14/1996
Studi di Estetica
III serie
anno XXIV, fasc. II

Emilio Mattioli
Per una critica della traduzione*

 

   

Fra i compiti attuali della traduttologia si impone con particolare urgenza quello di delineare e sviluppare una critica specifica della traduzione. Ricuperata ormai nella sua pienezza l'importanza della traduzione e sottrattala alla condizione di inferiorità, di subordinazione al testo originale, riconosciuta alla traduzione la dignità di testo autonomo con sue caratteristiche specifiche, è particolarmente importante proporsi il problema della critica delle traduzioni, considerandolo come uno dei generi della critica. Se si riconosce alla traduzione una specificità è ovvio che le compete una critica specifica. A me sembra che nello sviluppo straordinario della traduttologia cui stiamo assistendo questo aspetto particolare sia uno dei più ricchi di futuro e dei più qualificanti.

Prenderò come punto di riferimento l'opera postuma di A. Berman, Pour une critique des traductions: John Donne, uscita nel 1995 che è, in certo modo, il testamento di uno studioso che ha contribuito in maniera radicale al rinnovamento degli studi traduttologici e a porre la traduzione al centro del dibattito culturale contemporaneo, nella sua complessità e nella pluralità delle sue implicazioni. Basti ricordare L'épreuve de l'étranger, il grande saggio sulla cultura e la traduzione nella Germania romantica del 1984 e La traduction et la lettre ou l'auberge du lointain nell'opera collettiva Les tours de Babel del 1985 (di questi testi ho promosso traduzioni parziali su "Testo a fronte": precisamente nel n. 4 del 1991 è comparso il capitolo XI di L'épreuve nella traduzione di Fabio Scotto sotto il titolo Hölderlin: il nazionale e lo straniero e, nel n. 11 del 1994, la prima parte di La traduction et la lettre con il titolo La traduzione e la lettera o L'auberge du lointain a cura di Augusto Debove).

L'assunto di Berman è che esiste da poco una critica della traduzione, se critica significa fondamentalmente dégagement de la verité d'une traduction: certamente dall'epoca classica in Francia esistono recensioni critiche di traduzioni in cui critica significa giudizio o valutazione, ma se critica - dice Berman - significa analisi rigorosa di una traduzione, e dei suoi tratti fondamentali, del progetto che le ha dato nascita, dell'orizzonte in cui è sorta, della posizione del traduttore, questa critica ha appena cominciato ad esistere.

Cerchiamo dunque di seguire il progetto di Berman nei suoi momenti fondamentali.

La critica di una traduzione è, secondo Berman, quella di un testo che, esso stesso, risulta da un lavoro d'ordine critico, questo ovviamente, perché il traduttore agisce da critico a tutti i livelli.

Se noi riteniamo che la critica letteraria sia essenziale alla vita delle opere noi dobbiamo considerare che lo è altrettanto la critica delle traduzioni e dunque dare a questa parte della critica tutta la serietà che si accorda a quella relativa alle opere.

Per Berman molte analisi della traduzione mancano di una forma e di una metodologia proprie; fanno eccezione le analisi impegnate di Henri Meschonnic e quelle dei traduttologi legati alla scuola funzionalista di Tel-Aviv. Le analisi di Meschonnic sono fondate su una teoria esplicita del tradurre e giudicano le traduzioni a partire da questa idea, le analisi che ne nascono hanno una forza demolitrice straordinaria e la loro funzione è innegabile, la poetica della traduzione che ne è alla base è fondamentalmente costruita sull'idea che la traduzione è un lavoro sulla catena dei significanti. Il limite che Berman trova in questo tipo di critica sta nella sua applicazione un poco troppo meccanica. Anche nelle analisi descrittive di orientamento sociocritico Berman trova una certa meccanicità; rivolte alla lingua d'arrivo e non a quella di partenza, esse hanno una funzione giustificazionista, rinunciano al giudizio critico e accettano come traduzione tutto quello che viene definito come tale.

Berman cerca una posizione intermedia fra quella troppo militante di Meschonnic e quella troppo funzionalista di Toury e Brisset e si propone di costruire una scienza della traduzione che abbia una specificità propria, non subordinata al sapere positivista e scientista.

 

 

Delineazione di un metodo

 

Il momento iniziale è di sospensione del giudizio critico: si incomincia da una lettura e rilettura della traduzione, lasciando totalmente da parte l'originale. Questa lettura ha la funzione di stabilire se il testo tiene. Quindi la lettura dell'originale si trasforma da lettura corsiva in pre-analisi testuale. Qui la critica rifà il medesimo lavoro di lettura che il traduttore ha fatto o è ritenuto aver fatto, prima e durante la traduzione. Berman sottolinea che la dialettica del necessario e dell'aleatorio all'interno dell'opera da tradurre è determinante per la critica e il traduttore; richiamandosi a Genette, l'autore sottolinea che l'idea dell'intangibilità del poetico è un'idea moderna che bisognerebbe un poco rovesciare. La coesistenza di elementi intangibili e di elementi tangibili nell'opera ha un'immensa importanza per il traduttore, perché definisce lo spazio delle sue possibili libertà.

Prima, dunque, della concreta analisi testuale bisogna effettuare:

- una preanalisi testuale che seleziona un certo numero di tratti stilistici fondamentali dell'originale

- una interpretazione dell'opera che permetta una selezione dei suoi passi significativi.

Non siamo però ancora pronti al confronto; per comprendere la logica del testo tradotto noi siamo rinviati al lavoro traduttivo stesso e, attraverso di esso, al traduttore. Occorre perciò acquisire una certa serie di informazioni sul traduttore e, soprattutto, arrivare a conoscere la sua posizione traduttiva. La posizione traduttiva è per Berman il compromesso fra il modo in cui il traduttore percepisce in quanto soggetto preso dalla pulsione a tradurre il compito della traduzione e il modo in cui interiorizza il discorso ambientale sul tradurre (le norme). Il progetto di traduzione è necessario per la riuscita di qualunque traduzione, ma non si tratta di un progetto teorico o di uno schema a priori: la verità del progetto non ci è accessibile che a partire dalla traduzione stessa. Progetto traduttivo e progetto di traduzione sono presi a loro volta in un orizzonte.

Il concetto di orizzonte traduttivo è ovviamente mutuato dall'ermeneutica moderna; la nozione di orizzonte ha una duplice natura, da una parte designa ciò a partire da cui l'agire del traduttore ha un senso e può dispiegarsi, contrassegna lo spazio aperto dell'agire, dall'altra designa ciò che chiude il traduttore in una cerchia di possibilità limitate.

Tre sono dunque i momenti di questa terza tappa: lo studio della posizione traduttiva, lo studio del progetto di traduzione, lo studio dell'orizzonte traduttivo.

L'analisi della traduzione. La tappa decisiva e concreta della critica delle traduzioni è ovviamente il confronto fondato fra l'originale e la sua traduzione.

Le forme di analisi sono diverse secondo che si tratti della traduzione di una poesia, di un racconto, della traduzione di un insieme (raccolta di poesie, etc.) o di una intera opera di traduttore. Particolarmente bisogna tener conto di altre traduzioni della stessa opera. In questo senso possiamo dire che la maggior parte delle traduzioni sono ritraduzioni. Ed è nelle ritraduzioni successive o simultanee che si gioca la traduzione.

L'orizzonte di una traduzione francese è triplice:

- le traduzioni anteriori in francese,

- le altre traduzioni francesi contemporanee,

- le traduzioni straniere.

Questo vale, ovviamente, per la ritraduzione in qualsiasi lingua.

Il confronto. Il confronto si opera in quattro modi: in primo luogo c'è un confronto di elementi e passaggi selezionati nell'originale con la resa degli elementi e passaggi corrispondenti nella traduzione; poi il confronto inverso di zone testuali giudicate problematiche o, al contrario, compiute delle traduzioni con le zone testuali corrispondenti dell'originale.

In questi primi due casi per lo più c'è anche un confronto con altre traduzioni. Infine c'è il confronto della traduzione con il suo progetto.

È la finitudine del traduttore che spiega le discordanze in rapporto al progetto.

Lo stile del confronto. Nello stile del confronto entrano in gioco la riflessività, la digressività, la commentatività insieme alla soggettività dell'analista al quale spettano le scelte operative.

Il fondamento della valutazione. Il problema per Berman è quello di evitare di cadere nel dogmatismo o di privilegiare una certa concezione del tradurre, senza, per altro, rimanere neutri. Secondo Berman c'è un doppio criterio che lo consente e che riposa su un consenso di fondo molto diffuso. Questi criteri sono d'ordine etico e poetico.

La poeticità di una traduzione risiede nel fatto che il traduttore abbia realizzato un vero lavoro testuale, abbia fatto testo in corrispondenza più o meno stretta con l'originale. Che la traduzione debba far testo non pregiudica assolutamente né il modo né lo scopo della traduzione.

L'eticità risiede nel rispetto o piuttosto in un certo rispetto dell'originale, il rispetto dell'originale non comporta però l'annullamento del traduttore e l'attaccamento servile alla lettera. D'altra parte è fondamentale dichiarare le manipolazioni che si compiono, la non veridicità sta solo nel fatto che non vengano dichiarate. Eticità e poeticità garantiscono in un modo o nell'altro corrispondenza con l'originale e con la sua lingua. Fare opera in corrispondenza è il compito più alto del traduttore.

Le discussioni sul letteralismo o la libertà, la traduzione orientata verso la lingua di partenza o quella d'arrivo, sui "sourciers" e sui "ciblistes" etc. sono questioni secondarie.

Rimangono ancora due tappe: la ricezione della traduzione e la critica produttiva. La ricezione della traduzione non sempre è agevole, perché si recepisce l'opera straniera senza considerarla una traduzione e quindi mancano i materiali di studio, la critica produttiva, invece, ha la funzione di preparare nel modo più rigoroso possibile lo spazio di gioco della ritraduzione.

 

Questa in sintesi estrema la linea di sviluppo della prima parte di questo libro, che è sicuramente importante, perché rappresenta, da una parte, l'attenuazione di certe rigidità di altre opere di Berman: l'attacco esasperato alla traduzione traduttiva dell'Occidente per il suo etnocentrismo, la scelta esclusiva del letteralismo, etc., dall'altra, perché costituisce un apporto fondamentale alla costituzione di una critica delle traduzioni che è oggi una esigenza fortemente sentita. Se la traduzione è una specifica attività letteraria, le compete, come già si è accennato, una critica specifica. Indicazioni analoghe vengono anche da Friedmar Apel del quale ho curato la traduzione italiana di Literarische Übersetzung e del quale fra non molto, sempre per mia sollecitazione, uscirà in italiano l'opera maggiore: Sprachbewegung (segnalo in particolare il paragrafo: Critica della traduzione e problemi della ricezione del Manuale della traduzione letteraria - così si intitola in italiano Literarische Übersetzung). È singolare che i due autori (Apel e Berman) si siano ignorati a vicenda. Naturalmente sarà molto importante vedere quale sviluppo assumeranno in futuro le analisi critiche delle traduzioni e soprattutto se assumeranno il carattere di una attività specificamente caratterizzata.

I lavori sono in corso, ma ci sono già risultati concreti e compiuti. Vorrei fare un solo esempio: il libro di Michele Mari, Momenti della traduzione fra settecento e ottocento, uscito nel 1994 a Milano presso l'Istituto di propaganda libraria, è sicuramente un'opera matura in cui la critica della traduzione è svolta ad alto livello. Prendiamo il capitolo dedicato a Girolamo Pompei, traduttore di Plutarco; è uno studio che risponde a molte delle esigenze formulate da Berman: colloca la celebre traduzione nell'orizzonte traduttivo settecentesco, indaga la posizione e il progetto del traduttore, si occupa della ricezione della traduzione, l'analisi della traduzione è condotta in costante riferimento al proecsso traduttivo. Ovviamente Mari non aveva letto il saggio di Berman, uscito nel '95, quando conduceva le sue ricerche, ma che si possano individuare queste corrispondenze, per usare il vocabolo caro a Berman, è significativo del maturarsi di una critica della traduzione. Comunque l'uso di una metodologia appropriata porta Mari ad una rivalutazione dell'opera di Pompei; il capitolo si conclude infatti così: "Credo che il pregio principale della versione pompeiana consista proprio in questa unità di tono, che non è, come hanno giudicato alcuni, 'monotonia', ma il segno di un coerente entusiasmo del traduttore nei confronti dell'originale, e al tempo stesso il riflesso di una personalità letteraria meno inerte di quanto si possa pensare. La grande fortuna della versione ne è la prova migliore".

Ho esemplificato la critica della traduzione in riferimento ad un personaggio settecentesco, ad un autore del passato dunque. La critica della traduzione non è assolutamente destinata solo all'attualità, anche le traduzioni del passato chiedono una analisi critica specifica che le valuti come testo e come opera.

 



* A proposito del volume di Antoine Berman, Pour une critique des traductions: John Donne, Paris, Gallimard, 1995.

 

 

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