
L'incontro si è svolto il 12 e 13 Novembre a Roma, e ha visto la
partecipazione, accanto ad alcuni studiosi italiani dell'opera di
Croce, anche di alcuni studiosi stranieri, a riprova del fatto che
l'opera di Croce continua a trovare cultori anche al di fuori del
nostro paese. Le tre sedute del convegno Cent'anni dall'Estetica di
Benedetto Croce. Filosofia, Estetica e Linguistica sono state introdotte
da Gennaro Sasso, Pietro Montani ed Emilio Garroni, ognuno dei quali non
si è limitato a coordinare i lavori ma ha portato un contributo
personale alla discussione. Tra
le relazioni, quella di Mario Reale ha affrontato il tema del rapporto
tra materia e forma nell'estetica di Croce, un tema che il filosofo
eredita dalla tradizione estetica ottocentesca - in cui è ricorrente,
almeno in ambito tedesco, il contrasto tra un'estetica della forma, di
matrice herbartiana, e un'estetica del contenuto, di matrice più o
meno genuinamente hegeliana - ma che, non ostante esso trovi nel testo
del 1902 una soluzione apparentemente molto netta (l'espressione "è
forma e nient'altro che forma") è ben lungi dal raggiungere
nell'estetica di Croce una risposta del tutto soddisfacente, così
che, a parere di Reale, essa continua a travagliare Croce nelle opere
estetiche successive. Anche Marcello Musté (L'evoluzione delle teorie
estetiche di Croce) ha ritenuto necessario seguire il filo della
speculazione crociana dalla grande Estetica del 1902 fino al Breviario
di Estetica del 1913, perché solo così è possibile a suo parere,
affrontare nella loro effettiva complessità alcune questioni
nevralgiche come quella del carattere conoscitivo dell'intuizione o
quella del rapporto tra le categorie spirituali, e in particolare di
come la forma pratica dello spirito possa, per il Croce successivo
all'Estetica, costituire nel circolo delle forme spirituali la materia
per la forma estetica. Il problema del nesso tra forma estetica e forma
logica è stato invece l'oggetto dell'intervento di Renata Viti
Cavaliere (Abbozzo di una logica nell'Estetica del 1902), ma anche la
relazione di Fabrizio De Luca (Luigi Scaravelli interprete
dell'Estetica crociana), centrata sull'analisi del giudizio estetico
compiuta da Scaravelli nella Critica del Capire, è servita a mettere a
fuoco le difficoltà della struttura logica dei giudizi categoriali nel
sistema crociano. Ben
tre relazioni hanno preso ad oggetto le teorie linguistiche di Croce.
Fabrizia Giuliani (La parola tra espressione e ethos) ha mostrato come
sia possibile ritrovare, anche al di fuori degli scritti
estetico-linguistici di Croce, in particolare in quelli di natura
etico-politica e storica, una serie di prese di posizione sulla natura e
l'uso del linguaggio che rivestono un interesse notevole tanto sul
piano teorico che su quello dell'educazione linguistica, perché
mostrano un Croce intento a teorizzare un liberalismo linguistico la cui
funzione positiva nell'ambito culturale nazionale non può essere
sottovalutata. Tullio De Mauro, parlando di Croce, il linguaggio e le
teorie linguistiche del Novecento ha tracciato un profilo della
linguistica italiana di inizio Novecento, mettendo in rilievo
l'arretratezza della scienza linguistica italiana a tale altezza
cronologica e segnalando i numerosi fraintendimenti cui sono andate
incontro le teorie crociane, le quali, se rettamente intese, possono
invece fornire utili stimoli anche alle scienze del linguaggio. Lo
studioso ungherese Jànos Kelemen si è soffermato a sua volta sul
Problema dell'estetizzazione della linguistica in Croce mostrando
alcune convergenze tra le posizioni crociane e quelle fatte proprie
dalla più recente filosofia del linguaggio, in particolare quella di
Donald Davidson. I
rapporti dell'estetica crociana con la critica letteraria e artistica
è stato affrontato, da varie angolazioni, da Emma Giammattei, dallo
studioso canadese di origine italiana Massimo Verdicchio e da Gilles
Tiberghien. Quest'ultimo, traduttore in francese di alcuni scritti
crociani di estetica e studioso dell'estetica italiana del Novecento,
si è soffermato in particolare sul nesso tra le teorie estetiche
crociane e gli orientamenti della critica d'arte in Italia, discutendo
la ricezione delle teorie di Wölfflin e i rapporti di Croce con Roberto
Longhi e Lionello Venturi. Verdicchio, autore di una recente monografia
su Croce (Naming Thinghs: Aesthetics, Philosophy and History in
Benedetto Croce, Napoli, La Città del Sole, 2002) ha mostrato tutta la
complessità che si nasconde dietro le posizioni crociane in materia di
allegoria, all'apparenza tanto cristalline; Emma Giammattei ha
ricordato che Walter Benjamin leggeva i saggi di Croce, come dimostra in
particolare L'origine del dramma barocco tedesco, e ha imbastito una
sorta di dialogo a distanza tra i due pensatori. Felicita Audisio,
infine, ha portato la sua testimonianza di filologa, collaboratrice
all'edizione nazionale delle opere di Croce diretta da Mario Scotti
per l'edizione critica della Filosofia di Giambattista Vico e, ora,
per quella in corso dell'Estetica del 1902. "Studi
di estetica" pubblica qui in anteprima i testi delle relazioni tenute
al convegno romano da Paolo D'Angelo e da Luigi Russo, dedicate
rispettivamente alla Parte Teorica e alla Parte Storica dell'Estetica
del 1902.
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