18/1998 Emilio Mattioli
"A voler tentare una prima ricognizione [dellestetica di Baumgarten], ne emerge la fisionomia di una episteme che ha poco da fare con le poetiche (e che dunque non autorizza né per sinergia né per allergia la filosofia dellarte), rispondendo piuttosto a interrogativi praticati per lo più da altre discipline, siano la gnoseologia, la psicologia, la fenomenologia o la ontologia. Le questioni con cui si ha da fare, nella ricerca dellorizzonte in cui si iscrive Baumgarten, non sono allora: che cosa (o peggio come) è larte? bensì, di nuovo: che cosa cè? che cosa si produce quando si produce? cosa significa inventare? che cosa conoscono gli animali, e cosa luomo, nella sua preponderante veste di bête humaine? Il volto di una estetica, per nulla paradossalmente, si potrà ben riconoscere senza guardare a una sola opera darte e avendo di mira piuttosto una sfera che inerisce prioritariamente alla psicologia, alla percettologia e allontologia." Così Maurizio Ferraris in Estetica razionale.[1] Poiché questa visione dellestetica di Baumgarten, e anche dellestetica tout-court, ridotta a sola dottrina della conoscenza sensibile e depurata della filosofia dellarte, sta, per lo meno in Italia, rapidamente diffondendosi, è forse opportuno porsi queste due domande: 1) è questa davvero la concezione di Baumgarten? 2) quale senso ha loperazione riduzionistica? Il problema in relazione a Baumgarten è già stato studiato a fondo e credo perciò giusto rifarsi ai lavori esistenti. Hans Rudolf Schweizer, uno dei maggiori specialisti di Baumgarten parla di un "Doppelansatz [ ], der den erkenntniskritischen Geschichtpunkt mit dem poetisch-rhetorischen verbindet" ("un doppio approccio [ ], che lega il punto di vista della critica della conoscenza con quello poetico-retorico").[2] E, in altro luogo, sostiene che: "Die Verbindung dieser beide Aspekte: Ästhetik als Philosophie der sinnlichen Erkenntnis und als Philosophie der Kunst, ist für Baumgarten selbst noch kein Problem" ("Lunione di questi due aspetti: lestetica come filosofia della conoscenza sensibile e come filosofia dellarte non è ancora per Baumgarten stesso assolutamente un problema.").[3] È possibile verificare la tenuta di queste affermazioni esaminando sia le definizioni che dà Baumgarten di estetica sia pagine da lui dedicate a temi specificamente artistici. Partiamo dalle definizioni. Nelle Lezioni di Estetica di Baumgarten, "scritte probabilmente sotto dettatura del professore da un anonimo studente" (Amoroso), tradotte di recente in italiano da Salvatore Tedesco,[4] cè un passo molto importante che Schweizer ha utilizzato per spiegare come mai la definizione di estetica che compare nellAesthetica del 1750 sia accorciata rispetto a quella della Metaphysica. Dice infatti il § 533 di questultima opera: "Scientia sensitive cognoscendi et proponendi est Aesthetica (Logica facultatis cognoscitivae inferioris, Philosophia gratiarum et musarum, gnoseologia inferior, ars pulchre cogitandi, ars analogi rationis." ["La scienza della conoscenza e dellesposizione sensibile è lestetica (logica della facoltà di conoscenza inferiore, filosofia delle grazie e delle muse, gnoseologia inferiore, arte del bel pensare, arte dellanalogon della ragione)."]. NellAesthetica (§ 1) invece la definizione è formulata così: "Aesthetica (theoria artium liberalium, gnoseologia inferior, ars pulchre cogitandi, ars analogi rationis) est scientia cognitionis sensitivae." ["Lestetica (teoria delle arti liberali, gnoseologia inferiore, arte del bel pensare, arte dellanalogon della ragione) è la scienza della conoscenza sensibile."]. Scompare dunque proponendi. È un fatto di grande rilievo. Proponere indica il momento espositivo, comunicativo. Come sappiamo dalle Riflessioni sul testo poetico:[5] "la parte dellestetica concernente il proporre deve essere più vasta che in logica." (§ 117). Si tratta, dunque, come si diceva di unomissione importante. Come la giustifica Baumgarten? Leggiamo il passo delle Lezioni: "Si potrebbe chiedere perché non si sia scritto scientia de cognitione sensitiva et acquirenda et proponenda. Ma si conosce la regola di non introdurre nelle definizioni delle partizioni superflue. E poi sarebbe una definizione troppo riduttiva e si riferirebbe molto più specificamente alleloquenza, mentre la definizione deve riferirsi anche a musica e pittura.".[6] Lomissione, dunque, non nasce da un proposito riduttivo, anzi lestetica deve comprendere non solo le arti verbali, ma anche la musica e la pittura. È una conferma del doppio approccio che per altro risulta documentato in tutti i testi preparatori alla fondazione dellestetica raccolti da Schweizer. Passiamoli in rassegna. Lo confermano le varianti della definizione nelle diverse edizioni della Metaphysica, nella edizione del 1739 lestetica coincide con la retorica e la poetica: "Scientia sensitive cognoscendi et proponendi est Aesthetica, meditationis et orationis sensitivae vel minorem intendens perfectionem, Rhetorica, vel maiorem Poetica universalis." ("La scienza della conoscenza ed esposizione sensibile è lestetica, se ha per scopo la minor perfezione del pensiero e del discorso sensibile è la retorica, se ha per scopo la più grande perfezione è la poetica universale.") Questa formulazione si pone in connessione con le Riflessioni sul testo poetico dove al già citato § 117 è detto: "Avremmo allora come Retorica generale la scienza che tratti, delle rappresentazioni sensitive in genere, lesposizione imperfetta; e come Poetica generale la scienza che della rappresentazioni sensitive in genere tratti lesposizione perfetta." Nella seconda lettera filosofica lestetica viene suddivisa nelle arti che si occupano della conoscenza in se stessa e in quelle che si occupano principalmente della esposizione viva della conoscenza. Il "lebhafte Vortrag", lesposizione viva, corrisponde al "sensitive proponere" della Metaphysica. Nel § 147 della Philosophia generalis poi il doppio approccio è articolato così: lestetica è da una parte la filosofia organica che porta a perfezione la conoscenza sensibile, dallaltra è l"ars signandi et signis cognoscendi characteristica (Semiotica, Semiologia, Symbolica)", in sostanza lestetica della designazione, larte della designazione e della conoscenza attraverso i segni. Lambito dellestetica è qui portato alla sua ampiezza massima tanto da comprendere anche larte mantica in tutte le sue varietà possibili. Lintento di Baumgarten è quello di non lasciar sfuggire nessun aspetto della conoscenza sensibile: di particolare importanza per la nostra ricognizione è linclusione nellestetica della designazione o caratteristica dei temi della poetica e della retorica in una elencazione molto dettagliata. La rassegna delle definizioni è una prova documentata della costanza del doppio approccio, Baumgarten ha pensato lestetica come unione della dottrina della conoscenza sensibile e riflessione sulle arti. Che Baumgarten tratti di temi propri della filosofia dellarte a me sembra unovvietà, ma esemplifichiamo pure con il caso vistoso delle finzioni poetiche. Nel § 511 dellAesthetica è scritto che le finzioni eterocosmiche sono dette poetiche, perché il loro inventore crea, quasi fingendo, un nuovo mondo. Ora questa idea ha senso solo in riferimento allattività artistica ed è un allargamento notevolissimo dellambito della poesia, una legittimazione della fizionalità di grande importanza. Pranchère ha sottolineato bene la portata di questa affermazione: "Larte si definisce così come invenzione vera; essa descrive lirreale senza essere menzognera: la sua verità è eterocosmica. In tal modo si afferma una volta di più lautonomia della percezione sensibile, che è vera anche quando inventa il suo oggetto, e anche quando il suo oggetto è logicamente impossibile: Baumgarten riconosce nella sua Estetica il diritto del poeta di descrivere limpossibile, purché questo impossibile sembri vero, e dunque non impedisca la bellezza. La verità della percezione sensibile si deduce non dalla sua fedeltà al reale, ma dalla sua bellezza e non linverso."[7] Dice infatti Baumgarten al § 518 dellEstetica: "la finzione poetica che crea un nuovo mondo [ ] deve dunque possedere una fortissima verisimiglianza interna, e un singolare ordine delle parti bellamente congiunte, e unarmonia e una convenienza che colpiscano gli occhi con forte luce, ed una unità veramente notevole, e in genere una bellezza assolutamente singolare, se deve ottenere soddisfacente plauso."[8] E inoltre Baumgarten è arrivato a cogliere lindividualità dellarte. Con le parole di Pranchère: "La verità estetica è sempre singola (larte non enuncia mai delle proposizioni generali, presenta degli esempi; non espone argomentazioni logiche, descrive dei casi particolari). Noi afferriamo in tal modo, definitivamente, qual è il valore cognitivo della bellezza: la bellezza è la perfezione della conoscenza sensibile delle nature singole; detto altrimenti la bellezza è la scienza dellindividuale."[9] Il riscontro è con il § 564 dellEstetica là dove è detto: "Ma lorizzonte estetico deve principalmente la sua ricchezza agli oggetti singolari, individuali e molto determinati, che danno alla verità esteticologica la più grande perfezione possibile." (traduzione nostra). Lesemplificazione, comunque, non deve essere isolata, non si tratta di andare alla ricerca di precorrimenti della filosofia dellarte succesiva, anzi anche questa esemplificazione minima si comprende pienamente solo nella prospettiva continuistica che vede lestetica legata alla tradizione retorica, non dissociata ovviamente dal pensiero filosofico leibniziano-wolffiano. Il commento di Salvatore Tedesco alla sua traduzione delle Lezioni di estetica è la prova più argomentata e documentata di questa prospettiva che oggi ci sia. Su questa base "lalternativa che secondo Kobau si apre ai fondatori dellestetica [ ] fra una metodizzazione della retorica e delle poetiche classiche (a cui solo più tardi potrà appoggiarsi la sussunzione delle arti liberali e delle scienze belle sotto un concetto unitario di arte) e una derivazione il più possibile intrafilosofica dellestetica intesa come ramo della gnoseologia [ ] primi esponenti di queste due vie: Baumgarten e Meier per la seconda, Gottsched, e Bodmer e Breitinger per la prima" non si pone.[10] In Baumgarten sono indubbiamente presenti entrambe le componenti, il Doppelansatz appunto. Lestetica di Baumgarten, dunque, è sia nelle definizioni che il suo fondatore ne ha dato sia nei suoi sviluppi concreti dottrina della conoscenza sensibile e filosofia dellarte, in questo sta la sua forza e la sua attualità. Di questa attualità indicherò cursoriamente alcuni punti: 1) Lampiezza dellorizzonte estetico baumgarteniano. Nellestetica di Baumgarten, secondo un altro specialista di questi studi, Heinz Paetzold [11] si legano insieme la tradizione retorico-poetica ("Rhetorisch-poetische Tradition"), il nuovo approccio alla capacità conoscitiva della sensibilità ("Der Neuansatz: Erkenntniskrafte der Sinne"), le tre correnti tradizionali: bellezza, sensibilità, teoria dellarte ("Die drei Traditionsströme: Schönheit, Sinnlickeit, Kunsttheorie"), le categorie fondamentali dellestetica: ubertas, magnitudo, veritas, lux, persuasio. Lestetica deve mantenere questa ampiezza, la riduzione ad una sola dimensione è non solo arbitraria, ma dissolutrice della disciplina. Ricordo la conclusione dello studio di Pranchère: "il compito dellestetica non è quello di dire meglio dellarte il contenuto dellarte. Solo larte può produrre la verità singola che è la sua. Il significato della bellezza artistica non è parafrasabile; la verità dellarte è immanente dellarte e non può essere esposta altrimenti che in se stessa. Baumgarten evita così una doppia riduzione: quella della bellezza a una forma senza contenuto; quella dellarte allenunciazione di un messaggio riformulabile. I suoi successori non eviteranno sempre queste riduzioni [ ]. Il merito dellestetica di Baumgarten è di avere, pur considerando larte un luogo di verità (e non un semplice ornamento), affermato la sua irriducibilità. Il fatto è che lidea che il bello manifesta non è universale, ma singola, di modo che larte deve essere compresa come la presentazione di una verità che non si lascia tradurre in un discorso esterno o superiore alla verità. In tal modo Baumgarten ha formulato lesigenza fondamentale di ogni estetica: ha definito i limiti del genere."[12] 2) La dimensione fenomenologica dellestetica baumgarteniana che Cassirer ha messo efficacemente in luce "Essa (larte) non vuole superare il fenomeno, ma rimane nel fenomeno stesso; non vuole risalire alle sue cause, ma afferrarne il semplice che cosa e presentarcelo nel suo proprio essere e nel suo essere così."[13] è in singolare sintonia con tendenze attuali dellestetica; Paetzold, nella Einleitung appena citata,[14] ha richiamato lestesiologia di Plessner, ma soprattutto Merleau-Ponty. Altrettanto evidente il rapporto con la neofenomenologia critica italiana; il § 560 dellEstetica con il suo famoso interrogativo retorico: "Quid enim est abstractio si iactura non est?" (Che cosa è lastrazione, se non è perdita?) può esser preso come divisa di questa tendenza estetica, costantemente rivolta alla concretezza dellopera darte e polemica verso i sistemi astratti. 3) Lo stretto rapporto dellestetica baumgarteniana con la retorica e la poetica classiche oggi, dopo la rivalutazione di questa straordinaria eredità culturale, risulta non un limite, ma una ricchezza. Mi permetto di rinviare per alcune SOMMARIe indicazioni al mio contributo: La storia dellestetica antica dopo la rivalutazione della retorica pubblicato in un preprint del 1989 che raccoglie gli Atti di un seminario su Antico e Moderno. LEstetica e la sua Storia, promosso dal Centro Internazionale studi di estetica di Palermo nel 1988, ma ci tengo a sottolineare che questo nodo problematico della storia dellestetica si va sempre più chiarendo attraverso il lavoro tuttora in corso di Salvatore Tedesco del quale oltre alla già citata edizione italiana delle Lezioni di Estetica, bisogna ricordare almeno: Alla vigilia dellAesthetica Ingegno e immaginazione nella poetica critica dellIlluminismo tedesco, Palermo, 1997. La collaborazione di Salvatore Tedesco con Pietro Pimpinella, autorevolissimo studioso di Baumgarten, garantisce della attendibilità di questa linea di ricerca. Concludo infine con una domanda che va al di là di Baumgarten e accenno ad una risposta. Perché lestetica non dovrebbe occuparsi darte? Da una parte sembra che si dia per scontata la morte dellarte, dallaltra che larte per la sua indefinibilità non sia considerata degna di attenzione filosofica, larte non è un oggetto epistemico, si afferma. Probabilmente i due motivi si legano: si pensa che larte sia morta, mentre, più probabilmente, ancora una volta si trasforma e proprio questa sua tendenza a trasformarsi continuamente la rende indefinibile. Personalmente non capisco il senso di una estetica che non si occupi darte. Note: [1] Milano 1997, pp. 69-70. [5] A.G. Baumgarten, Riflessioni
sul testo poetico, ed. it. a cura di F. Piselli,
Palermo, Aesthetica ed., 1985. [8] A.G. Baumgarten, Estetica,
ed. it. a cura di F. Piselli, Milano, Vita e Pensiero,
1992, p. 220. |
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