1/1973
Studi di Estetica
I serie
anno I

Luciano Anceschi
Per una risignificazione adeguata

 

 

 

Da tempo annunciato, superate non poche difficoltà di progetto e di organizzazione, Studi di Estetica si pubblica finalmente ora, gennaio 1976. Il proposito della pubblicazione nacque dapprima nella necessità di raccogliere e presentare in un libro annuale le attività scientifiche della Cattedra d'Estetica della Facoltà di Lettere e Filosofia della Università degli Studi di Bologna secondo un ordine di ricerche e di orientamento di metodo iniziato fin dal lontano 1953. Per altro, ora, il progetto si è allargato, e la pubblicazione si presenta come l'organo della Sezione di Estetica dell'Istituto bolognese di Filosofia. Ciò comporta qualche mutamento sostanziale? Sotto un certo profilo sembra proprio di no; ma va considerato il fatto che l'insegnamento dell'Estetica a Bologna si è esteso e articolato ora in quattro cattedre, di cui una alla Facoltà di Magistero (e una quinta si ha presso l'Accademia di Belle Arti); che esso collabora con diverse discipline affini, come Storia della Critica, Poetica e Retorica, Metodologia della Critica...; e che ciò ha arricchito e vivificato una problematica che, in ogni caso, non teme di esser arricchita e vivificata in una continua attenzione alle diversità più vivaci e imprevedute. Se cambiamento vi è stato, esso si è dato nello stato generale della cultura, come si vedrà, ed è cosa che non può esser ignorata. Intanto, per coordinare utilmente in modo fertile le varie attività e iniziative culturali e dottrinali del 1975 si è costituita la Sezione a cui si accennava.

In realtà, fino al momento in cui il progetto di Studi di Estetica venne precisandosi, le attività scientifiche della cattedra avevano potuto manifestarsi in modi dispersi con pubblicazioni di volumi presso vari editori (Mursia, Feltrinelli, Paravia, Patron ...) o con la collaborazione a riviste, tra cui la Rivista d'Estetica, Il verri, per breve tempo anche Aut-Aut, e altre. Quanto alle ricerche di gruppo, esse trovarono la possibilità di esprimersi in modi e luoghi ogni volta diversi secondo la varietà delle occasioni e delle sollecitazioni.

Così, ricordo, nel 1961, nel n. 6 del Verri, dedicato ad una "ricognizione circa l'idea di critica letteraria" e il suo stato; nel 1965, nel volume Arte, Critica, Filosofia, pubblicato presso l'editore Patron, di Bologna; ancora: nel 1967, nella larga presenza al convegno su Antonio Banfi e il pensiero Contemporaneo, tenuto a Reggio nell'Emilia; e nel 1969, con il convegno riminese sulle Istituzioni letterarie. Infine, basti appena ricordare, del 1971, le ricerche di estetica e di poetica teatrale, pubblicate a Bologna presso l'editore Calderini sotto il titolo di Idea del teatro e fine del naturalismo. Oltre a quello di Luciano Anceschi, i nomi che appaiono più spesso in queste raccolte sono quelli di Renato Barilli, Giovanni Battaglini, Diego Bertocchi, Fernando Bollino, Fausto Curi, Luigi Gozzi, Emilio Mattioli, Marina Mizzau, Lino Rossi, Ennio Scolari, Alessandro Serra, Cesare Sughi, Adriano Spatola, Paolo Velesio. Pressoché tutti questi nomi si ritroveranno con altri in Studi di Estetica che intende esser l'inizio di una attività coordinata secondo un orientamento che, crediamo, consente una partecipazione libera e attiva, responsabile e fertile di diversi collaboratori e di collaboratori diversi.

Le ricerche raccolte in questo volume si sono svolte negli anni intorno al 1973; solo lo studio Sulla Poetica e sul Metodo è di data posteriore. Il tentativo è quello di un chiarimento sistematico intorno ad una nozione molto frequentata nel discorso critico contemporaneo: la nozione di Poetica. Essa viene esaminata sotto diversi profili storici e teorici nel rilievo delle strutture e delle relazioni che la riguardano e la costituiscono in taluni aspetti influenti del mondo classico, del mondo medievale, e del mondo moderno. Proprio i rilievi sulla vasta problematica di una nozione così pregnante, anzi fondamentale al pensiero estetico (artistico e letterario) ci portano presto all'interno di questioni molto impegnative che toccano nel modo più profondo tutto il lavoro che intendiamo fare e il suo senso. I motivi della difficoltà della ricerca sono molti, intrecciati bene tra loro, e gravi: uno stato generale di disagio e di malessere nella e della cultura con incredibili, o troppo credibili, annunzi di Apocalissi si incontra con situazioni particolari proprie della cultura italiana, giunta a un suo stato di stanchezza e di fatica. Se guardiamo le cose dall'angolo che ci è strettamente familiare, veramente vi è più di un motivo per considerare che, caduta l'era autoritaria delle estetiche tradizionali, non si è determinato, come si sperava, un tempo di ricerche libere, aperte, e fertili, o lo si è determinato solo in partibus fidelium; comunque è sempre cosa difficile trovare uno spazio per questo tempo. In qualche modo, la forza degli eventi ha travolto le intenzioni della consapevolezza, spesso; e così una sollecitazione pesante, talora incongrua di esperienze molto traumatiche e violente nella loro inconsapevolezza ha sollecitato una volontà un poco esaltata, ancora, e come famelica di aggiornamento che ha portato in Italia molte proposte inattese, nuove indicazioni dottrinali, e non pochi miti astratti e idoli fantastici anche sotto la maschera della scienza. Verso queste proposte, indicazioni, miti e idoli vi è stata un'accettazione un poco indiscriminata, non trafilata, priva di quella problematicità che investe il tema liberandolo. L'innesto, anche se non privo di malessere, è stato certamente utile e fertile; ma appare veramente necessario che su questo materiale molto ricco, disordinato, e accolto come acriticamente si eserciti un esame resoluto che finalmente si escluda dalle non prevedibili (o troppo prevedibili) intenzioni della industria culturale e dei sussulti tellurici di una non controllata, anche violenta, anche astratta e parziale, irrazionalità non tradotta e non compresa. Così, in questo momento, se lo sforzo è sempre quello di tenere in ogni caso e in ogni modo la nostra informazione nel contatto più fermo e più stretto con gli altri paesi della cultura da cui è inseparabile e con cui vive e di cui partecipa, al centro della indagine sta la ricerca di un metodo, delle procedure convenienti, capaci di aiutare a chiarire la forza e l'ambito di validità delle nozioni che vogliamo gestire con sicurezza, e, al limite, senza riduzioni dogmatiche. Siamo lontani dalla presunzione di avere criteri fermi o assoluti per risolvere una situazione così intricata, oscura, che incombe vagamente minacciosa; ci basta pensare che alla sua soluzione giova anche l'esperienza particolare di chi la ha vissuta e la vive con partecipazione non interrotta. Infine, vi è buona ragione di supporre che lo stato delle cose quale ci appare attraverso gli studi di fenomenologia dell'arte si presenti in forme diverse in tutti i campi del conoscere, che investa tutto l'uomo che si trova a vivere oggi, e che il problema sia ora, e prima di tutto, quello di una risignificazione adeguata degli strumenti di cui ci serviamo per un intervento efficace e ragionevolmente articolato nella riscoperta continua e confortante del piacere del conoscere.

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