11-12/1995 Baldine
Saint Girons
Fiat lux rappresenta il tentativo più ambizioso e più complesso di
riqualificazione della categoria del sublime compiuto in tempi
recenti: il proposito è quello di fondare una vera e propria
filosofia del sublime. Non si tratta, dunque, di una
ricostruzione della storia della categoria alla quale, per
altro, molti studiosi e in molti ambiti disciplinari diversi in
questi anni hanno lavorato (per rendersene conto basta scorrere Sublime
antico e moderno. Una bibliografia di G. Lombardo e
F. Finocchiaro, Aesthetica Preprint, Palermo, 1993 che copre gli
anni dal 1956 al 1990, in proseguimento del noto repertorio di
Demetrio St. Marin), ma di una autentica rifondazione in cui il
ricchissimo materiale storico è usato con una intenzionalità
filosofica ben precisa. Una parabola completa si è compiuta
dagli anni nei quali si parlava di eclisse del sublime, per
usare la espressione di Abbagnano, mentre sembra dimenticata la
condanna crociana tanto che nell'indice dei nomi del libro
della Saint Girons quello di Croce non compare! Fiat lux deve essere letto secondo la prospettiva particolare in cui è stato
costruito che è quella di un "metodo aporetico", perché
l'oggetto della ricerca è caratterizzato "dalla sua
evanescenza". La grande ricognizione che Baldine Saint Girons
compie è una ricerca sulle tracce del sublime che comporta
l'attraversamento di opere ed epoche lontane e diverse nonché
di ambiti ed arti diverse; il libro si configura quindi come una
grande esperienza del sublime. Da questo punto di vista che il sublime sia una categoria
universale o soltanto un'illusione dell'uomo che cerca di
trascendere i propri limiti, di andare oltre, ha poca
importanza, perché l'aspirazione al superamento del limite è
costitutiva delle esperienze umane più alte e in particolare
dell'arte. Voglio dire che questo itinerario va percorso anche
da chi nega l'idea del sublime, perché è, comunque, un
percorso significativo e motivato. Io cercherò di indicare il
metodo usato dalla studiosa e di segnalare alcuni esiti
importanti. "Elaborare una filosofia del sublime - afferma la Saint
Girons - è costruire la definizione di un oggetto evanescente
e ribelle ad ogni canone". "Il sublime costituisce una forma
a priori di
coscienza, in cui il soggetto e l'altro, il di dentro e il di
fuori, il finito e l'infinito, il sensibile e l'intellegibile
scambiano le loro posizioni e si generano reciprocamente".
"La difficoltà principale di una filosofia del sublime
dipende così dalla causalità
circolare che mette in opera". Di qui la necessità
di distinguere tre elementi che tendono a confondersi: "le
qualità proprie alla realtà che sorge, la natura e il grado
d'implicazione del soggetto nell'esperienza in corso, i
principi e le cause che sembrano motivarne lo svolgimento."
Per operare queste distinzioni il metodo adottato è quello
della analisi dei rischi,
la filosofia del sublime si configura perciò come una tipologia
dei rischi. "La dinamica del sublime si sviluppa come un
combattimento condotto contro la paura e in una meditazione
sulle origini e le ragioni di uno spossessamento che è
importante non misconoscere". Poiché il sublime tende a
confondere le distinzioni abituali, "esso obbliga a ripensare
le relazioni del teorico e del pratico." E quindi i rischi
vengono suddivisi nelle due grandi sezioni del sublime teorico e
del sublime pratico. Così nella prima parte del libro: Il bello perduto e ritrovato - Sublime teorico sono
collocati: i rischi della
grandezza: vasto, infinito, colossale; i
rischi della bruttezza: di uno sradicamento dalla quiete del
bello; i rischi
dell'oscurità: vertigine, energia, contrasto; i
rischi della semplicità: l'enigma del Fiat; nella
seconda parte: L'io sospeso
- Sublime pratico sono collocati invece: i
rischi della testimonianza: entusiasmo, stupore, rispetto; i
rischi del potere: distruzione e fondazione; i rischi della
passione: conflitto e sublimazione; i
rischi della virtù: bisogna coltivare il sublime?
L'emblema sotto cui si colloca questa grandiosa ricerca del
sublime è il Fiat lux
di cui Baldine Saint Girons dà una interpretazione originale:
"Apri gli occhi! Che l'altro sia!" che significa
"l'affinità prima del pensiero con la visione, lo stupore
che esista dell'Altro verso il quale io
non sono che uno degli innumerevoli sguardi che si innalzano". Il sublime, quindi, come gloria del sensibile, "il sublime
è inseparabile dalla
rappresentazione del corpo, e del corpo esposto,
sofferente." Il sublime non è mai astrazione. Certamente
esistono altre ragioni per fare del Fiat
lux un emblema, "il sublime del Fiat
lux si è imposto a tre tradizioni nelle quali si è
elaborata la categoria: giudaica, greca e cristiana". E chi
legge lo Pseudo-Longino trova sicuramente la citazione del Fiat
lux la più folgorante fra le innumerevoli che
costituiscono il tessuto del Perì
hypsous. "L'enigma del sublime è che il miracolo
della nascita della luce possa proseguire nel racconto e nelle
immagini che ne consegnano l'avvenimento". La felicità euristica di questa impostazione risulta
concretamente dalle novità che emergono nella trattazione di un
materiale certamente molto ricco, ma spesso anche ben noto,
sulla base della tipologia dei rischi (i punti di riferimento
obbligati restano Longino, Burke e Kant). Per una valutazione complessiva adeguata occorrerebbe
l'intervento di più specialisti che scrivessero una
recensione a più mani: qui basterà segnalare alcuni momenti
esemplari. L'indagine sul colossale "come momento intermediario fra
essere e non essere, come resto ambivalente e
monumentalizzato" nel capitolo sui rischi della grandezza; il
brutto individuato "come esperienza limite che sarebbe il
vissuto della morte"; le pagine straordinarie su l'oscurità,
il colore e il sublime; la connessione fra la semplicità del
sublime e certe tendenze dell'arte moderna: la
pittura-scrittura, l'arte non figurativa, il minimalismo,
l'arte della sensazione pura; le pagine su Michelangelo e
Montesquieu; le annotazioni sul sublime della rivoluzione
francese; l'individuazione di una poetica dell'eclisse a
proposito di Burke; l'interpretazione del logos longiniano
sviluppata sulla base di alcune suggestioni di Ernesto Grassi. Deve essere inoltre sottolineata la costante qualità della
scrittura, dimensione necessaria per una filosofia che si gioca
tutta sul rapporto fra sensibile e sovrasensibile e qualità
autenticamente longiniana: è un topos dei commentatori del Perì
hypsous osservare che l'autore è sublime, quando
parla di sublime. Come campione di questa scrittura e punto d'arrivo del
percorso può valere questa pagina tratta dalla conclusione:
"... il sublime sorge quando noi crediamo di accedere alla sorgente
trascendente del linguaggio. Un'anima artista ci
viene allora restituita, perché questo mondo d'apparenze o di
esistenze intermediarie sempre in via di costituzione, noi
l'accogliamo e noi lo prolunghiamo. Il proprio del sublime è allora di cortocircuitare
l'opposizione fra significante e significato, rappresentante e
rappresentato, espressione ed espresso, simbolizzante e
simbolizzato. Esso non appartiene veramente né all'universo
dei significanti che si organizzano al mio posto, né alla serie
delle immagini che mi hanno storicamente cattivato e
costituiscono il Me come fantasma. Esso si impone come sorgente
di ogni simbolo e di ogni immagine e implica dunque la
sospensione della legge come tale, ma, anche, l'assenza di
ricaduta in un mondo onirico strettamente privato. Il sublime si
situa al di là di questa opposizione, perché costituisce
l'irruzione di una causalità della quale io non sono padrone.
I segni originari non appartengono né alla realtà né
all'ordine simbolico. Sempre allo stato nascente, essi sono
indeducibili, come afferma Ernesto Grassi. " 'La parola
parla per se stessa' in una erranza permanente, in cui il
segreto, appena rivelato, si sottrae di nuovo. Troppo
utilizzata, l'immagine-segno perde il suo potere di
magnetizzazione; essa richiede il ritiro e l'oblio per
ritrovare la sua efficacia." È evidente l'affinità con la filosofia di Ernesto Grassi,
per altro qui e altrove esplicitamente citato;
significativamente nella collana La République des Lettres,
diretta da Alain Pons, in cui Fiat
lux è stato pubblicato, è apparsa anche la
traduzione francese de La
Metafora inaudita dello stesso Grassi. C'è dunque
una ascendenza heideggeriana filtrata attraverso
l'interpretazione originale di Grassi che, merita di esser
ricordato, aveva affrontato Das
Problem des Erhabenen già nel 1942, molto prima,
dunque, della moda attuale del sublime, in un contributo
comparso in Geistige Überlieferung.
Das zweite Jahrbuch. Sottolineo questa circostanza non per indicare un debito da parte di
Baldine Saint Girons, ma per rilevare come la lezione di Ernesto
Grassi, un filosofo di cui la cultura italiana sta scoprendo
piuttosto in ritardo l'importanza, sia stata intelligentemente
accolta e sia presente in un'opera che è la più complessa e
motivata rivendicazione dell'attualità filosofica del
sublime. Emilio Mattioli |
|