7/8/1993
Studi di Estetica
III serie
anno XXII, fasc. I

Emilio Mattioli
Presentazione

 

 

 I. "Dopo circa due secoli di relativo oblio, il concetto di mimesis è di nuovo al centro della riflessione teoretica occi-dentale", scrive Mihai Spariosu;[i] nella presentazione del volu-me di 464 pagine di Gunter Gebauer e Cristoph Wulf, intitola-to Mimesis Kultur-Kunst-Gesellschaft, del 1992,[ii] è detto:

 

Mimesis è un concetto chiave della discussione estetica, della scienza della letteratura e antropologica, che ha trovato accoglienza anche nelle scienze sociali. Nella comprensione tradizionale la spiegazione della mimesis viene ristretta ad adattamento e imitazione. La storia del concetto però mostra uno spettro più ricco che comprende insieme pensare e agire, teoria e prassi, sentimenti e riflessione. Questo è il risultato della presente ricostruzione storica del concetto di mimesis dagli inizi in Platone e Aristotele fino a Benjamin, Adorno e Derrida.

 

"Studi di estetica" interviene in questa discussione con le competenze che le sono proprie e con il metodo che la carat-terizza, considerando, quindi, la mimesis, principalmente, co-me istituzione letteraria e dando di istituzione quella interpre-tazione complessa che Luciano Anceschi ha sviluppato in Le istituzioni della poesia.[iii]

La ricerca sulla mimesis rientra per altro in un piano pro-grammatico il cui primo risultato sono stati due numeri della rivista dedicati alla Lettura, curati da Paolo Bagni: piano che prevede l'esplorazione di alcuni concetti chiave dell'estetica, particolarmente importanti per lo sviluppo attuale della disci-plina: il collegamento fra lettura e mimesis è addirittura espli-cito, non a caso abbiamo pubblicato in Lettura/2 che antologizza alcuni testi fondamentali su questo tema, una traduzio-ne del Perì mimeseos di Dionigi di Alicarnasso.

 

II. L'intenzione di non offrire risultati definitivi, ma di presentare una ricerca in corso, ci ha indotto a pubblicare un primo numero della rivista in cui compaiono soltanto testi stranieri in traduzione, già editi in lingua originale, mentre il secondo numero sarà costituito da testi specificamente scritti per l'occasione che trovano il loro presupposto nel primo numero.

I testi scelti per Mimesis ci paiono sufficientemente rappresentativi dell'autentico rovesciamento interpretativo che si è verificato a proposito della mimesis nella cultura contem-poranea, rovesciamento la cui origine prima sta nell'ambito della filologia classica, per altro spesso ignorata dai non spe-cialisti; per questo buona parte dei testi tradotti pertengono alla filologia classica.

Un neologismo recente come quello di intertestualità ha concettualmente più di una affinità con l'idea di mimesis: una riflessione su questo rapporto può dare consapevolezza e spes-sore ad una discussione che in alcuni casi sembra bruciarsi tutta nell'attualità.

Bisogna avere la pazienza di abituarsi a usare i concetti con la tradizione storica che li accompagna, sia pure criticamente assunta; nell'ambito dei nostri studi si tratta di una ricchezza, non di una zavorra.

 

III. Cercherò dunque di indicare il filo che lega tutti i testi qui proposti. Complessivamente si potrebbe dire che si tratta di un'operazione di restauro: si tratta infatti di togliere il significato riduttivo che la traduzione di mimesis con imita-zione, mediata attraverso il latino imitatio, ha assegnato alla parola greca. Abituati a considerare l'imitazione come copia servile e influenzati dal discredito che il romanticismo aveva gettato sull'idea, ci si era dimenticati della pluralità di signi-ficati del termine originario, con gravi conseguenze anche per l'interpretazione della letteratura antica.

Die mimesis in der Antike di H. Koller del 1954, da cui ab-biamo antologizzato alcune pagine, ha un'importanza fonda-mentale, anche se la tesi secondo la quale il centro significati-vo di mimesis risiede nella danza non è comunemente accet-tata, ma rimane acquisito da questa ricerca che mimesis non coincide con imitazione e che una idea passiva della mimesis è totalmente sbagliata. Dopo Koller non è stata più possibile l'interpretazione tradizionale del concetto. La filologia aveva per altro già prima di Koller lavorato in questa direzione: Norden,[iv] Stemplinger,[v] Peter,[vi] e Kroll,[vii] per citare alcuni studiosi illustri, avevano già dato apporti significativi e raccolto materiali preziosi, ma Koller centra il suo libro sulla mimesis e dà quindi alla nozione tutto il rilievo che merita per la comprensione dell'estetica e della letteratura antiche.

Bompaire dà una grande lezione di metodo con il suo Lucien écrivain. Imitation et création del 1958, mostrando i fraintendimenti cui può dar luogo l'applicazione ad uno scrit-tore antico di categorie moderne; per questo, prima di affron-tare lo studio di Luciano, ricostruisce la dottrina della mimesis. Dal testo di Bompaire abbiamo tradotto il secondo capitolo, Filosofia e mimesis, in cui vengono identificate e classificate quattro diverse accezioni di mimesis: 1) mimesis in senso ge-nerale, come riproduzione dei caratteri di qualcuno o di qual-cosa; 2) in senso filosofico: quando chi imita la realtà è uno scrittore; 3) mimesis retorica e letteraria, quando oggetto di imitazione da parte di uno scrittore è la "cosa letteraria", e infine 4) c'è un tipo di mimesis costituito dalle reazioni del pubblico di fronte all'opera letteraria, che è poi il problema sviluppato dall'estetica della ricezione.

Come si vede l'idea corrente di imitazione è soltanto una delle accezioni possibili della mimesis: la mimesis retorica nella sua interpretazione più banale.

Interpretatio, imitatio, aemulatio di Arno Reiff del 1959, sottotitolo: Begriff und Vorstellung literarischer Abhängigkeit bei den Römern (Concetto e idea di dipendenza letteraria presso i romani), di cui traduciamo la conclusione, tratta "dei termini di cui i romani si servono per qualificare i diversi gradi della loro dipendenza letteraria" (Thill). L'importanza di questa impostazione del problema è comunemente ricono-sciuta, conoscere questa terminologia non è una curiosità filologica, ma un'esigenza essenziale per chi si pone il problema del rapporto fra la cultura greca e quella romana. André Thill, che in Alter ab illo[viii] ha accuratamente esaminato questo studio, mette convincentemente in dubbio, come altri studiosi, che sia esistito presso i romani un rigido schema tripartito in cui, al livello più basso, si situava la interpretatio (traduzione), a quello intermedio l'imitatio (imitazione, ma non copia, con ripresa di elementi formali e contenutistici e una parte di originalità), a quello più alto l'aemulatio (creazione indipendente e romana che si afferma di fronte all'exemplum Graecum con il quale l'autore ha voluto rivaleg-giare); questa tripartizione, ha osservato Fuhrman, si fonda sulla distinzione di Kant fra "nachmachen", "nachahmen" e "nachfolgen". Thill suggerisce un diverso tipo di rapporto fra questi termini: l'interpretatio è uno dei mezzi dell'imitatio, mentre l'imitatio è al servizio dell'aemulatio (Virgilio imita Omero per emularlo).

Comunque resta accertato che lo sforzo terminologico compiuto dai romani, pur essendo impensabile senza la dottrina greca della mimesis, se ne differenzia, perché risponde ad una situazione storica diversa - i greci non avevano di fronte la cultura di un altro popolo con cui misurarsi - e resta anche accertato che l'imitatio a Roma non è concepita come copia servile.

Die klassizistische Theorie der Mimesis di Hellmut Flashar del 1979, che presentiamo tradotto integralmente, è una messa a punto molto precisa non solo della teoria classicistica della mimesis, ma della teoria antica in generale. Acquisito che mimeisthai e mimesis significano "presentazione su di un altro piano", che ora assume il carattere di imitazione, ora di rappresentazione, Flashar traccia una penetrante storia della nozione di cui il capitolo più interessante è costituito dal riaffiorare in epoca classicistica della idea classica della mimesis accanto a quella più banale di imitatio retorica dei modelli di stile, la cui manifestazione più originale si trova nello Pseudo-Longino.

Se il saggio di Flashar rappresenta un punto d'arrivo della ricerca filologica attorno alla mimesis, l'introduzione di Mihai Spariosu a Mimesis in Contemporary Theory: An Inter-disciplinary Approach del 1984, primo volume della collana Cultura ludens: Imitation and Play in Western Culture, rilegge la storia del concetto in funzione del dibattito contemporaneo in cui la mimesis compare in cinque ambiti: 1) onto-epistemo-logico, 2) bio-antropologico, 3) psicologico, 4) linguistico, 5) letterario. Il presupposto di questo discorso sta nel ricupero delle due dimensioni fondamentali della mimesis: la mimesis "come movimento non imitativo, estatico e 'dionisiaco' del-l'essere" e "la mimesis platonica imitativa, imperfetta, pallida immagine di un essere non più accessibile o accuratamente rappresentabile".

La mimesis non imitativa riassume nel pensiero contem-poraneo una importanza straordinaria:

 

... la mimesis spontanea, quella che i "padri" della filosofia avevano soppresso con l'accusa di essere una forma di cattiva imitazione, e cattivo gioco, è di nuovo privilegiata rispetto alla mimesis imitativa. Mentre in Platone e in Aristotele il gioco si trasforma in imitazione, in pensatori contemporanei quali Heidegger e Fink in Germania, e Bataille, Deleuze e Derrida in Francia, l'imitazione si fa gioco.

 

Si accetti o meno la impostazione di Spariosu, la sua intro-duzione è un punto di riferimento necessario per la sua attualità e per la sua interdisciplinarità.

Intertextualité et rhétorique des citations di Volker Kapp (1984) è un bell'esempio dei risultati teorici e storici cui può giungere la ricerca attraverso la ripresa del concetto di imi-tazione nella forma della intertestualità, nel caso specifico "l'evoluzione della concezione umanistica dell'intertestualità provocò, nel diciassettesimo secolo, un dibattito sulla citazione di cui il pensiero simbolico fu la vittima".

L'ultimo testo che proponiamo, Sulla storia della mimesis di Auerbach, è tratto dal volume recentissimo di Gebauer e Wulf che abbiamo citato all'inizio: è ovvio che nessuna ricerca sulla mimesis può esimersi dal far riferimento al capolavoro di Auerbach; i due autori lo pongono come punto di partenza della loro opera, sottoponendolo ad alcune obiezioni, la più rilevante delle quali è sui limiti della critica stilistica, esem-plificati con il caso di Omero la cui comprensione piena sa-rebbe possibile soltanto nell'ambito del passaggio dalla civiltà della cultura orale a quella della cultura scritta. Al di là dei possibili adattamenti agli sviluppi attuali della ricerca l'idea auerbachiana di mimesis conserva la sua validità; basta il sottotitolo, come è stato notato,[ix] Dargestellte Wirklichkeit in der abendländischer Literatur per far capire che il filologo pensava più alla rappresentazione (Darstellen) che all'imi-tazione (Nachahmen).

 

IV. Questa raccolta di materiali per la storia di un concetto non è un'opzione neutra, le intenzioni da cui muove diverran-no esplicite, ci auguriamo, nei saggi che compariranno nei prossimi fascicoli, Ragioni della mimesis e Poetiche della mimesis, ma fin da ora ci pare di poter dire che il concetto di mimesis restaurato è uno strumento prezioso per quella riorganizzazione dei saperi che risponde alle esigenze più profonde della cultura attuale. Nell'ambito che più strettamente ci riguarda la mimesis si pone al centro di una riscrittura della storia dell'estetica antica, deve esser necessariamente ripensata nella teoria della letteratura, si configura come una istituzione di molte poetiche, può costituire il presupposto per studiare la traduzione nel suo rapporto con la tradizione, è, sia pure parzialmente, immediatamente presente nell'idea di intertestualità...[x]

Devo da ultimo ricordare che questo lavoro è stato possi-bile per l'apporto intelligente di alcuni amici della scuola di Anceschi fra i quali sono da ricordare almeno Paolo Bagni, Fernando Bollino, Marco Macciantelli; per quel che mi riguar-da questo lavoro è la continuazione di quello intrapreso sotto la guida di Luciano Anceschi, quando curai insieme a lui nel 1965 un numero de "il Verri" dedicato a Classicità e con-temporaneità.

 

Emilio Mattioli



[i] Nella introduzione a Mimesis in Contemporary Theory di cui parliamo più avanti.

[ii] Rowohlts Enzyklopädie.

[iii] Milano, Bompiani, 1968.

[iv] Die antike Kunstprosa, 18981, 19153 (Roma, Salerno Ed., 1986, 2 v.).

[v] Das Plagiat in der griechischen Literatur, Leipzig-Berlin, 1912.

[vi] Wahreit und Kunst. Geschichtsschreibung und Plagiat im klassischen Altertum, Leipzig-Berlin, 1911.

[vii] Studien zum Verständns der Römischen Literatur, Stuttgart, 1924; in particolare il cap. VII, Originalität und Nachahmung.

[viii] Alter ab illo. Recherches sur l'imitation dans la poésie personnelle à l'époque augustéenne, Paris, 1979.

[ix]  Aurelio Roncaglia nella introduzione all'edizione italiana di Mimesis, Torino, Einaudi, 1956 sottolinea: Dargestellte Wirklichkeit e non Die Darstellung der Wirklichkeit: la realtà rappresentata piuttosto che la rappre-sentazione della realtà; per una interpretazione particolarmente importante del concetto di mimesis in Auerbach cfr. P. Bagni, Intorno a Mimesis, "il Verri", n. 10 (sesta serie), pp. 60-73.

[x] Un testo interessante per questo ordine di problemi è l'Introduzione di Raul Miguel Rosado Fernandes alla sua edizione portoghese del Perì mimeseos di Dionigi di Alicarnasso: Dionísio de Halicarnasso, Tratado de imitaçâo, Lisboa, 1986.

 

 

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