25/2002
Studi di Estetica
III serie
anno XXX, fasc. I


Davide Sparti
Thomas Bernhard e il retroscena della scrittura


Introduzione

Il 10 Febbraio del 2001 Thomas Bernhard avrebbe compiuto settant'anni. Per celebrare l'anniversario, l'editore Suhrkamp ha pubblicato l'insieme di tutte le sue opere, di prosa, teatro e poesia, mentre l'editore Residenz ha proposto un diario "segreto", tenuto di nascosto da un amico intimo, vicino di casa e uomo di fiducia di Bernhard, Karl Ignatz Hennetmair.[i] Il diario offre la cronaca giorno per giorno di un anno intero della vita di Bernhard, consentendo al lettore di entrare nei suoi tre cascinali austriaci e di seguire lo scrittore passo dopo passo nella vita quotidiana; mentre mangia, passeggia, impreca, guarda la televisione, lava i panni e li stira, gioca a carte, si gode un film di Godard in televisione (29/5), lavora con grande abilità a maglia.[ii] Mentre ricerca il punto preciso del terreno adiacente la sua cascina "Krucka" per farsi seppellire (19 e 21/9), fa la spesa all'ingrosso di Wells (9/11), o mentre opera con la cura e l'energia di un mastro nel restaurare la casa. E soprattutto mentre scrive e commenta le critiche che riceve, permettendo di conoscerne le manie, le ossessioni, le debolezze.

Siamo nel 1972, Kalkwerk è uscito da poco più di anno e Bernhard lavora al romanzo Korrektur (11/2), che Suhrkamp pubblicherà tuttavia quasi tre anni dopo. È anche l'anno della famosa e discussa messa in scena a Salisburgo del primo dei tre pezzi teatrali scritti su commissione dei Festspiele, ossia Der ignorant und der wahnsinnige, per la regia di Carl Peymann, con Bruno Ganz come attore protagonista e l'artista Jean Tinguely fra coloro che contribuiscono alla scenografia.

Bernhard e Hennetmair si conoscono dal 1965 (anno dell'acquisto della prima e più abitata cascina di Bernhard, quella quadrangolare nell'Obernnathal, presso Ohlsdorf), ma proprio nel 1972 l'amicizia si stringe al punto - scrive Hennetmair (11/2) - da poter emettere tranquillamente flatulenze l'uno davanti all'altro. Più significativamente, Hennetmair assolve in qualche modo la funzione di riportare Bernhard "con i piedi per terra", anche in senso letterale, aiutandolo a trovare, acquistare, restaurare ed arredare tutte e tre le sue proprietà. Questa funzione è esplicitamente riconosciuta da Bernhard, al punto che egli, alcuni anni dopo, creerà una figura letteraria corrispondente a Hennetmair, ossia Moritz, nel romanzo Ja. Come Hennetmair, Moritz è un agente immobiliare; come Hennetmair, Moritz costringe il narratore senza nome (alter ego di Bernhard) a uscire di casa e a staccarsi dal lavoro, accompagnandolo nei suoi giri d'affari. Giri grazie ai quali Bernhard viene a conoscere nuove persone, e nuovi luoghi, ed anche nuovi aspetti ripugnanti dell'esistenza umana, giri che hanno sempre al tempo stesso tonificato e oppresso Bernhard, ispirando molti suoi romanzi. In breve, Hennetmair, come Moritz, rappresenta un realitätsvermittler per Bernhard, qualcuno che lo lega alla realtà quotidiana, e dunque un lebensretter, un salvatore.

Pur accogliendo il senso di intimità che il diario di Hennetmair riesce a restituire, in questo mio contributo mi soffermerò non tanto sul ritratto umano di Bernhard quanto sullo sguardo che il libro consente di gettare nel retroscena dello scrittore e della scrittura. Uno sguardo privilegiato anche per il paragone che consente di tracciare fra il processo di scrittura di Bernhard e quello di alcuni dei suoi più noti personaggi, mettendoci in condizione di apprezzare fino a che punto questi riflettano l'autore nella sua concreta individualità biografica, fino a che punto, cioè, Bernhard ed i suoi personaggi fossero vicini.[iii] Per motivi espositivi, il rapporto parallelo fra Bernhard ed i suoi personaggi verrà talvolta intrecciato, altre volte sovrapposto (un paragrafo su Bernhard, a cui segue un paragrafo sul personaggio di cui parla).

Fra tali personaggi, mi concentrerò soprattutto sulla vicenda del musicologo Rudolf e sulla sua impossibilità di iniziare uno studio su Mendelssohn-Bartholdy (in Beton), sulla vicenda di Konrad (Das Kalkwerk), il quale da anni lavora ad un saggio sull'udito che non riuscirà mai a stendere su carta, e su quella di Roithamer, il protagonista di Korrektur, che si uccide dopo aver finalmente realizzato il progetto che aveva orientato la sua intera esistenza.

Pure la realizzazione del diario di Hennetmair ha richiesto un peculiare sforzo di scrittura, soprattutto a causa della necessità di stare costantemente all'erta affinché Bernhard non lo sorprendesse. Abitando a poche centinaia di metri da Hennetmair, capitava non raramente che Bernhard compisse delle incursioni improvvise dal vicino. Mentre Hennetmair scrive, la moglie fa la guardia appostandosi presso la finestra e dando l'allarme ("arrivaaa!") in caso di avvistamento (27/4). Anche per questo Hennetmair, dopo undici mesi di 'attività', confessa di essere sull'orlo di un collasso per la tensione provocata dallo sforzo di memorizzare e poi trascrivere conversazioni ed avvenimenti, per di più alle spalle di Bernhard. E ammette di essere in grado di portare a termine il diario solo perché si tratta di un anno di vita con Thomas Berhnard, ma non un giorno di più (il 2 Gennaio 1973 il diario viene depositato presso un notaio dove resta sigillato per trent'anni). E così il diario acquista un interesse ulteriore, poiché i tre assi della scrittura si incrociano: Hennetmair che scrive di Bernhard che scrive di quei suoi personaggi (come Konrad o Rudolf) i quali scrivono a loro volta (o falliscono nel farlo).

Utilizzando l'opportunità offerta dal diario, vorrei quindi affrontare uno dei temi fondamentali di molti romanzi di Bernhard, evidentemente un'ossessione dello stesso autore: quello della ricerca delle condizioni ideali per gli scopi creativi, una ricerca che finisce per diventare essa stessa un scopo primario. Anche se con Hennetmair Bernhard non si è quasi mai voluto esprimere direttamente sui contenuti del lavori in gestazione ("das ist meine sache"; sono affari miei), il contesto della creazione, ossia i luoghi, i tempi, le distrazioni, le ispirazioni, ecc. viene illuminato in modo esemplare dal diario. Quella che perciò offrirò è in pratica una circostanziata disamina degli infiniti fattori interni ed esterni che si frappongo alla stesura di un lavoro creativo, ostacolandolo. I motivi sono quelli che ricorrono sempre nei romanzi di Bernhard: la relazione di odio-amore con le persone che lo circondano, con la solitudine, con la casa, con i luoghi ed il loro clima.

Tali motivi verranno analizzati sempre in rapporto al processo della scrittura nell'atto del suo formarsi, delineando così una sorta di autoritratto spesso ironico, tragico e comunque grottesco dello scrittore impegnato a creare. Dico ironico poiché esattamente come Kafka ebbe a dire dei suoi racconti (nella testimonianza di Max Brod), anche Bernhard ammette di scoppiare in risate fragorose già quando scrive, ed anche dopo, durante la revisione (cfr. Bernhard 1993, p. 26. Cfr. anche Meyerhofer, 1988). Benché molti lettori trovino che non vi sia proprio nulla da ridere in Bernhard, egli stesso confessa di aver sempre descritto situazioni comiche nei suoi lavori (26/1). Che Bernhard fosse anche una persona con doti comiche lo testimonia a più riprese Hennetmair, descrivendo come Bernhard, con le sue battute, cantando, imitando e prendendo in giro i presentatori televisivi, suscitasse attacchi di risa isteriche tali da provocare crampi allo stomaco, o da costringere non solo Hennetmair ma anche sua moglie, sua madre, e i suoi figli a sdraiarsi per terra (25/2, 26/6, 22/8, 4/9, 27/9, 7/11, 11/11).[iv]

 

Dell'inizio

Una delle difficoltà maggiori dei personaggi di Bernhard è quella di iniziare a scrivere. Che occorresse cogliere il momento propizio Bernard lo sapeva bene: per poter scrivere "si deve saltare subito fuori dal letto" (1993, p. 39). Ed in effetti Bernhard è un mattiniero. Egli scrive molto presto al mattino, dalle cinque alle nove (anzi: solo se è così presto, 31/12), esattamente come l'amato nonno materno, Johannes Freumbichler, a sua volta scrittore. Dopo di che va a spasso, legge i giornali, assapora l'ozio, mangia abbondantemente e poi eventualmente di nuovo, dalle quattro alle sette, lavora e va a fare due passi prima di consumare una cena leggera (18/9, 19/12).

Nonostante numerosi tentativi, né Rudolf né Konrad riescono a comincia a scrivere. Per iniziare a scrivere tutto sta nel trovare il momento giusto. "Quello era il momento che lui aspettava, ecco il momento [...], ed effettivamente quel momento si presenta ogni giorno, non passa giorno senza che si presenti il momento nel quale io cedo di poter incominciare il saggio Sull'udito e completarlo", dichiara Konrad (1984, p. 54). In quei momenti Konrad credeva che gli sarebbe stato possibile mettersi a tavolino e incominciare a stendere il saggio, e lui si sedeva, e nonostante la sensazione di riuscire a incominciare, non riusciva a incominciare (1984, p. 207). Proprio quando Konrad è al culmine, nel momento cruciale, convinto di poter mettere d'un tratto il saggio nero su bianco, di stenderlo su carta, ecco che tutto si è già frantumato... "Come migliaia di altri prima di lui, anche Konrad era stato vittima della follia di credere che un bel giorno in un unico istante (il cosiddetto istante ottimale) sarebbe riuscito a realizzare il saggio mettendolo in forma scritta" (1984, p. 211).

Come iniziare?, si chiede anche Rudolf. È la cosa più semplice. e si deprime per il fatto che la cosa più semplice non gli sia ancora riuscita. Arriva il momento di avvicinarsi alla scrivania, sedersi ed iniziare. La scrivania è in ordine? Sì, lo è. "Vai alla scrivania e ti siedi e scrivi la prima frase del tuo studio. Non con cautela, con decisione!", ordina Rudolf a se stesso (1990, p. 17). Ma se mi siedo arriva un imprevisto, un contrattempo, un vicino grida, qualcuno bussa alla porta, il postino, la sorella... Partita la sorella, ritrovata la pace, Rudolf pensa finalmente di poter iniziare. Ma si rende conto di non aver ancora fatto colazione. La fa, e poi si pente. Non si può iniziare un saggio a stomaco pieno!, casomai a stomaco vuoto. Come è potuta venirgli l'idea di cominciare dopo colazione?!

In Thomas Bernhard ritroviamo queste difficoltà. In estate fa troppo caldo, deve nuotare, o farsi la doccia ogni due ore. In autunno il tempo è così bello che lo sospinge fuori (26/9; 4/10). Si propone di lavorare. Si alza presto. Ma poi gli vengono in mente le cose più assurde da poter fare in casa pur di non iniziare a scrivere (7/9). Rispetto all'occupazione principale (scrivere) finisce così per impegnarsi in una moltitudine di occupazioni secondarie: raccogliere le prugne, tagliare la legna (15/8), restaurare una cornice, fare i lavoretti di casa (2/10), ascoltare la radio e guardare la televisione (15/11). Tanto che ad un certo punto Bernhard decide di rimandare il tutto a fine autunno, a Bruxelles, dove potrà isolarsi come un prigioniero e dedicarsi interamente alla scrittura (8/9), isolamento che tuttavia lo costringe poi a trasferirsi a Vienna, dove di nuovo, dopo alcuni giorni, non regge più e deve scappare via. Forse a cause di tutte queste difficoltà nell'avviare un libro, Bernhard confessa che il mestiere dello scrivere va paragonato ai lavori più duri (30/12). In ogni caso, a differenza di Konrad o Rudolf, quando finalmente Bernhard inizia a lavorare, in poche settimane l'intero romanzo o pezzo teatrale è scritto (13/8).[v]

 

Quieti e soli

  Quali possono essere i requisiti ideali per scrivere? Anzitutto quelli esterni, per esempio l'assenza di rumore. Il 23 Aprile Bernhard si precipita da Hennetmair e dichiara animosamente di doversi trasferire da Nathal, e per anni! Una ditta intende fare delle perforazioni per ricercare olio proprio accanto al suo terreno. La battaglia legale per salvare una delle più fondamentali condizioni di possibilità dello scrivere - la quiete - va avanti per mesi (con tanto di scavi avviati), ma viene vinta. Poi una seconda minaccia (anch'essa infine sfumata) in Ottobre: la costruzione di un allevamento intensivo di maiali da macello, proprio accanto alla cascina. Il rumore e l'odore rappresenterebbero un piaga tale da rovinare interamente la mia esistenza, spiega Bernhard, preoccupato al punto da non riuscire a dormire (10/10, 18/10). Il rumore, la puzza ed il chiasso sono fastidiosi, ma come sottolinea d'altra parte lo stesso Bernhard, anche la quiete può essere insopportabile. Basta rigirarsi nel letto e si sobbalza pensando che ci siano i ladri. Si sceglie la quiete estrema e poi succede il contrario di quello che si sarebbe voluto ottenere grazie a quella scelta; non ci si tranquillizza, si diventa sempre più inquieti, scoprendo che la quiete estrema non genera affatto calma interiore (1984, p. 145).

Un'altra costellazione ideale è quella dell'isolamento. Ne Il soccombente l'io-narrante dichiara di volersi chiudere nella casa di Calle del Prado e scrivere il suo saggio su Glenn (Gould) (1985, p. 172).

Anche Konrad credeva che proprio l'isolamento della fornace lo avrebbe produttivamente protetto dal resto del mondo, ma finisce per diventare prigioniero di una vita intollerabile. "A momenti credo che sia colpa della fornace se non riesco a mettere il saggio per iscritto, a momenti credo che è proprio perché vivo nella fornace che ho ancora la possibilità di mettere il saggio per iscritto. Così si alternano i due pensieri, uno, il pensiero che riuscirò a mettere il saggio per iscritto perché vivo nella fornace, e l'altro, il pensiero che non riuscirò a mettere il saggio per iscritto, che non ci riuscirò mai, perché vivo nella fornace" (1984, p. 166).

Rudolf è terrorizzato dalla presenza della sorella, la quale annienta sul nascere l'idea stessa di poter iniziare il suo saggio: occorre essere soli per dare avvio ad un lavoro intellettuale. In effetti, lo stesso Bernhard non riesce a lavorare sapendo che amiche come la signora Hufnagl, o la signora Maleta, o anche effettivamente sua sorella(stra) possano farsi viva da un momento all'altro in casa (27/9). Finalmente la sorella di Rudolf parte. Sei di nuovo solo, solo!, sii contento!, dice a se stesso. Ma è tormentato dall'idea che lei possa tornare in qualsiasi istante per un qualunque motivo ed annientare il suo progetto. Non riesce a dormire, teso com'è a sentire se lei non fosse alla porta. Poi, estenuato, si appisola. Si risveglia di soprassalto e constata che sono già le cinque del mattino, mentre aveva deciso di iniziare il lavoro alle quattro. Spaventato da questa negligenza nell'aver tardato a cogliere il momento giusto Rudolf, non riesce ad iniziare. Il tentativo di iniziare è fallito. Albeggia: non è più possibile incominciare.

Ma anche quello dell'isolamento dello scrittore è un ideale ambiguo. È vero che Rudolf odia la presenza della sorella, ma questa è stata pur sempre chiamata dallo stesso Rudolf per liberarsi da una solitudine altrettanto nociva e paralizzante: "Da soli a lungo non si resiste, e in due nemmeno" (1993, p. 47).

I luoghi della scrittura

Fra i requisiti ideali per poter scrivere vi è anche il clima. Nei castelli e nei borghi austriaci, ad esempio, l'umidità dei muri arreca danni irreparabili. Il clima è freddo e nebbioso (anche a Nathal Bernhard si lamenta dopo quattordici giorni di nebbia continua, 10/11). Il muro della casa accanto è a solo venti metri eppure non si vede: "esistere da solo in un nebbia del genere è folle!" (1990, p. 31). D'altra parte, il riscaldamento eccessivo o la presenza opprimente di persone indesiderate possono rendere il clima soffocante e l'aria irrespirabile, tanto che uno dei gesti caratteristici di Rudolf è quello di spalancare le finestre per dare aria alla casa (una vera e propria mania dello stesso Bernhard, 21/9). Dopo averlo fatto per la terza volta, l'odore penetrante e sgradevole della sorella si è attenuato, ma il freddo in casa è diventata improvvisamente insopportabile, tanto che Rudolf corre il rischio di congelare. In queste condizioni non può nemmeno pensare di accingersi a scrivere.

Il clima rimanda direttamente al luogo, ed il primo luogo della scrittura è quello domestico. All'interno della casa i personaggi di Bernhard passano continuamente da una stanza all'altra, scendono di sotto e poi risalgono, socchiudono la porta, aprono e chiudono le finestre, non trovano requie. L'uno ha bisogno di camere grandi, si sente sollevato, l'altro si sente oppresso nelle camere grandi. Per l'uno abitare in una camera sopra un cortile o rivolta verso una parete di roccia costituisce una scelta rovinosa, per l'altra rappresenta una scelta ideale. Anche Bernhard triangola sempre più frequentemente, e freneticamente, fra le sue tre case.[vi] Il cascinale in Obernathal è "la base" di Bernhard, ma quando ha bisogno di movimento fisico o di maggiore isolamento per lavorare meglio, si rifugia "su" alla Krucka (8/7, 11/8). Quando l'isolamento inizia ad opprimerlo si sposta di nuovo "giù" a Nathal, o va a Vienna. Dopo due giorni (quattro prima del previsto) non ne può più della grande città e ritorna all'amata/odiata campagna (8/10, 4/9), dove però tutto è così bello che non riesce a scrivere. A Bruxelles, che è grigia e sporca, lì sì che riesce a scrivere. Dopo l'acquisto della terza casa "Hansbäum" nel mese di Novembre, Bernhard decide di trasferirsi per alcuni mesi lì, considerandolo il luogo ideale per lavorare (ed affidando temporaneamente la "Krucka" al fratellastro).

In Korrektur Rothaimer si dedica interamente alla costruzione di un edificio per la sorella, singolare sia nella forma (a cono) che nella collocazione (nel mezzo del Kobernausserwald). Per assicurarsi la massima concentrazione, Rothaimer si pone il problema del luogo ideale per progettare, trovandolo non nel castello di famiglia ad Altensam - dove mai sarebbe stato nemmeno in grado di ambientarsi, figuriamoci di svolgere un lavoro intellettuale - ma nella soffitta dell'amico Höller, quattro metri per cinque, rivelatasi favorevole per i suoi scopi sotto ogni aspetto. È nella soffitta di Höller, situata nella gola del fiume Aurach, che Roithamer riesce a formulare idee che per decenni erano rimaste latenti. E tuttavia, affinché la soffitta resti luogo ideale, Roithamer deve trattenervisi non più a lungo del necessario - ossia per un certo periodo (calcolato con precisione), solo il tempo necessario, altrimenti la soffitta lo porta all'annientamento totale, se non altro per i bruschi ed assolutamente nefasti cambiamenti di tempo a cui si è esposti.

Attraverso la voce dell'io-narrante, l'erede testamentario di Roithamer incaricato di gestire il lascito dell'amico defunto, il tema della creazione in Korrektur si riflette e raddoppia. Il narratore va più volte su e giù per la soffitta di Höller immaginando tutti i vantaggi di un soggiorno in alta montagna e tutti gli svantaggi di un soggiorno in casa di Höller nella gola dell'Aurach, poi di nuovo vede solo svantaggi nel soggiorno in alta montagna (in questa stagione) e solo vantaggi in casa Höller, "l'alternarsi di questo preferire il soggiorno in alta montagna e sminuire il soggiorno in casa di Höller e viceversa mi aveva portato quasi sull'orlo della follia" (1995, p. 108). Avvicinandosi alla finestra pensa: domani faccio i bagagli e lascio la casa di Höller, devo salire ad una certa altezza. E poi di nuovo va dalla finestra alla porta "e lì viceversa mi fermavo e pensavo, è sbagliato lasciare domani la soffitta di Höller [...] e andare in un paese d'alta montagna, in un paese qualsiasi d'alta montagna che in fondo mi è odiosa..." (ibid.).

La ricerca del luogo ideale viene di fatto a coincidere con una condizione, quella di chi ha sempre bisogno di qualcosa di diverso, forse anche per guadagnare quella distanza prospettica che aiuta a cogliere il senso di quanto si va scrivendo. Si è qua e occorre andarsene al più presto. Si è la e la cosa si fa insopportabile. Cambiare posto al momento giusto, lasciarsi la casa alle spalle, pendolare, è l'unica possibilità. Rudolf decide di partire, per cominciare lo scritto nell'atmosfera della grande città: in una valigia gli scritti su Mendelssohn-Bartholdy, nell'altro i vestiti. Nella più grande gli appunti, nella più piccola vestiti e biancheria, ma senza eccessi, si commette sempre l'errore di portare troppi vestiti con sé. Già alla domanda "quali pantaloni, quelli grigi o quelli marroni" Rudolf è indeciso. Dopo aver finalmente fatto le valigie, è totalmente spossato. Neanche questa volta si può iniziare.

Ma i luoghi della scrittura sono anche quelli dai confini più ampi, nazionali. Bernhard personalmente dichiara di lavorare bene all'estero poiché in un paese di cui non capisce la lingua "si ha continuamente la sensazione che la gente dica solo cose importanti [...]" (1993, p. 22). Anche Konrad spera (invano) che cambiando luogo potrà godere di condizioni più creative, spingendo fino al limite del grottesco l'accennata ricerca di un punto spaziale che sia anche un punto di vista favorevole ai propri scopi creativi: "Ancora una serie di frasi come questa - pensava - e il saggio si lascerà finalmente mettere sulla carta. Ma centinaia e migliaia di volte aveva pensato [...] che gli sarebbe bastato scrivere un paio di frasi per essere improvvisamente capace di mettere per iscritto tutto quanto [...], mille volte l'aveva pensato, mille volte, come diceva lui, non aveva potuto fare a meno di pensare e di fare così e cioè di troncare tutto dopo un paio di frasi iniziali, già ai tempi di Augusta aveva creduto di riuscire a buttare giù il saggio tutto d'un fiato dopo un paio di frasi, ad Augusta e a Innsbruck e a Parigi e ad Aschaffenburg e a Schweinfurt e a Bolzano e a Merano e a Roma e a Londra e a Vienna e a Firenze e a Copenhagen e ad Amburgo e a Francoforte e a Colonia e a Bruxelles e a Ravensburg e a Rattenberg e a Toblach e a Neulengbach e a Korneuburg e a Gänserndorf e a Calais e a Kufstein e a Monaco e a Prien e a Mürzzuschlag e a Thalgau e a Pforzhein e a Mannheim. Tutte queste frasi iniziali e queste idee, ogni volta perdute per sempre" (1984, pp. 51-2).[vii]

 

  Prepararsi, abbozzare

  Tra i requisiti interni per impostare bene un lavoro, oltre alla fondamentale autodisciplina di cui parla Glenn Gould ne Il soccombente (1985, p. 31), serve una valida preparazione. Roithamer dedica tre anni alla progettazione del cono, scegliendo accuratamente le letture da fare ("niente di Neutra, tutto di Mises van der Rohe"), prima degli ulteriori tre anni necessari allo sviluppo ed alla costruzione dell'edificio. Rudolf mette scrupolosamente assieme tutti gli scritti possibili di e su Mendelssohn Bartholdy, visita tutte le possibili biblioteche per conoscere a fondo il compositore e studiarlo nel modo più accurato in vista di un lavoro scientifico inappuntabile, prende una montagna di appunti con il proposito di cominciare il lavoro.

Dopo anni di preparazione ed esercizi di udito con la moglie (paralitica), Konrad ha il saggio nella testa completamente finito in tutti i suoi dettagli.[viii] Ed è una enorme fatica mentale tenere nella testa per decine di anni un saggio completo in ciascuno dei suoi capitoli. Ma Konrad continua a prepararsi ed a sperimentare con il metodo Urbancic per renderlo ancora più perfetto e completo prima di metterlo per iscritto. "Verso sera, quando avevamo iniziato già di primissimo mattino [...] e dopo mezzanotte, quando avevamo iniziato al pomeriggio [...Konrad], davanti a sua moglie, pronunciava alcune frasi con la I breve, per esempio: Liquidati i quartieri sull'Inn [una frase-chiave dei suoi esercizi], un centinaio di volte lentamente, un centinaio di volte rapidamente e per finire circa duecento volte rapidamente, il più rapidamente possibile, scandendo le parole. Appena finito, pretendeva che lei gli descrivesse immediatamente l'effetto prodotto sul suo udito" (1984, p. 70). Spesso Konrad stava alla finestra in camera sua e "decideva all'istante: ora vado subito in camera di mia moglie e davanti a lei pronuncio rapidamente la frase: Stormi d'uccelli, sempre nuovi stormi d'uccelli oscurano il parco [...] ora nell'orecchio destro di lei, ora in quello sinistro" (1984, p. 88). Già mentre si alza Konrad pensa che inizierà dagli esercizi di udito con sua moglie durante la prima colazione: "Dall'angolo rivolto a est della sua camera le avrebbe gridato della parole con la U. Urali Uremia Urlo Unno Urto Unicorno Uzzolo Universo Unitario Uruguay Uriel eccetera. Poi delle parole con la O. Orticoltura Occhia Ora Oro Olio Odio Oblio eccetera. Poi delle parola con Ca. Castagna Carta Cartum Carogna Catastrofe Catafalco Cabala Cacania Cabul Catarsi Cataratta eccetera. Poi delle parole con la E. Esterel Ester Estragon Eskudos Espania Esquimese eccetera. Poi della parole con Al. Altamira Alba Alacron Alhambra Algebra Alcalino Almira Alpeggio eccetera. Poi delle parole con Is. Islanda Istria Ismailía Istambul Islam eccetera" (1984, p. 98).

Al fine dell'impostazione di una impresa creativa è anche giusto ed importante avere diversi abbozzi di un lavoro. Ma quando di abbozzi se ne fanno troppi, si rovina ogni cosa (1985, p. 84). Konrad si logora nel fare abbozzi, poi un sunto, poi ancora un abbozzo, poi un sunto del sunto, e poi un altro sunto, e ancora un altro sunto; poi ricomincia a fare abbozzi; ne completa uno, poi rifà un sunto... e così via.

Quando il lavoro è già abbozzato, se la sua natura appare insoddisfacente o addirittura vacua, si inizia a modificarlo (perché mai completare qualcosa che non ha alcuna giustificazione?). La modificazione è la risposta alla sproporzione fra il risultato atteso e quello realizzato. Quanto spesso si deve constatare: "che idea brillante ero riuscito a farmi venire nella testa, che annotazioni penose ne sono risultate". Allora si modifica, e si modifica, si modifica il manoscritto così spesso che alla fine di quel manoscritto non rimane più nulla. In effetti quei cambiamenti non sono che la totale cancellazione del manoscritto stesso. Anche l'io-narrante in Korrektur ha il problema di esaminare e riordinare gli appunto lasciati da Roithamer, frammenti e brandelli di frammenti da unire e mettere in relazione, un insieme dal quale non si può togliere il minimo dettaglio, perché altrimenti tutto si vanifica. Compito improbo che richiede a suo volta di essere affrontato nelle condizioni mentali giuste. Il narratore decide allora di avvicinarsi soltanto alle opere postume di Roithamer, in un prima tempo soltanto avvicinarsi, dopodiché esaminare e riordinare. Poi cambia idea: "non farò la minima rielaborazione, solo la parola rielaborare o rielaborazione mi ha sempre dato la nausea" (1995, p. 128). Così "continuavo a pensare, lo interrompo, e poi di nuovo, non lo interrompo, non mi occupo più delle opere postume di Roithamer, comunque non adesso, poi di nuovo, giusto adesso mi fa bene occuparmi delle opere di Roithamer".

 

  Concentrazione, distrazione

  Quando la giornalista Krista Fleischmann chiede a Bernhard come lavora, lui risponde: con molta concentrazione. Per guadagnare quella concentrazione occorre evitare tutte le cose che distraggono dal lavoro: evitare altri libri, pensa Rudolf, non mettere mano a niente su Nietzsche o Schopenhauer... tutte distrazioni che allontanano da Mendellson Bartholdy. Ma al pari di Bernhard, nemmeno Rudolf riesce a sottrarsi ai giornali,[ix] sopratutto ai casi di cronaca (non dimentichiamo che lo stesso Bernhard fu giornalista di cronaca in gioventù). Rudolf è colpito da un caso che non gli dà tregua. "E invece di cominciare il Mendelssohn, cosa che aveva assolutamente intenzione di fare e per la quale in fondo addirittura all'improvviso, come aveva creduto alle tre e mezzo del mattino, aveva avuto i presupposti ideali, dopo il risveglio pensava ormai solo al [...] caso di cronaca". (1990, p. 113).

Ben sapendo che ogni irruzione esterna avrebbe potuto provocare la perdita irreparabile del lavoro nel quale si è immersi, Bernhard - che non ha mai voluto il telefono - evita spesso di rispondere alle lettere ed alle cartoline, talvolta persino ai telegrammi. Similmente, Konrad si domanda di tanto in tanto se non sia il caso di mettersi a tavolino e rispondere a tutte le lettere e le cartoline che ha ricevuto e che ha lasciato senza risposta, e se non sia addirittura opportuno farlo, sapere cosa ne sia stato di tutta quella gente con cui da anni non aveva più avuto contatto. "Ma mentre preparava la carta da lettera e riempiva d'inchiostro la penna, improvvisamente pensava quanto fosse stupido occuparsi della corrispondenza proprio quando avrebbe potuto invece mettere per iscritto il saggio, nel tempo impiegato a escogitare risposte che quei corrispondenti già da un pezzo semi dimenticati non si aspettavano più, avrebbe potuto benissimo potuto incominciare a mettere per iscritto il saggio, sarebbe stato meglio scervellarsi per mettere sulla carta il saggio piuttosto che per rispondere a inutili lettere e cartoline, e così [...] allontanava la carta da lettera dallo scrittoio e riavvicinava il mucchio dei fogli destinati al saggio spingendolo proprio dinanzi a sé sul ripiano del tavolo. Ma non appena aveva davanti a sé il mucchio dei fogli destinati al saggio, ricreate quindi le condizioni ideali per il saggio, ridiventava incapace d'incominciarne la stesura, a lungo stava lì seduto a guardare il mucchio di fogli sino a quando non gli era chiaro che anche questa volta non gli sarebbe riuscito d'inßominciare la stesura del saggio e allora rispingeva dinanzi a sè le carte da lettere, così andavano le cose per diverse ore, a momenti c'era davanti a lui la carta da lettere, a momenti il mucchio dei fogli destinati al saggio, a forza di spostare carta-di-qua-mucchio-di-là e poi mucchio-di qua-carta-di là, a lungo andare diventava completamente impossibile sia incominciare effettivamente a mettere il saggio per iscritto che riprendere la corrispondenza" (1984, pp. 205-6).

Altra causa di improduttività in quanto ostacolo alla concentrazione sono le interruzioni impreviste. Konrad, ad esempio, viene prima disturbato da qualcuno che incomincia a spaccare la legna, il quale tuttavia non lo disturba fino al punto da distruggere quello che aveva in mente. Poi dall'assessore che bussa, e che naturalmente rovina tutto: "il mio impegno con il saggio [...] è una faccenda [...] nella quale non si può venire disturbati due volte di seguito". Se dopo la prima interruzione causata dal taglialegna, gli era ancora possibile riapplicarsi al saggio, dopo la seconda interruzione causata dall'assessore, riapplicarsi non è gli più possibile (1984, pp. 56-7). "Non appena [...] Konrad si sedeva al tavolino, veniva disturbato [...] una volta era il fornaio, uno volta lo spazzacamino, una volta era Wieser, una volta Fro, una volta [...] l'assessore, era Höller, era sua moglie, era l'ispettore federale, era un rumore, e così via. Ma quando bussavano alla porta della fornace era assolutamente impossibile non scendere ad aprire, far finta di non sentire che qualcuno stava bussando alla porta della fornace, questo non poteva farlo [...], lasciare che qualcuno continuasse a bussare contro la porta della fornace senza scendere ad aprire, non poteva farlo", anche perché questo continuo e tremendo rintronare dei colpi contro la porta lo avrebbe reso completamento pazzo (1984, p. 54). Konrad è indotto ad abbandonare il suo saggio per una sciocchezza qualsiasi, "perché proprio in quel momento sua moglie al piano di sopra vuole che le si raddrizzi un cuscino, perché vuole qualcosa da bere, perché vuole che le si legga un brano dell'Ofterdingen, perché vuole che le si aprono o che le si chiudano le tende, perché debbo affettarle del pane, annodarle il nastro tra i capelli, allacciarle la giarrettiera, perché debbo riempirle la zuccheriera" (1984, p. 56). L'intera giornata era perduta, tutto nella sua testa era andato distrutto.

In modo analogo, quando una volta Hennetmair ricorda a Bernhard che questi si era riproposto di lavorare ogni giorno con regolarità, ecco, è bastata questa esortazione che Bernhard non riesce nemmeno più a concepire l'idea di lavorare; per tutto il resto della giornata la possibilità di scrivere è definitivamente sfumata (31/12). Anche molti personaggi dell'universo di Bernhard rivelano una tale ipersensibilità. L'io-narrante di Korrektur, ad esempio, non riesce a concentrarsi sulla sua revisione degli appunti di Roithamer perché dalla soffitta in cui si trova riesce a spiare Höller nel suo laboratorio di imbalsamazione intento ad imbottire di cellulosa un enorme uccello nero. Il pensiero dell'uccello enorme lo ossessiona, non riesce a non pensarci. Passano alcune ore, è notte fonda, e Höller è ancora occupato con il gigantesco uccello nero, e sembra impensabile che smetta. L'io-narrante non riesce a capire come un uccello possa contenere tanta cellulosa, ma Höller riesce sempre a pigiare ancora un po' di cellulosa dentro l'uccello, finché tutt'a un tratto questo procedimento di riempire di cellulosa il gigantesco uccello da' la nausea al narratore (1995, p. 120). Mentre Höller continua imperterrito, l'io-narrante si siede su una vecchia poltrona e si batte la testa più volte con il palmo della mano, "come se questo battermi la testa con il palmo della mano potesse servire a qualcosa, ero entrato in uno stato di agitazione dal quale non riuscivo più a liberarmi, ho già usato tutti i trucchi possibili, pensavo, andare su e giù, alla finestra e via, al divano e via, andare alla porta e tornare indietro, fissare il pavimento, fare qualcosa con le mani, qualcosa con i piedi" (1995, pp. 132-133).

Per non subire interruzioni e per non essere raggiunto da persone indesiderate, Bernhard - lo si è menzionato - sceglie di non avere telefono.[x] E vediamo come egli trasformerà questo non-farsi-trovare in una vera e propria arte. Di questa maestria nello sviare gli altri al fine di non farsi pescare apprendiamo abbondantemente nel corso del diario, anche perché Hennetmair fa volentieri da complice nel proteggere Bernhard da giornalisti, studenti, donne interessate ma anche amici passati per una visita da Bernhard reputata inopportuna. Bernhard ricorre ad ogni sorta di stratagemma, dal nascondersi nel rifugio rappresentato da casa Hennetmair al fingersi malato, dalla fuga alla rimozione della macchina per fare credere che sia assente. Quando nessuna di queste strategie funziona, Bernhard è capace di coinvolgere gli ospiti sopravvenuti (in mocassini) in una passeggiata in salita nei boschi ad un ritmo talmente frenetico da seminarli o stroncarli (13/2).

D'altra parte, certe distrazioni sono anche volute, (le ricercate ablenkungen 19/8), per non soffocare nella concentrazione richiesta dalla stesura di un lavoro scientifico o poetico. La concentrazione sul cono è stata tale che per dormire Roithamer deve liberare la proprio mente da tutto ciò che è connesso al cono, ad esempio dalla parola statica, "che affiora di continuo durante la notte e mi rende impossibile anche solo pensare di addormentarmi, se mi addormento ho in testa la parola statica e in realtà non mi addormento, così da anni" (1995, p. 151).

Una tappa essenziale in questo senso è rappresentata dalla passeggiata quotidiana, due ore, talvolta di più, fra boschi e campi, a cui Bernhard, quasi sempre in compagnia di Hennetmair, non rinuncia mai, nemmeno con temporali e tempeste di neve (8/1). Si tratta di un altra abitudine che Bernhard ha sviluppato fin da piccolo insieme al nonno. Dall'andatura di Bernhard, Hennetmair è in grado di accorgersi quando questi, durante il cammino, 'pensa' al suo romanzo, e rispetta il suo bisogno di silenzio (29/1). Ricordiamo ancora una volta il ruolo salvifico assolto da Hennetmair/Moritz, capace di tirare lo scrittore fuori dalla prigionia che ha scelto volontariamente come sua condizione.

A causa di questa dialettica fra concentrazione e distrazione, lo scrittore finisce sempre sia per pensare al lavoro, sia a trascurarlo pensando a tutte le possibili distrazioni, talvolta al limite dell'assurdo. Riconsideriamo Das Kalkwerk: a mezzogiorno Konrad continua a domandarsi cosa avrebbe mangiato per cena, la sera cosa avrebbe mangiato a colazione, a colazione, cosa avrebbe mangiato a pranzo, e naturalmente il saggio ne risente terribilmente. Allora, proprio perché tali aspetti secondari gli paiono assurdi, Konrad cerca di tornare al saggio, "ritornare al saggio, al tavolino, alla ragione. Ma non appena era in cammino verso la ragione e quindi verso il saggio e il mucchio di carta che teneva sullo scrittoio pronto per scriverci sopra il saggio, già si domandava se non fosse giusto andare dal taglialegna a fare dunque una cosa irragionevole, piuttosto che ripetere per il centomillesimo tentativo a tavolino, questo dubbio si rafforzava nel momento in cui rimetteva piede nella fornace e s'ingigantiva man mano che Konrad si avvicinava al saggio e quando raggiungeva la sua camera aveva ormai perduto qualsiasi motivazione a mettere il saggio per iscritto" (1984, p. 202). E ancora: "Invece di pensare al saggio, alla cosa più importante, pensava a cose secondarie. Molte volte, mentre camminava in su e giù, all'improvviso gli veniva in mente di scendere da Höller e spaccar legna con lui, cammino in su e in giù [...] e penso che scenderò da Höller a spaccare legna con lui, un'ora intera sto a rimuginare l'idea di scendere a spaccare legna e non abbandono questo pensiero sino a quando non riconosco che è assurdo scendere a spaccar legna con Höller, eppure mentre cammino in su e giù in camera mia continuo sempre a cercare qualcosa che mi distolga dal saggio, mentre dovrei impegnarmi completamente e concentrarmi sul saggio e su nient'altro" (1984, p. 196).

D'altra parte, la fabbrica della scrittura non comporta affatto un processo di produzione lineare: l'opera teatrale Die Jagdgesellschaft è venuta in mente a Bernhard mentre questi abbatte la vecchia stecconata che circondava la casa "Hansbäum" (13/2). La struttura stessa di Korrektur - inizio, svolgimento, fine - gli è improvvisamente venuta in mente mentre camminava dal bagno alla cucina. Di più: proprio perché subisce cose spiacevoli e irritanti Bernhard scrive, proprio perché è di cattivo umore finisce per scrivere. Se tutto fosse piacevole probabilmente Bernhard non scriverebbe una riga.[xi]

In conclusione mettendo allo specchio vita e scrittura, vita pratica e vita intellettuale, il diario acquista un interesse raddoppiato, gettando luce su quella ricerca delle condizioni ideali per scrivere che è stata oggetto del presente contributo.

 

 

Riferimenti bibliografici

Bernhard, T., La fornace, Torino, Einaudi, 1984;

Bernhard, T., Il soccombente, Milano, Adelphi, 1985;

Bernhard, T., Cemento, Parma, Guanda, 1990;

Bernhard, T., Un incontro.Conversazioni con Krista Fleischmann, Milano, SE, 1993;

 Bernhard, T., Correzione, Torino, Einaudi, 1995;

 Hennettmair, K.I., Ein Jahr mit Thomas Bernhard, Residenz Salzburg, Verlag, 2001;

Meyerhofer, N., To laugh or not to laugh: humor in the world of Thomas Bernhard, in "Humor: International Journal of Humor Research", 1988, vol. 1-3, pp. 269-77.

 

 



[i] Hennetmair ha scritto il diario di nascosto, ossia senza che Bernhard ne fosse in alcun modo al corrente, poiché aveva la certezza che questi avrebbe di­sapprovato l'iniziativa.

[ii] I numeri fra parentesi riportati nel testo indicano rispettivamente il giorno ed il mese in cui l'episodio è descritto nel diario (l'anno è sempre il 1972).

[iii] Occorrono a questo punto due avvertenze cautelative. La prima è che questo mio contributo non intende dare risposte alla questione di come cogliere l'atto creativo, o di quali strategie si possano a tale fine mettere in atto, ma solo offrire, mediante Bernhard, una sorta di fenomenologia delle circostanze in cui si trova lo scrittore impegnato a creare. La seconda è che usando il termine "retroscena" non intendo in alcun modo suggerire una separazione essenzialista fra il Bernhard pubblico, così come appare attraverso i suoi personaggi, ed un Bernhard privato, nascosto dietro ad essi. Ho anzi accennato alla vicinanza fra autore e personaggi. Il termine retroscena rimanda invece ad uno slittamento del punto di vista dal contenuto di un lavoro letterario al contesto in cui è stato prodotto. Nel caso di Bernhard testo e contesto sono uno.

[iv] È peraltro Bernhard medesimo a teorizzare esplicitamente questa dialettica fra il tragico ed il comico, nel suo scritto Ist es eine tragödie? Ist es eine komödie?, in Prosa, Frankfurt a.M., Suhrkamp, 1967.

[v] La domanda ulteriore: ma perché Bernhard riesce ed i suoi personaggi falliscono?, non ha una risposta immediata. Intanto anche Bernhard ha avuto stagioni e fasi improduttive. E poi i personaggi di Bernhard, più che caricature di falliti, corrispondono a diversi lati dello stesso Bernhard, riflettendo dunque le sue ansie ed i suoi timori, al di là dell'apparente riuscita.

[vi] Le tre cascine non debbono far pensare che Bernhard fosse particolarmente ricco. Egli ammette a più riprese di riuscire a scrivere produttivamente solo sotto pressione, finanziaria e temporale (15/2). Per questo appena riceve denaro (per la vendita di un libro, un premio letterario o la produzione di una sua opera teatrale), lo investe in case e terreni. Fino a che non si rende conto di avere bisogno di denaro, non riesce a scrivere (bene). Deve, per così dire, porsi delle sfide finanziarie.

[vii] Questa insistenza sui luoghi non implica che la questione del tempo sia in Bernhard irrilevante. Lo è, sia per quanto riguardo la ricerca del momento opportuno per scrivere (ne abbiamo già accennato nel paragrafo intitolato Dell'inizio), sia per quanto riguarda il tempo interno alla sua scrittura, la sua peculiare ritmicità (Bernhard, come è noto, ha studiato a lungo sia musica che canto).

[viii] A differenza di quanto si è speculato in passato, la relazione fra Konrad e la moglie non riflette il rapporto di Bernhard con le donne. Benché la questione non sia in alcun modo oggetto di questo mio contributo, voglio sottolineare l'utilità del diario di Hennetmair sia per formare un giudizio più equilibrato sulla relazione fra Bernhard e l'universo femminile, sia perché, offrendo il ritratto di un Bernhard scrittore sì, ma anzitutto casalingo, consente di constatare il rovesciamento dei ruoli sessuali tradizionali.

[ix] Consegnati da Hennetmair o consultati in caffè, Bernhard i giornali li sfoglia quotidianamente, ed in misura enorme: almeno sette al giorno.

[x] Fin dal terzo giorno del diario (3/1) scopriamo il ruolo centrale svolto dalla posta nella vita di Bernhard, ricevuta quotidianamente. Il primo appuntamento con Hennetmair ha quasi sempre luogo fra le 7 e le 8 del mattino presso l'ufficio postale di Ohlsdorf (il paese adiacente al cascinale di Nathal). Intorno alla lettere scritte, ricevute, cestinate, commentate, si svolge buona parte dell'esistenza comunicativa di Bernhard.

[xi] Si consideri la seguente piccola lista di vicende irritanti di cui il diario offre un resoconto: il programma dei Festspiele di Salisburgo 1972 che riporta solo metà del titolo dell'opera Der wahnsinnige und der ignorant; un telegramma - lunghissimo - di protesta indirizzato al presidente dei Festspiele che l'addetto postale non vuole accogliere perché fuori misura (15/2); premi letterari talmente bassi (15/2) da indurre Bernhard a far donare il compenso ad ex detenuti (22/9); un episodio grottesco connesso al ritiro di un ulteriore premio letterario (durante la cerimonia di conferimento, un ministro austriaco accoglie in modo celebrativo tutti i nomi eccellenti dell'alta società presente all'occasione, ma non accoglie - né riconosce, anzi: neppure conosce - lui, Bernhard, il premiato! (23/1). Ancora: l'editore Suhrkamp che propone una seconda edizione di Frost con gli stessi errori di stampa da Bernhard più volte segnalati (27/9), o che è talmente contrario al titolo Verstörung (Perturbamento) da minacciare di non stampare il libro senza un titolo "più adeguato" (31/5); che invia copie di libri sbagliati rispetto a quelli richiesti (31/5), oppure due volte lo stesso testo (13/1).

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