25/2002
Il 10 Febbraio del
2001 Thomas Bernhard avrebbe compiuto settant'anni. Per celebrare
l'anniversario, l'editore Suhrkamp ha pubblicato l'insieme
di tutte le sue opere, di prosa, teatro e poesia, mentre l'editore
Residenz ha proposto un diario "segreto", tenuto di nascosto da un
amico intimo, vicino di casa e uomo di fiducia di Bernhard, Karl Ignatz
Hennetmair.[i]
Il diario offre la cronaca giorno
per giorno di un anno intero della vita di Bernhard, consentendo al
lettore di entrare nei suoi tre cascinali austriaci e di seguire lo
scrittore passo dopo passo nella vita quotidiana; mentre mangia,
passeggia, impreca, guarda la televisione, lava i panni e li stira,
gioca a carte, si gode un film di Godard in televisione (29/5), lavora
con grande abilità a maglia.[ii]
Mentre ricerca il punto preciso del terreno adiacente la sua cascina
"Krucka" per farsi seppellire (19 e 21/9), fa la spesa
all'ingrosso di Wells (9/11), o mentre opera con la cura e l'energia
di un mastro nel restaurare la casa. E soprattutto mentre scrive e
commenta le critiche che riceve, permettendo di conoscerne le manie, le
ossessioni, le debolezze. Siamo nel 1972, Kalkwerk
è uscito da poco più di anno e Bernhard lavora al romanzo Korrektur
(11/2), che Suhrkamp pubblicherà tuttavia quasi tre anni
dopo. È anche l'anno della famosa e discussa messa in scena a
Salisburgo del primo dei tre pezzi teatrali scritti su commissione dei Festspiele,
ossia Der ignorant und der wahnsinnige, per la regia di Carl
Peymann, con Bruno Ganz come attore protagonista e l'artista Jean
Tinguely fra coloro che contribuiscono alla scenografia. Bernhard e
Hennetmair si conoscono dal 1965 (anno dell'acquisto della prima e più
abitata cascina di Bernhard, quella quadrangolare nell'Obernnathal,
presso Ohlsdorf), ma proprio nel 1972 l'amicizia si stringe al punto
- scrive Hennetmair (11/2) - da poter emettere tranquillamente
flatulenze l'uno davanti all'altro. Più significativamente,
Hennetmair assolve in qualche modo la funzione di riportare Bernhard
"con i piedi per terra", anche in senso letterale, aiutandolo a
trovare, acquistare, restaurare ed arredare tutte e tre le sue proprietà.
Questa funzione è esplicitamente riconosciuta da Bernhard, al punto che
egli, alcuni anni dopo, creerà una figura letteraria corrispondente a
Hennetmair, ossia Moritz, nel romanzo Ja. Come Hennetmair, Moritz
è un agente immobiliare; come Hennetmair, Moritz costringe il narratore
senza nome (alter ego di Bernhard) a uscire di casa e a staccarsi
dal lavoro, accompagnandolo nei suoi giri d'affari. Giri grazie ai
quali Bernhard viene a conoscere nuove persone, e nuovi luoghi, ed anche
nuovi aspetti ripugnanti dell'esistenza umana, giri che hanno sempre
al tempo stesso tonificato e oppresso Bernhard, ispirando molti suoi
romanzi. In breve, Hennetmair, come Moritz, rappresenta un realitätsvermittler
per Bernhard, qualcuno che lo lega alla realtà quotidiana, e dunque
un lebensretter, un salvatore. Pur accogliendo il
senso di intimità che il diario di Hennetmair riesce a restituire, in
questo mio contributo mi soffermerò non tanto sul ritratto umano di
Bernhard quanto sullo sguardo che il libro consente di gettare nel
retroscena dello scrittore e della scrittura. Uno sguardo privilegiato
anche per il paragone che consente di tracciare fra il processo di
scrittura di Bernhard e quello di alcuni dei suoi più noti personaggi,
mettendoci in condizione di apprezzare fino a che punto questi
riflettano l'autore nella sua concreta individualità biografica, fino
a che punto, cioè, Bernhard ed i suoi personaggi fossero vicini.[iii]
Per motivi espositivi, il rapporto parallelo fra Bernhard ed i suoi
personaggi verrà talvolta intrecciato, altre volte sovrapposto (un
paragrafo su Bernhard, a cui segue un paragrafo sul personaggio di cui
parla). Fra tali
personaggi, mi concentrerò soprattutto sulla vicenda del musicologo
Rudolf e sulla sua impossibilità di iniziare uno studio su
Mendelssohn-Bartholdy (in Beton), sulla vicenda di Konrad (Das
Kalkwerk), il quale da anni lavora ad un saggio sull'udito che non
riuscirà mai a stendere su carta, e su quella di Roithamer, il
protagonista di Korrektur, che si uccide dopo aver finalmente
realizzato il progetto che aveva orientato la sua intera esistenza. Pure la
realizzazione del diario di Hennetmair ha richiesto un peculiare sforzo
di scrittura, soprattutto a causa della necessità di stare
costantemente all'erta affinché Bernhard non lo sorprendesse.
Abitando a poche centinaia di metri da Hennetmair, capitava non
raramente che Bernhard compisse delle incursioni improvvise dal vicino.
Mentre Hennetmair scrive, la moglie fa la guardia appostandosi presso la
finestra e dando l'allarme ("arrivaaa!") in caso di avvistamento
(27/4). Anche per questo Hennetmair, dopo undici mesi di 'attività',
confessa di essere sull'orlo di un collasso per la tensione provocata
dallo sforzo di memorizzare e poi trascrivere conversazioni ed
avvenimenti, per di più alle spalle di Bernhard. E ammette di essere in
grado di portare a termine il diario solo perché si tratta di un anno
di vita con Thomas Berhnard, ma non un giorno di più (il 2 Gennaio 1973
il diario viene depositato presso un notaio dove resta sigillato per
trent'anni). E così il diario acquista un interesse ulteriore, poiché
i tre assi della scrittura si incrociano: Hennetmair che scrive di
Bernhard che scrive di quei suoi personaggi (come Konrad o Rudolf) i
quali scrivono a loro volta (o falliscono nel farlo). Utilizzando
l'opportunità offerta dal diario, vorrei quindi affrontare uno dei
temi fondamentali di molti romanzi di Bernhard, evidentemente
un'ossessione dello stesso autore: quello della ricerca delle
condizioni ideali per gli scopi creativi, una ricerca che finisce per
diventare essa stessa un scopo primario. Anche se con Hennetmair
Bernhard non si è quasi mai voluto esprimere direttamente sui contenuti
del lavori in gestazione ("das ist meine sache"; sono affari
miei), il contesto della creazione, ossia i luoghi, i tempi, le
distrazioni, le ispirazioni, ecc. viene illuminato in modo esemplare dal
diario. Quella che perciò offrirò è in pratica una circostanziata
disamina degli infiniti fattori interni ed esterni che si frappongo alla
stesura di un lavoro creativo, ostacolandolo. I motivi sono quelli che
ricorrono sempre nei romanzi di Bernhard: la relazione di odio-amore con
le persone che lo circondano, con la solitudine, con la casa, con i
luoghi ed il loro clima. Tali motivi verranno analizzati sempre in rapporto al processo della scrittura nell'atto del suo formarsi, delineando così una sorta di autoritratto spesso ironico, tragico e comunque grottesco dello scrittore impegnato a creare. Dico ironico poiché esattamente come Kafka ebbe a dire dei suoi racconti (nella testimonianza di Max Brod), anche Bernhard ammette di scoppiare in risate fragorose già quando scrive, ed anche dopo, durante la revisione (cfr. Bernhard 1993, p. 26. Cfr. anche Meyerhofer, 1988). Benché molti lettori trovino che non vi sia proprio nulla da ridere in Bernhard, egli stesso confessa di aver sempre descritto situazioni comiche nei suoi lavori (26/1). Che Bernhard fosse anche una persona con doti comiche lo testimonia a più riprese Hennetmair, descrivendo come Bernhard, con le sue battute, cantando, imitando e prendendo in giro i presentatori televisivi, suscitasse attacchi di risa isteriche tali da provocare crampi allo stomaco, o da costringere non solo Hennetmair ma anche sua moglie, sua madre, e i suoi figli a sdraiarsi per terra (25/2, 26/6, 22/8, 4/9, 27/9, 7/11, 11/11).[iv]
Dell'inizio Una delle difficoltà
maggiori dei personaggi di Bernhard è quella di iniziare a
scrivere. Che occorresse cogliere il momento propizio Bernard lo sapeva
bene: per poter scrivere "si deve saltare subito fuori dal letto"
(1993, p. 39). Ed in effetti Bernhard è un mattiniero. Egli scrive
molto presto al mattino, dalle cinque alle nove (anzi: solo se è
così presto, 31/12), esattamente come l'amato nonno materno, Johannes
Freumbichler, a sua volta scrittore. Dopo di che va a spasso, legge i
giornali, assapora l'ozio, mangia abbondantemente e poi eventualmente
di nuovo, dalle quattro alle sette, lavora e va a fare due passi prima
di consumare una cena leggera (18/9, 19/12). Nonostante numerosi
tentativi, né Rudolf né Konrad riescono a comincia a scrivere. Per
iniziare a scrivere tutto sta nel trovare il momento giusto.
"Quello era il momento che lui aspettava, ecco il momento [...], ed
effettivamente quel momento si presenta ogni giorno, non passa giorno
senza che si presenti il momento nel quale io cedo di poter incominciare
il saggio Sull'udito e completarlo", dichiara Konrad (1984,
p. 54). In quei momenti Konrad credeva che gli sarebbe stato possibile
mettersi a tavolino e incominciare a stendere il saggio, e lui si
sedeva, e nonostante la sensazione di riuscire a incominciare, non
riusciva a incominciare (1984, p. 207). Proprio quando Konrad è al
culmine, nel momento cruciale, convinto di poter mettere d'un tratto
il saggio nero su bianco, di stenderlo su carta, ecco che tutto si è già
frantumato... "Come migliaia di altri prima di lui, anche Konrad era
stato vittima della follia di credere che un bel giorno in un unico
istante (il cosiddetto istante ottimale) sarebbe riuscito a realizzare
il saggio mettendolo in forma scritta" (1984, p. 211). Come iniziare?, si
chiede anche Rudolf. È la cosa più semplice. e si deprime per il
fatto che la cosa più semplice non gli sia ancora riuscita. Arriva il
momento di avvicinarsi alla scrivania, sedersi ed iniziare. La scrivania
è in ordine? Sì, lo è. "Vai alla scrivania e ti siedi e scrivi la
prima frase del tuo studio. Non con cautela, con decisione!", ordina
Rudolf a se stesso (1990, p. 17). Ma se mi siedo arriva un imprevisto,
un contrattempo, un vicino grida, qualcuno bussa alla porta, il postino,
la sorella... Partita la sorella, ritrovata la pace, Rudolf pensa
finalmente di poter iniziare. Ma si rende conto di non aver ancora fatto
colazione. La fa, e poi si pente. Non si può iniziare un saggio a
stomaco pieno!, casomai a stomaco vuoto. Come è potuta venirgli
l'idea di cominciare dopo colazione?! In Thomas Bernhard
ritroviamo queste difficoltà. In estate fa troppo caldo, deve nuotare,
o farsi la doccia ogni due ore. In autunno il tempo è così bello che
lo sospinge fuori (26/9; 4/10). Si propone di lavorare. Si alza presto.
Ma poi gli vengono in mente le cose più assurde da poter fare in casa
pur di non iniziare a scrivere (7/9). Rispetto all'occupazione
principale (scrivere) finisce così per impegnarsi in una moltitudine di
occupazioni secondarie: raccogliere le prugne, tagliare la legna (15/8),
restaurare una cornice, fare i lavoretti di casa (2/10), ascoltare la
radio e guardare la televisione (15/11). Tanto che ad un certo punto
Bernhard decide di rimandare il tutto a fine autunno, a Bruxelles, dove
potrà isolarsi come un prigioniero e dedicarsi interamente alla
scrittura (8/9), isolamento che tuttavia lo costringe poi a trasferirsi
a Vienna, dove di nuovo, dopo alcuni giorni, non regge più e deve
scappare via. Forse a cause di tutte queste difficoltà nell'avviare
un libro, Bernhard confessa che il mestiere dello scrivere va paragonato
ai lavori più duri (30/12). In ogni caso, a differenza di Konrad
o Rudolf, quando finalmente Bernhard inizia a lavorare, in poche
settimane l'intero romanzo o pezzo teatrale è scritto (13/8).[v] Quieti e soli Un'altra
costellazione ideale è quella dell'isolamento. Ne Il soccombente l'io-narrante
dichiara di volersi chiudere nella casa di Calle del Prado e scrivere il
suo saggio su Glenn (Gould) (1985, p. 172). Anche Konrad
credeva che proprio l'isolamento della fornace lo avrebbe
produttivamente protetto dal resto del mondo, ma finisce per diventare
prigioniero di una vita intollerabile. "A momenti credo che sia colpa
della fornace se non riesco a mettere il saggio per iscritto, a momenti
credo che è proprio perché vivo nella fornace che ho ancora la
possibilità di mettere il saggio per iscritto. Così si alternano i due
pensieri, uno, il pensiero che riuscirò a mettere il saggio per
iscritto perché vivo nella fornace, e l'altro, il pensiero che non
riuscirò a mettere il saggio per iscritto, che non ci riuscirò mai,
perché vivo nella fornace" (1984, p. 166). Rudolf è
terrorizzato dalla presenza della sorella, la quale annienta sul nascere
l'idea stessa di poter iniziare il suo saggio: occorre essere soli per
dare avvio ad un lavoro intellettuale. In effetti, lo stesso Bernhard
non riesce a lavorare sapendo che amiche come la signora Hufnagl, o la
signora Maleta, o anche effettivamente sua sorella(stra) possano farsi
viva da un momento all'altro in casa (27/9). Finalmente la sorella di
Rudolf parte. Sei di nuovo solo, solo!, sii contento!, dice a se stesso.
Ma è tormentato dall'idea che lei possa tornare in qualsiasi istante
per un qualunque motivo ed annientare il suo progetto. Non riesce a
dormire, teso com'è a sentire se lei non fosse alla porta. Poi,
estenuato, si appisola. Si risveglia di soprassalto e constata che sono
già le cinque del mattino, mentre aveva deciso di iniziare il lavoro
alle quattro. Spaventato da questa negligenza nell'aver tardato a
cogliere il momento giusto Rudolf, non riesce ad iniziare. Il tentativo
di iniziare è fallito. Albeggia: non è più possibile incominciare. Ma anche quello dell'isolamento dello scrittore è un ideale ambiguo. È vero che Rudolf odia la presenza della sorella, ma questa è stata pur sempre chiamata dallo stesso Rudolf per liberarsi da una solitudine altrettanto nociva e paralizzante: "Da soli a lungo non si resiste, e in due nemmeno" (1993, p. 47). I luoghi della
scrittura Fra i requisiti
ideali per poter scrivere vi è anche il clima. Nei castelli e nei
borghi austriaci, ad esempio, l'umidità dei muri arreca danni
irreparabili. Il clima è freddo e nebbioso (anche a Nathal Bernhard
si lamenta dopo quattordici giorni di nebbia continua, 10/11). Il muro
della casa accanto è a solo venti metri eppure non si vede: "esistere
da solo in un nebbia del genere è folle!" (1990, p. 31). D'altra
parte, il riscaldamento eccessivo o la presenza opprimente di persone
indesiderate possono rendere il clima soffocante e l'aria
irrespirabile, tanto che uno dei gesti caratteristici di Rudolf è
quello di spalancare le finestre per dare aria alla casa (una vera e
propria mania dello stesso Bernhard, 21/9). Dopo averlo fatto per la
terza volta, l'odore penetrante e sgradevole della sorella si è
attenuato, ma il freddo in casa è diventata improvvisamente
insopportabile, tanto che Rudolf corre il rischio di congelare. In
queste condizioni non può nemmeno pensare di accingersi a scrivere. Il clima rimanda
direttamente al luogo, ed il primo luogo della scrittura è quello
domestico. All'interno della casa i personaggi di Bernhard passano
continuamente da una stanza all'altra, scendono di sotto e poi
risalgono, socchiudono la porta, aprono e chiudono le finestre, non
trovano requie. L'uno ha bisogno di camere grandi, si sente sollevato,
l'altro si sente oppresso nelle camere grandi. Per l'uno abitare in
una camera sopra un cortile o rivolta verso una parete di roccia
costituisce una scelta rovinosa, per l'altra rappresenta una scelta
ideale. Anche Bernhard triangola sempre più frequentemente, e
freneticamente, fra le sue tre case.[vi] Il cascinale in Obernathal
è "la base" di Bernhard, ma quando ha bisogno di movimento
fisico o di maggiore isolamento per lavorare meglio, si rifugia "su"
alla Krucka (8/7, 11/8). Quando l'isolamento inizia ad opprimerlo si
sposta di nuovo "giù" a Nathal, o va a Vienna. Dopo due
giorni (quattro prima del previsto) non ne può più della grande città
e ritorna all'amata/odiata campagna (8/10, 4/9), dove però tutto è
così bello che non riesce a scrivere. A Bruxelles, che è grigia e
sporca, lì sì che riesce a scrivere. Dopo l'acquisto della terza
casa "Hansbäum" nel mese di Novembre, Bernhard decide di
trasferirsi per alcuni mesi lì, considerandolo il luogo ideale per
lavorare (ed affidando temporaneamente la "Krucka" al fratellastro). In Korrektur Rothaimer
si dedica interamente alla costruzione di un edificio per la sorella,
singolare sia nella forma (a cono) che nella collocazione (nel mezzo del
Kobernausserwald). Per assicurarsi la massima concentrazione,
Rothaimer si pone il problema del luogo ideale per progettare,
trovandolo non nel castello di famiglia ad Altensam - dove mai
sarebbe stato nemmeno in grado di ambientarsi, figuriamoci di svolgere
un lavoro intellettuale - ma nella soffitta dell'amico Höller,
quattro metri per cinque, rivelatasi favorevole per i suoi scopi sotto
ogni aspetto. È nella soffitta di Höller, situata nella gola del fiume
Aurach, che Roithamer riesce a formulare idee che per decenni
erano rimaste latenti. E tuttavia, affinché la soffitta resti luogo
ideale, Roithamer deve trattenervisi non più a lungo del necessario -
ossia per un certo periodo (calcolato con precisione), solo il tempo
necessario, altrimenti la soffitta lo porta all'annientamento totale,
se non altro per i bruschi ed assolutamente nefasti cambiamenti di tempo
a cui si è esposti. Attraverso la voce
dell'io-narrante, l'erede testamentario di Roithamer incaricato di
gestire il lascito dell'amico defunto, il tema della creazione in Korrektur
si riflette e raddoppia. Il narratore va più volte su e giù per la
soffitta di Höller immaginando tutti i vantaggi di un soggiorno in alta
montagna e tutti gli svantaggi di un soggiorno in casa di Höller nella
gola dell'Aurach, poi di nuovo vede solo svantaggi nel
soggiorno in alta montagna (in questa stagione) e solo vantaggi in casa
Höller, "l'alternarsi di questo preferire il soggiorno in alta
montagna e sminuire il soggiorno in casa di Höller e viceversa mi aveva
portato quasi sull'orlo della follia" (1995, p. 108). Avvicinandosi
alla finestra pensa: domani faccio i bagagli e lascio la casa di Höller,
devo salire ad una certa altezza. E poi di nuovo va dalla finestra alla
porta "e lì viceversa mi fermavo e pensavo, è sbagliato lasciare
domani la soffitta di Höller [...] e andare in un paese d'alta
montagna, in un paese qualsiasi d'alta montagna che in fondo mi è
odiosa..." (ibid.). La ricerca del
luogo ideale viene di fatto a coincidere con una condizione, quella di
chi ha sempre bisogno di qualcosa di diverso, forse anche per guadagnare
quella distanza prospettica che aiuta a cogliere il senso di quanto si
va scrivendo. Si è qua e occorre andarsene al più presto. Si è la e
la cosa si fa insopportabile. Cambiare posto al momento giusto,
lasciarsi la casa alle spalle, pendolare, è l'unica possibilità.
Rudolf decide di partire, per cominciare lo scritto nell'atmosfera
della grande città: in una valigia gli scritti su Mendelssohn-Bartholdy,
nell'altro i vestiti. Nella più grande gli appunti, nella più
piccola vestiti e biancheria, ma senza eccessi, si commette sempre
l'errore di portare troppi vestiti con sé. Già alla domanda "quali
pantaloni, quelli grigi o quelli marroni" Rudolf è indeciso. Dopo
aver finalmente fatto le valigie, è totalmente spossato. Neanche questa
volta si può iniziare. Ma i luoghi della
scrittura sono anche quelli dai confini più ampi, nazionali. Bernhard
personalmente dichiara di lavorare bene all'estero poiché in un paese
di cui non capisce la lingua "si ha continuamente la sensazione che la
gente dica solo cose importanti [...]" (1993, p. 22). Anche Konrad
spera (invano) che cambiando luogo potrà godere di condizioni più
creative, spingendo fino al limite del grottesco l'accennata ricerca
di un punto spaziale che sia anche un punto di vista favorevole ai
propri scopi creativi: "Ancora una serie di frasi come questa -
pensava - e il saggio si lascerà finalmente mettere sulla carta. Ma
centinaia e migliaia di volte aveva pensato [...] che gli sarebbe
bastato scrivere un paio di frasi per essere improvvisamente capace di
mettere per iscritto tutto quanto [...], mille volte l'aveva pensato,
mille volte, come diceva lui, non aveva potuto fare a meno di pensare e
di fare così e cioè di troncare tutto dopo un paio di frasi iniziali,
già ai tempi di Augusta aveva creduto di riuscire a buttare giù il
saggio tutto d'un fiato dopo un paio di frasi, ad Augusta e a
Innsbruck e a Parigi e ad Aschaffenburg e a Schweinfurt e a Bolzano e a
Merano e a Roma e a Londra e a Vienna e a Firenze e a Copenhagen e ad
Amburgo e a Francoforte e a Colonia e a Bruxelles e a Ravensburg e a
Rattenberg e a Toblach e a Neulengbach e a Korneuburg e a Gänserndorf e
a Calais e a Kufstein e a Monaco e a Prien e a Mürzzuschlag e a Thalgau
e a Pforzhein e a Mannheim. Tutte queste frasi iniziali e queste idee,
ogni volta perdute per sempre" (1984, pp. 51-2).[vii] Dopo anni di
preparazione ed esercizi di udito con la moglie (paralitica), Konrad ha
il saggio nella testa completamente finito in tutti i suoi dettagli.[viii]
Ed è una enorme fatica mentale tenere nella testa per decine di anni un
saggio completo in ciascuno dei suoi capitoli. Ma Konrad continua a
prepararsi ed a sperimentare con il metodo Urbancic per renderlo ancora
più perfetto e completo prima di metterlo per iscritto. "Verso sera,
quando avevamo iniziato già di primissimo mattino [...] e dopo
mezzanotte, quando avevamo iniziato al pomeriggio [...Konrad], davanti a
sua moglie, pronunciava alcune frasi con la I breve, per esempio:
Liquidati i quartieri sull'Inn [una frase-chiave dei suoi esercizi],
un centinaio di volte lentamente, un centinaio di volte rapidamente e
per finire circa duecento volte rapidamente, il più rapidamente
possibile, scandendo le parole. Appena finito, pretendeva che lei gli
descrivesse immediatamente l'effetto prodotto sul suo udito" (1984,
p. 70). Spesso Konrad stava alla finestra in camera sua e "decideva
all'istante: ora vado subito in camera di mia moglie e davanti a lei
pronuncio rapidamente la frase: Stormi d'uccelli, sempre nuovi stormi
d'uccelli oscurano il parco [...] ora nell'orecchio destro di lei,
ora in quello sinistro" (1984, p. 88). Già mentre si alza Konrad
pensa che inizierà dagli esercizi di udito con sua moglie durante la
prima colazione: "Dall'angolo rivolto a est della sua camera le
avrebbe gridato della parole con la U. Urali Uremia Urlo Unno Urto
Unicorno Uzzolo Universo Unitario Uruguay Uriel eccetera. Poi delle
parole con la O. Orticoltura Occhia Ora Oro Olio Odio Oblio eccetera.
Poi delle parola con Ca. Castagna Carta Cartum Carogna Catastrofe
Catafalco Cabala Cacania Cabul Catarsi Cataratta eccetera. Poi delle
parole con la E. Esterel Ester Estragon Eskudos Espania Esquimese
eccetera. Poi della parole con Al. Altamira Alba Alacron Alhambra
Algebra Alcalino Almira Alpeggio eccetera. Poi delle parole con Is.
Islanda Istria Ismailía Istambul Islam eccetera" (1984, p. 98). Al fine
dell'impostazione di una impresa creativa è anche giusto ed
importante avere diversi abbozzi di un lavoro. Ma quando di abbozzi se
ne fanno troppi, si rovina ogni cosa (1985, p. 84). Konrad si logora nel
fare abbozzi, poi un sunto, poi ancora un abbozzo, poi un sunto del
sunto, e poi un altro sunto, e ancora un altro sunto; poi ricomincia a
fare abbozzi; ne completa uno, poi rifà un sunto... e così via. Quando il lavoro è
già abbozzato, se la sua natura appare insoddisfacente o addirittura
vacua, si inizia a modificarlo (perché mai completare qualcosa che non
ha alcuna giustificazione?). La modificazione è la risposta alla
sproporzione fra il risultato atteso e quello realizzato. Quanto spesso
si deve constatare: "che idea brillante ero riuscito a farmi venire
nella testa, che annotazioni penose ne sono risultate". Allora si
modifica, e si modifica, si modifica il manoscritto così spesso che
alla fine di quel manoscritto non rimane più nulla. In effetti quei
cambiamenti non sono che la totale cancellazione del manoscritto stesso.
Anche l'io-narrante in Korrektur ha il problema di esaminare e
riordinare gli appunto lasciati da Roithamer, frammenti e brandelli di
frammenti da unire e mettere in relazione, un insieme dal quale non si
può togliere il minimo dettaglio, perché altrimenti tutto si vanifica.
Compito improbo che richiede a suo volta di essere affrontato nelle
condizioni mentali giuste. Il narratore decide allora di avvicinarsi
soltanto alle opere postume di Roithamer, in un prima tempo soltanto avvicinarsi,
dopodiché esaminare e riordinare. Poi cambia idea: "non farò
la minima rielaborazione, solo la parola rielaborare o rielaborazione mi
ha sempre dato la nausea" (1995, p. 128). Così "continuavo a
pensare, lo interrompo, e poi di nuovo, non lo interrompo, non mi occupo
più delle opere postume di Roithamer, comunque non adesso, poi di
nuovo, giusto adesso mi fa bene occuparmi delle opere di Roithamer". Ben sapendo che
ogni irruzione esterna avrebbe potuto provocare la perdita irreparabile
del lavoro nel quale si è immersi, Bernhard - che non ha mai voluto
il telefono - evita spesso di rispondere alle lettere ed alle
cartoline, talvolta persino ai telegrammi. Similmente, Konrad si domanda
di tanto in tanto se non sia il caso di mettersi a tavolino e rispondere
a tutte le lettere e le cartoline che ha ricevuto e che ha lasciato
senza risposta, e se non sia addirittura opportuno farlo, sapere
cosa ne sia stato di tutta quella gente con cui da anni non aveva più
avuto contatto. "Ma mentre preparava la carta da lettera e riempiva
d'inchiostro la penna, improvvisamente pensava quanto fosse stupido
occuparsi della corrispondenza proprio quando avrebbe potuto invece
mettere per iscritto il saggio, nel tempo impiegato a escogitare
risposte che quei corrispondenti già da un pezzo semi dimenticati non
si aspettavano più, avrebbe potuto benissimo potuto incominciare a
mettere per iscritto il saggio, sarebbe stato meglio scervellarsi per
mettere sulla carta il saggio piuttosto che per rispondere a inutili
lettere e cartoline, e così [...] allontanava la carta da lettera dallo
scrittoio e riavvicinava il mucchio dei fogli destinati al saggio
spingendolo proprio dinanzi a sé sul ripiano del tavolo. Ma non appena
aveva davanti a sé il mucchio dei fogli destinati al saggio, ricreate
quindi le condizioni ideali per il saggio, ridiventava incapace
d'incominciarne la stesura, a lungo stava lì seduto a guardare il
mucchio di fogli sino a quando non gli era chiaro che anche questa volta
non gli sarebbe riuscito d'inßominciare la stesura del saggio e
allora rispingeva dinanzi a sè le carte da lettere, così andavano le
cose per diverse ore, a momenti c'era davanti a lui la carta da
lettere, a momenti il mucchio dei fogli destinati al saggio, a forza di
spostare carta-di-qua-mucchio-di-là e poi mucchio-di qua-carta-di là,
a lungo andare diventava completamente impossibile sia incominciare
effettivamente a mettere il saggio per iscritto che riprendere la
corrispondenza" (1984, pp. 205-6). Altra causa di
improduttività in quanto ostacolo alla concentrazione sono le
interruzioni impreviste. Konrad, ad esempio, viene prima disturbato da
qualcuno che incomincia a spaccare la legna, il quale tuttavia non lo
disturba fino al punto da distruggere quello che aveva in mente. Poi
dall'assessore che bussa, e che naturalmente rovina tutto: "il mio
impegno con il saggio [...] è una faccenda [...] nella quale non si può
venire disturbati due volte di seguito". Se dopo la prima interruzione
causata dal taglialegna, gli era ancora possibile riapplicarsi al
saggio, dopo la seconda interruzione causata dall'assessore,
riapplicarsi non è gli più possibile (1984, pp. 56-7). "Non appena
[...] Konrad si sedeva al tavolino, veniva disturbato [...] una volta
era il fornaio, uno volta lo spazzacamino, una volta era Wieser, una
volta Fro, una volta [...] l'assessore, era Höller, era sua moglie,
era l'ispettore federale, era un rumore, e così via. Ma quando
bussavano alla porta della fornace era assolutamente impossibile non
scendere ad aprire, far finta di non sentire che qualcuno stava bussando
alla porta della fornace, questo non poteva farlo [...], lasciare che
qualcuno continuasse a bussare contro la porta della fornace senza
scendere ad aprire, non poteva farlo", anche perché questo continuo e
tremendo rintronare dei colpi contro la porta lo avrebbe reso
completamento pazzo (1984, p. 54). Konrad è indotto ad abbandonare il
suo saggio per una sciocchezza qualsiasi, "perché proprio in quel
momento sua moglie al piano di sopra vuole che le si raddrizzi un
cuscino, perché vuole qualcosa da bere, perché vuole che le si legga
un brano dell'Ofterdingen, perché vuole che le si aprono o che
le si chiudano le tende, perché debbo affettarle del pane, annodarle il
nastro tra i capelli, allacciarle la giarrettiera, perché debbo
riempirle la zuccheriera" (1984, p. 56). L'intera giornata era
perduta, tutto nella sua testa era andato distrutto. In modo analogo,
quando una volta Hennetmair ricorda a Bernhard che questi si era
riproposto di lavorare ogni giorno con regolarità, ecco, è bastata
questa esortazione che Bernhard non riesce nemmeno più a concepire
l'idea di lavorare; per tutto il resto della giornata la possibilità
di scrivere è definitivamente sfumata (31/12). Anche molti personaggi
dell'universo di Bernhard rivelano una tale ipersensibilità.
L'io-narrante di Korrektur, ad esempio, non riesce a
concentrarsi sulla sua revisione degli appunti di Roithamer perché
dalla soffitta in cui si trova riesce a spiare Höller nel suo
laboratorio di imbalsamazione intento ad imbottire di cellulosa un
enorme uccello nero. Il pensiero dell'uccello enorme lo ossessiona,
non riesce a non pensarci. Passano alcune ore, è notte fonda, e Höller
è ancora occupato con il gigantesco uccello nero, e sembra impensabile
che smetta. L'io-narrante non riesce a capire come un uccello possa
contenere tanta cellulosa, ma Höller riesce sempre a pigiare ancora un
po' di cellulosa dentro l'uccello, finché tutt'a un tratto questo
procedimento di riempire di cellulosa il gigantesco uccello da' la
nausea al narratore (1995, p. 120). Mentre Höller continua
imperterrito, l'io-narrante si siede su una vecchia poltrona e si
batte la testa più volte con il palmo della mano, "come se questo
battermi la testa con il palmo della mano potesse servire a qualcosa,
ero entrato in uno stato di agitazione dal quale non riuscivo più a
liberarmi, ho già usato tutti i trucchi possibili, pensavo, andare su e
giù, alla finestra e via, al divano e via, andare alla porta e tornare
indietro, fissare il pavimento, fare qualcosa con le mani, qualcosa con
i piedi" (1995, pp. 132-133). Per non subire
interruzioni e per non essere raggiunto da persone indesiderate,
Bernhard - lo si è menzionato - sceglie di non avere telefono.[x]
E vediamo come egli trasformerà questo non-farsi-trovare in una vera e
propria arte. Di questa maestria nello sviare gli altri al fine di non
farsi pescare apprendiamo abbondantemente nel corso del diario, anche
perché Hennetmair fa volentieri da complice nel proteggere Bernhard da
giornalisti, studenti, donne interessate ma anche amici passati per una
visita da Bernhard reputata inopportuna. Bernhard ricorre ad ogni sorta
di stratagemma, dal nascondersi nel rifugio rappresentato da casa
Hennetmair al fingersi malato, dalla fuga alla rimozione della macchina
per fare credere che sia assente. Quando nessuna di queste strategie
funziona, Bernhard è capace di coinvolgere gli ospiti sopravvenuti (in
mocassini) in una passeggiata in salita nei boschi ad un ritmo talmente
frenetico da seminarli o stroncarli (13/2). D'altra parte,
certe distrazioni sono anche volute, (le ricercate ablenkungen 19/8),
per non soffocare nella concentrazione richiesta dalla stesura di un
lavoro scientifico o poetico. La concentrazione sul cono è stata tale
che per dormire Roithamer deve liberare la proprio mente da tutto ciò
che è connesso al cono, ad esempio dalla parola statica, "che
affiora di continuo durante la notte e mi rende impossibile anche solo
pensare di addormentarmi, se mi addormento ho in testa la parola statica
e in realtà non mi addormento, così da anni" (1995, p. 151). Una tappa
essenziale in questo senso è rappresentata dalla passeggiata
quotidiana, due ore, talvolta di più, fra boschi e campi, a cui
Bernhard, quasi sempre in compagnia di Hennetmair, non rinuncia mai,
nemmeno con temporali e tempeste di neve (8/1). Si tratta di un altra
abitudine che Bernhard ha sviluppato fin da piccolo insieme al nonno.
Dall'andatura di Bernhard, Hennetmair è in grado di accorgersi quando
questi, durante il cammino, 'pensa' al suo romanzo, e rispetta il
suo bisogno di silenzio (29/1). Ricordiamo ancora una volta il ruolo
salvifico assolto da Hennetmair/Moritz, capace di tirare lo scrittore
fuori dalla prigionia che ha scelto volontariamente come sua condizione.
A causa di questa
dialettica fra concentrazione e distrazione, lo scrittore finisce sempre
sia per pensare al lavoro, sia a trascurarlo pensando a tutte le
possibili distrazioni, talvolta al limite dell'assurdo. Riconsideriamo
Das Kalkwerk: a mezzogiorno Konrad continua a domandarsi cosa
avrebbe mangiato per cena, la sera cosa avrebbe mangiato a colazione, a
colazione, cosa avrebbe mangiato a pranzo, e naturalmente il saggio ne
risente terribilmente. Allora, proprio perché tali aspetti secondari
gli paiono assurdi, Konrad cerca di tornare al saggio, "ritornare al
saggio, al tavolino, alla ragione. Ma non appena era in cammino verso la
ragione e quindi verso il saggio e il mucchio di carta che teneva sullo
scrittoio pronto per scriverci sopra il saggio, già si domandava se non
fosse giusto andare dal taglialegna a fare dunque una cosa
irragionevole, piuttosto che ripetere per il centomillesimo tentativo a
tavolino, questo dubbio si rafforzava nel momento in cui rimetteva piede
nella fornace e s'ingigantiva man mano che Konrad si avvicinava al
saggio e quando raggiungeva la sua camera aveva ormai perduto qualsiasi
motivazione a mettere il saggio per iscritto" (1984, p. 202). E
ancora: "Invece di pensare al saggio, alla cosa più importante,
pensava a cose secondarie. Molte volte, mentre camminava in su e giù,
all'improvviso gli veniva in mente di scendere da Höller e spaccar
legna con lui, cammino in su e in giù [...] e penso che scenderò da Höller
a spaccare legna con lui, un'ora intera sto a rimuginare l'idea di
scendere a spaccare legna e non abbandono questo pensiero sino a quando
non riconosco che è assurdo scendere a spaccar legna con Höller,
eppure mentre cammino in su e giù in camera mia continuo sempre a
cercare qualcosa che mi distolga dal saggio, mentre dovrei impegnarmi
completamente e concentrarmi sul saggio e su nient'altro" (1984, p.
196). D'altra parte, la
fabbrica della scrittura non comporta affatto un processo di produzione
lineare: l'opera teatrale Die Jagdgesellschaft è venuta in
mente a Bernhard mentre questi abbatte la vecchia stecconata che
circondava la casa "Hansbäum" (13/2). La struttura stessa di Korrektur
- inizio, svolgimento, fine - gli è improvvisamente venuta in
mente mentre camminava dal bagno alla cucina. Di più: proprio perché
subisce cose spiacevoli e irritanti Bernhard scrive, proprio perché
è di cattivo umore finisce per scrivere. Se tutto fosse piacevole
probabilmente Bernhard non scriverebbe una riga.[xi] In conclusione
mettendo allo specchio vita e scrittura, vita pratica e vita
intellettuale, il diario acquista un interesse raddoppiato, gettando
luce su quella ricerca delle condizioni ideali per scrivere che è stata
oggetto del presente contributo. Riferimenti
bibliografici Bernhard,
T., La fornace, Torino, Einaudi, 1984; Bernhard,
T., Il soccombente, Milano, Adelphi, 1985; Bernhard,
T., Cemento, Parma, Guanda, 1990; Bernhard,
T., Un incontro.Conversazioni con Krista Fleischmann, Milano, SE,
1993; Bernhard, T., Correzione,
Torino, Einaudi, 1995; Hennettmair, K.I., Ein Jahr mit Thomas Bernhard, Residenz Salzburg,
Verlag, 2001; Meyerhofer,
N., To laugh or not to laugh: humor in the world of Thomas Bernhard,
in "Humor: International Journal of Humor Research", 1988, vol. 1-3,
pp. 269-77. [i]
Hennetmair ha scritto il diario di nascosto, ossia senza che
Bernhard ne fosse in alcun modo al corrente, poiché aveva la
certezza che questi avrebbe disapprovato l'iniziativa. [ii]
I numeri fra parentesi riportati nel testo indicano rispettivamente
il giorno ed il mese in cui l'episodio è descritto nel diario
(l'anno è sempre il 1972). [iii]
Occorrono a questo punto due avvertenze cautelative. La prima è che
questo mio contributo non intende dare risposte alla
questione di come cogliere l'atto creativo, o di quali strategie
si possano a tale fine mettere in atto, ma solo offrire, mediante
Bernhard, una sorta di fenomenologia delle circostanze in cui si
trova lo scrittore impegnato a creare. La seconda è che usando il
termine "retroscena" non intendo in alcun modo suggerire una
separazione essenzialista fra il Bernhard pubblico, così come
appare attraverso i suoi personaggi, ed un Bernhard privato,
nascosto dietro ad essi. Ho anzi accennato alla vicinanza fra autore
e personaggi. Il termine retroscena rimanda invece ad uno
slittamento del punto di vista dal contenuto di un lavoro letterario
al contesto in cui è stato prodotto. Nel caso di Bernhard testo e
contesto sono uno. [iv]
È peraltro Bernhard medesimo a teorizzare esplicitamente questa
dialettica fra il tragico ed il comico, nel suo scritto Ist es
eine tragödie? Ist es eine komödie?,
in Prosa, Frankfurt a.M., Suhrkamp, 1967. [v]
La domanda ulteriore: ma perché Bernhard riesce ed i suoi
personaggi falliscono?, non ha una risposta immediata. Intanto anche
Bernhard ha avuto stagioni e fasi improduttive. E poi i personaggi
di Bernhard, più che caricature di falliti, corrispondono a diversi
lati dello stesso Bernhard, riflettendo dunque le sue ansie
ed i suoi timori, al di là dell'apparente riuscita. [vi]
Le tre cascine non debbono far pensare che Bernhard fosse
particolarmente ricco. Egli ammette a più riprese di riuscire a
scrivere produttivamente solo sotto pressione, finanziaria e
temporale (15/2). Per questo appena riceve denaro (per la vendita di
un libro, un premio letterario o la produzione di una sua opera
teatrale), lo investe in case e terreni. Fino a che non si rende
conto di avere bisogno di denaro, non riesce a scrivere (bene).
Deve, per così dire, porsi delle sfide finanziarie. [vii]
Questa insistenza sui luoghi non implica che la questione del tempo
sia in Bernhard irrilevante. Lo è, sia per quanto riguardo la
ricerca del momento opportuno per scrivere (ne abbiamo già
accennato nel paragrafo intitolato Dell'inizio), sia per
quanto riguarda il tempo interno alla sua scrittura, la sua
peculiare ritmicità (Bernhard, come è noto, ha studiato a lungo
sia musica che canto). [viii]
A differenza di quanto si è speculato in passato, la relazione fra
Konrad e la moglie non riflette il rapporto di Bernhard con le
donne. Benché la questione non sia in alcun modo oggetto di questo
mio contributo, voglio sottolineare l'utilità del diario di
Hennetmair sia per formare un giudizio più equilibrato sulla
relazione fra Bernhard e l'universo femminile, sia perché,
offrendo il ritratto di un Bernhard scrittore sì, ma anzitutto
casalingo, consente di constatare il rovesciamento dei ruoli
sessuali tradizionali. [ix]
Consegnati da Hennetmair o consultati in caffè, Bernhard i giornali
li sfoglia quotidianamente, ed in misura enorme: almeno sette al
giorno. [x]
Fin dal terzo giorno del diario (3/1) scopriamo il ruolo centrale
svolto dalla posta nella vita di Bernhard, ricevuta quotidianamente.
Il primo appuntamento con Hennetmair ha quasi sempre luogo fra le 7
e le 8 del mattino presso l'ufficio postale di Ohlsdorf (il
paese adiacente al cascinale di Nathal). Intorno alla lettere
scritte, ricevute, cestinate, commentate, si svolge buona parte
dell'esistenza comunicativa di Bernhard. [xi]
Si consideri la seguente piccola lista di vicende irritanti di cui
il diario offre un resoconto: il programma dei Festspiele di
Salisburgo 1972 che riporta solo metà del titolo dell'opera Der
wahnsinnige und der ignorant; un telegramma - lunghissimo -
di protesta indirizzato al presidente dei Festspiele che
l'addetto postale non vuole accogliere perché fuori misura
(15/2); premi letterari talmente bassi (15/2) da indurre Bernhard a
far donare il compenso ad ex detenuti (22/9); un episodio grottesco
connesso al ritiro di un ulteriore premio letterario (durante la
cerimonia di conferimento, un ministro austriaco accoglie in modo
celebrativo tutti i nomi eccellenti dell'alta società presente
all'occasione, ma non accoglie - né riconosce, anzi: neppure
conosce - lui, Bernhard, il premiato! (23/1). Ancora: l'editore
Suhrkamp che propone una seconda edizione di Frost con gli
stessi errori di stampa da Bernhard più volte segnalati (27/9), o
che è talmente contrario al titolo Verstörung (Perturbamento)
da minacciare di non stampare il libro senza un titolo "più
adeguato" (31/5); che invia copie di libri sbagliati rispetto a
quelli richiesti (31/5), oppure due volte lo stesso testo (13/1).
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