1/1973
Studi di Estetica
I serie
anno I

Luciano Anceschi
Della poetica, e del metodo

 

 

 

I. Preliminari A, B, C e situazione

1. Preliminari A. Il tema

L'analisi riguarda qui la nozione di poetica, il metodo che l'analisi ha richiesto per esser condotta, e, infine, i rilievi e i risultati eventuali dell'analisi secondo il metodo. I motivi che sollecitano l'analisi sono nello stato stesso delle cose, nel campo; e tale stato appare, a tutta prima, confuso, carico di tensioni non risolte, riluttante ai tentativi della organizzazione e della comprensione. Veramente il Territorio delle Poetiche figura ormai sterminato, accidentato, difficile da percorrere secondo i canali attraverso i qual; è stato percorso finora: e, infatti, il piano delle singolari legislazioni di poetica si rivela, nelle sue determinazioni particolari, ricchissimo, e le poetiche appaiono ovviamente in conflitto tra loro; ma in conflitto tra loro appaiono anche le interpretazioni generali e sistematiche dell'idea di poetica. Una ipotetica Mappa Semantica intesa a descrivere un territorio così fertile si mostra, a un primo incontro, come una sorta di Laborioso e Mai Finito Labirinto chiamato al limite a trasformarsi in una intricata Torre di Babele. L'esigenza di uno strumento per orientarsi, di un filo conduttore, infine, di una sorta di articolazione dei significati nel rilievo delle loro relazioni sorge da questa condizione; e appare tra l'altro consigliabile anche per restituire correttezza ad un parlare che rischia ormai di diventare un confuso chiacchierio. Le prove di questa difficoltà sono veramente moltissime con una folta raccolta di esempi. Per ora, l'esame di due diverse maniere di pronunciare la nozione e di servirsene basterà come spiraglio su un tratto almeno di un tracciato che, nelle sue interpretazioni lineari, ha perso razionalità e vigore semantico. Così, subito, si rileverà una prospettiva secondo la quale la nozione sembra in qualche modo costituire un nodo molto influente di ciò che si può indicare come scienza della letteratura, o più semplicemente, non certo con minore impegno, études líttéraires. Ma si troverà anche un'altra prospettiva che si riferisce ad una riflessione consapevole della poesia su se stessa, che è il momento del discorso del poeta sul proprio fare, o, infine, l'organizzazione della teoria interna della letteratura come tale. Due intenzioni: l'una per cui la nozione si dispone a pretendere per la propria interpretazione il rigore della scienza, l'altra invece, per cui essa pretende il rigore della letteratura. Lotman, per intenderci, o Paul Valéry. Il tema meriterà più innanzi una attenzione meno episodica ma già fin da ora si può osservare che le procedure nei due casi sono diversissime, i sistemi di organizzazione imparagonabili, le eventuali coincidenze casuali o dettate dall'indole stessa dei materiali adoperati. Per altro le due realtà sono indicate con lo stesso termine: si tratta, infine, di realtà tra loro eterogenee, collegate tra loro solo da qualche conformità degli oggetti esaminati, o tali, invece, da esser capaci di integrarsi in un orizzonte che le comprende e disposto ad organizzarle mettendole in relazione tra loro pur nel rispetto dei loro significati e del loro ambito di validità? Comunque sia, un esame dello stato del problema nel momento in cui conviene affrontarlo sembra di rigore nel rilievo delle interpretazioni più salde e più ferme. La nozione di poetica ... Mi riferisco alla cultura del nostro secolo; e, pertanto, al di là di certe a) voci dei lessici, che sia pure (è inevitabile) in modo approssimativo dichiarano taluni esiti euristici accolti nel discorso comune della società culturale, molto utili per introdurre l'indagine critica, si rileveranno: b) un uso che si dirà letterario, l'uso che appare nella riflessione dei poeti, degli scrittori, degli artisti, dei critici; c) un uso che si avverte come scientifico (strutturalismo, formalismo russo, semiotica ... ); e anche d) un uso filosofico, nei sistemi speculativi tradizionali, nella dottrina dell'idealismo, nel marxismo... E non vanno dimenticate talune connotazioni che affiorano nel rapporto, dopo Perelman. tra poetica e retorica, e anche taluni rilievi — anche talune negligenze — da parte delle scienze che ultimamente sono state dette umane... Un elenco come questo non esaurisce davvero le possibilità di una problematica molto variata, complessa, piena di relazioni inattese; esso tocca solo alcuni nodi che si direbbero fondamentali del discorso estetico (letterario e artistico) contemporaneo e tuttavia basta già a suggerire subito l'idea di un insieme di dogmatismi rigidi, di tensioni esclusive, di reciproci rifiuti fra condanne senza appello. I sistemi (di tutti i tipi) scadono presto in un non fertile smarrimento; problemi che nel contesto apparivano urgenti e improrogabili perdono ogni significato; altri, che non erano avvertiti, si ingigantiscono; e l'esito del dibattito sembra deciso piuttosto dalle scosse telluriche che dalla forza degli argomenti. Mentre l'esigenza della continuità della ricerca tra generazioni successive sembra disattesa, o, comunque, appare alterata. È vero: una cultura che si propone per se stessa come incomprensione e rifiuto non solo disegna i confini di una realtà dissestata e oscura; non solo decade presto dalle funzioni che le sono delegate, ma lascia anche presto lo spazio vuoto, e aperto alle dispersioni, alle sproporzioni, e, infine, alle disperazioni della conoscenza con affascinanti tentazioni di Apocalissi o abbandoni a nihilismi ingenui, tutti verbali, e lamentosi al limite del fatuo, tali da ignorare la forza di un nihilismo davvero radicale, la sua energia attivante. Dobbiamo ancora una volta ricominciare da capo; forse possiamo farlo. Un prudentissimo Cartesio avverte che ci sono particolari accorgimenti per chi voglia abbattere le rovine della vecchia casa cadente, o già caduta, quando si voglia "commencer à rebâtir le logis où on demeure".

2. Preliminari B. I Lessici.

Se si sollecita la parola, solo apparentemente inerte ed appagata dei lessici e dizionari, subito il problema incomincia a proporsi in alcune sue primarie ed elementari tensioni. Nelle voci sotto Poetica in opere come il dizionario di Oxford o l'Enciclopedia Nazionale o altri lessici in cui l'attenzione alle questioni teoriche non è trascurata, si troveranno alcuni avvii per fare i primi passi, e pericolosi, nel labirinto. Così nel Dizionario di Oxford si legge

That part of literary criticism which
treats of poetry; also, a treatise on
poetry; esp. that of Aristotle, 1727.

Quanto alla Enciclopedia Nazionale va considerato nel suo giusto significato il fatto che la voce Poetica non ha trattazione autonoma, anzi per essa si rinvia ad altre voci Critica, Estetica, Filologia, Retorica. La impostazione idealistica ha le sue conseguenze naturali; e la connotazione un poco disgustata delle poetiche come "etichette di ideologie letterarie" è tra queste; o la riduzione del concetto di poetica al discorso aristotelico; o la degradazione della poetica insieme alla retorica. Anche nelle Appendici c'è la voce (e come non dovrebbe?) Coppi (Fausto), ma non quella di Poetica. Una impostazione del tutto diversa si rileva nell'Enciclopedia Universale dell'arte che, nel volume X, uscito nel 1963, porta un'ampia trattazione teorica non senza cospicue prospettive storiche, che, avvertendo le lunghe ricerche sul concetto di poetica svoltesi in Italia dopo il 1936, dichiara l'uso nuovo della nozione che vede provenire dalla "critica letteraria" e che comporta l'idea di "principi appartenenti al programma... "; ed è cosa poi da sottolineare quanto basta che, nel suo Dizionario di filosofia [1961], per definire la nozione di poesia N. Abbagnano non formula nozioni puramente logiche, ma struttura il senso della nozione col recupero di diverse influenti maniere di intendere la poesia da parte di poeti contemporanei. Ormai, nei migliori dizionari non manca la voce poetica; e i ricuperi che abbiamo raccolto sono tutti posteriori al 1960. In questa prima ricognizione, alcune domande si pongono, alcune definizioni si danno, alcuni conflitti si esprimono. Una SOMMARIa Carta Elementare del Difficile Territorio comincia ad essere disegnata, ed essa mostra la confusa orografia e le diversità di livello dei diversi luoghi: trattatistica generale, e riflessione della poesia su se stessa, diversi piani in questa riflessione, anche degradazione e riconoscimento di autonomia... A questo punto, converrà muovere dal primo ed originario tipo di sistemazione della nozione: quella che si determina in forme diversissime nella riflessione dei poeti. Ma poiché continuiamo a servirci di definizioni, ecco qualche considerazione sull'uso che ne possiamo fare e sulle conseguenze di questo uso.

3. Preliminari C. Brevi considerazioni in vista del metodo.

La ricerca implica alcune operazioni preliminari per preparare il terreno ai rilievi che ci proponiamo di fare; qualche osservazione sulle definizioni, sulla domanda "che cosa è?" e sull'idea di sistema possono essere a questo punto convenienti.

Delle definizioni. L'analisi di una nozione (nel nostro caso, la nozione di poetica) non si risolve per se stessa in una definizione unilincare di tipo essenzialista (p.e., la poetica è...). La definizione sarà multilineare a vari piani, e consisterà nel rilievo di tutto il risultato della ricerca con tutte le relazioni che si sono esplicitate e in tutte le interne articolazioni secondo i movimenti della complessità mai esaurita della ricerca stessa; infine, sì presenterà come ipotetica, rivedibile, soggetta a variazioni, e non come necessaria, definitiva, non disposta a sopportare variazioni.

Della domanda "che cosa è?". Ancora a proposito della nozione di poetica, in che senso può essere utile la domanda che si esprime nella forma "che cosa è" (la poetica, p.e.)? Se si considera la instabilità semantica di ciò che si indica con il segno "è", e anche quella che si indica con "che cosa", si intende presto come si dispieghi una infinita serie di relazioni e di definizioni. Ognuna di queste relazioni e definizioni avrà probabilmente un suo senso; ma appare, in ogni caso, indiscreta la pretesa di coloro che vogliono definire una volta per sempre e apoditticamente una realtà tanto difficile, sfuggente, mobile. Le risposte possono tendere a fini e intenzioni diverse (p.e., prammatiche), e ovviamente in questo caso implicano una riduzione delle possibilità di conoscenza. Al limite, si può pensare, invece, ad un piano di integrazione, e comprensivo. Esso allargherà moltissimo le possibilità della. conoscenza.

Del sistema. Nietzsche diffidava dei sistematici; la volontà di sistema gli appariva, in un pensatore, una forma di immoralità specifica, qualche cosa che compromette. Temeva soprattutto quel sistematico che egli, egli stesso, avrebbe potuto essere; e, dice, incontrando i sistematici, era costretto a scansarli. I risultati della teoria dei sistemi gli han dato, alla fine, ragione. Non furono molti, Bergson e Husserl sfuggirono sul limite di guardia al pericolo; ma coloro che osarono costruire sistemi filosofici dopo Nietzsche lo fecero o, illudendosi, per una sorta di imitazione astratta, passiva, e mistificante dei grandi Modelli, considerati fuori sia dalla situazione in cui furono elaborati, sia da quella in cui furono imitati; o per spregio e strana ignoranza di considerazioni che andavano invece profondamente considerate; o per la perversa volontà di servirsi dei poteri che, in certe condizioni e situazioni, il sistema può dare. Cade l'idea di sistema come risposta organica totale? Certo, diviene difficile servirsene; e se essa si fa debole e poco utile, gioverà ormai quella di sistematicità (che implica connotati molto diversi).

II. Analisi A.

1. La poetica come riflessione interna della poesia.

Alcuni scrittori dedicano tutta una vita a parlare della poesia per dire continuamente che non se ne deve parlare; e talora, ascoltando sollecitatori così mansueti, fiduciosi e tenaci, si è come spinti ad assecondarli. Prego per altro appare chiaro che essi, essi stessi, risvegliano il discorso, e l'attenzione, sulla poesia; che sono attratti anche troppo da ciò che dicono di respingere; e che il loro scrivere è, o aspira ad essere, o si illude di essere un capitolo della condannata letteratura, una proposta di saggistica della mortificazione e del rifiuto. Essi ricadono, come pazienti e oggetti, tra le cartelle della diagnosi che stanno tentando, ed eventualmente, tra i rescritti della condanna che pronunciano; e, d'altra parte, si sa, sotto la figura da oratoria profetica di moralismi tanto ostinati, ossessivi, e anche così ambigui, si nascondono oscuri malesseri, traumi remotissimi, alcune molto deludenti esperienze private, taluni modi di malattie metafisiche, e anche i decreti di una piccola morale che esclude il vivente. E, dunque, se parlare della poesia è sempre cosa difficile, non parlarne sembra anche più difficile, e ci si riferisce qui alla poesia non già come realtà ontologica o forma dello spirito, ma — qui e per ora — solo come Grande Deposito di Vissute e Viventi Esperienze dell'Uomo. Su un genere così fatto di asserzioni, valutazioni, e denunce, quale ne sia il motivo originario e fondamentale, va sospeso il giudizio. Certamente, il malessere corre per le strade sporche e confuse della civiltà, come il segno di una situazione giunta all'estremo della insensatezza, della svalutazione, e come alla continua fatuità di se stessa, nelle generali difficoltà. Ci sono state di questa condizione descrizioni esemplari; ma nessuna Nostalgia di una Ritornante Ragione Oggettiva o Metafisica, nessun Recupero Pragmatico di un Teismo assurdamente Strumentale, e neppure i sussidi, per quanto attivanti, della Utopia riescono ad aiutarci, -giovano per comprendere; e naturalmente non giova neppure il mito, che può essere alla fine, per sue contorte vie, consolatorio, di una Inevitabile Apocalisse che, per un convergere di mali e di distruzioni, lentamente e insensibilmente matura le sue catastrofi. In realtà, se guardiamo a noi stessi, troviamo veramente tentazioni diverse e opposte, torturanti difficoltà di dialogo, e un turbato e allarmato senso precario del futuro. Certo facilissimo è abbandonarsi alle dolci e oscure fascinazioni del negativo, più difficile rifiutarle; anzi muovere da quel negativo per conoscere più a fondo. A questo punto, gioverà piuttosto la chiarezza - che non vuol dire necessariamente semplicità - di un metodo che, accertati e accettati i dissesti e i disastri, servi finalmente per orientarci nelle difficoltà, per ricominciare i movimenti di quel capire che è sempre meglio del piangere, per Mondare le modalità stesse costitutive di un possibile discorso. Abbiamo accennato varie volte al metodo, qui, e ne riparleremo. Intanto, va detto che lo riferiamo alla poesia come un estremo Hic Rhodus. Molti sostengono che la poesia sia tale da sfuggire ad ogni assalto metodologico; conosciamo le pretese di dominio che i poeti (con il diritto che nasce dalla competenza del fare) e i filosofi sistematici (con quello che nasce dal dominio del concetto) vantano per diversi motivi nella riflessione riguardante un campo molto accidentato ed impervio; infine, se il metodo con il suo antidogmatismo si istituisce come una critica dei criteri assoluti, l'affrontare direttamente un campo che per sua stessa costituzione vive in una sorta di fiducia nell'assoluto, appare una scommessa molto impegnativa nel suo gioco speculativo. Le difficoltà sono molte; e riuscire a proporre procedure di metodo capaci di affrontare liberamente la poesia nelle garanzie e nel rispetto del diritto dei poeti, dei filosofi ... sarebbe un acquisto molto importante; e come un primo, influente segno di recupero e di ripresa. L'idea di poetica come riflessione del poeta sul suo fare appare un primo momento per una ricerca che voglia essere organica. E, in realtà, sembra che qui si trovi lo starting-point di un processo di riflessione che procederà poi attraverso il lavoro dei critici scienziati e filosofi. Con qualche verità sottile di paradosso qualcuno ha detto che nel nostro secolo le idee della forma appaiono più affascinanti della forma delle idee; per altro, se è certo che nel Novecento tutti i poeti hanno proposto un proprio sistema della poesia, una poetica, tra tutti, Paul Valéry ha fatto un passo più avanti, ha tentato una teoria della poetica in generale, una sorta di Modello della Poetica überhaupt. Ma nessuno si meraviglierà se, nelle proposte di Valéry, alla fine, si ritroverà che un movimento di apertura nella aspirazione ad una teoria capace di giustificare la molteplicità delle determinazioni particolari alla fine si ripiega su se stesso, si riduce presto entro i termini di una teoria della singolare esperienza, del poeta. In questo senso, anzi, il gesto di Valéry appare esemplare.

2. Paul Valéry e l'idea di poetica.

Il potere del fare. Terriblement jaloux de ce qui est digne de moi: jamais de la chose, mais du pouvoir de la faire - et sourtout de ne pas la faire..., dice Valéry in un suo luogo; e certamente tra i molti motivi che risvegliano facilmente la pronta, pungente, e talora tremenda irritabilità dei poeti si avverte subito una gelosa insofferenza verso l'opera dei critici e dei filosofi che teorizzano della poesia. Da questo angolo, solo uno specifico fare sembra garantire un sicuro conoscere in un legittimo possedere; così i poeti respingono come una scorretta o indebita violenta invasione di campo l'intervento dottrinale di chi non è nella cosa e non conosce la cosa in quanto non la fa. Naturalmente ci sono, invece, molti modi di affrontare un terreno così delicato e, nello stesso tempo, così accidentato; la conoscenza si gioverà in ogni caso di una molteplicità di angoli di presa che sveleranno, ognuno per sé, aspetti propriamente trascurati o visti in scorci particolari volta a volta sempre fertili; e si pensi, qui, ai diritti del Lettore, del Conoscitore, e ... Ma la protesta dei poeti non è arbitraria, né fantastica e neppure implica una violenza verbale che nasconde una debolezza dell'argomentare: essa ha veramente un suo senso e un suo limite di legittimità ed, entro questo ambito, va considerata. In contesti diversi, si danno diverse emergenze logiche; nel caso, ogni tipo di superiorità dialettica perde rilevanza. In ogni modo, la riflessione dei poeti apparirà per solito originaria, diretta ed immediata, sulla cosa, nata anzi proprio mentre la cosa si vien come facendo. Ogni tentativo di svalutazione e di degradazione del discorso dei poeti e del loro modo di conoscere in nome di una vantata superiorità de jure di un diverso discorrere e conoscere (quel che diciamo Critica, per esempio, o Filosofia, o Scienza ...) appare riduttivo, incomprensivo, autoritario. In realtà, la riflessione dei poeti merita il riconoscimento pieno dei diritti della sua autonomia e, se è davvero il caso di usare una parola come questa, della sua " dignità ". Anzi di qui conviene forse prenda l'avvio ogni rigorosa ricerca, ogni concreta inquity che voglia trovare alla ricerca un inizio non arbitrario, non fantastico, proprio fondato sulla inquieta e variabile presenza della cosa nel suo movimento reale. Solo di qui sembra possa avere inizio il momento più intemo di una indagine per altro attenta, al limite, a tutte le relazioni. Quanto alle poetiche, originarietà, autonomia, diretto legame con la cosa e fondamento reale...; sarà opportuno, a questo punto, parlare, per la poesia, di potere del creare, di creazione?... Nozioni come queste implicano già una interpretazione, e un tipo di interpretazione, poi, e di significazione che appare legato a presupposti teorici e a situazioni storiche, che, in questo momento della ricerca, possono apparire impropri, imbarazzanti, da verificare. Limitiamoci con Valéry al discorso del fare, e, dunque ancora in un senso originario, alla poetica.

3. Il potere del fare.

Con qualche approssimazione, forse, ma non senza fondamenti si può dire che Valéry, nelle sue opere di poesia e nei suoi scritti letterari, ha parlato sempre, direttamente o indirettamente, di poetica, una metafora continua e una continua esplicitazione. Un saggio come Situation de Baudelaire, per esempio, è una prova tra tante altre di risultati estremamente intensi in un raro ordine in cui una forza paziente di riflessione continua elabora nel modo più splendido, e coordina tra loro idee generali nitidissime nate con una loro vita profonda e controllata dalla esperienza propria del poeta nei suoi contatti con la poesia. Un gesto sempre di spirito esigente in un gusto di astrazioni che portano con sé sempre un certo sapore del vissuto. E, poi, Rhumbs, Tel Quel… e tutte le raccolte di pensieri sparsi, di frammenti, di idee colte allo stato embrionale, di piccoli sistemi. Tardi, nel 1937, il poeta tentò di dare sistemazione a questi suggerimenti e meditate intuizioni, e lo provò negli scritti che intitolò, secondo i suoi modi, Introduction à la Poétique. Ed ecco, qui, certamente una chiave per noi: un poeta che fa un discorso dottrinale non solo sulla poesia, ma proprio sulla poetica. Ne uscì l'abbozzo di una sistematica nella inclinazione di una situazione logica che implica un certo mutamento di qualità: non più una riflessione direttamente legata solo alla poesia del poeta, ma una riflessione disposta a comprendere l'apparente infinito delle scelte, e tutti i casi possibili. Certamente, Valéry, in quest'ordine, trovò alcune difficoltà. Prima di tutto, egli si propose di stabilire la nozione di poetica e il suo ambito di validità e di autonomia, distinguendo il suo campo da quello di altre attività (la Storia della Letteratura, la Critica del Testo...) come da ogni altro tipo di attenzioni che investono la letteratura (la biografia, la psicologia, l'erudizione che assedia il testo da tutti i lati...). La poetica. Al di là delle precettistiche tradizionali e della loro legalizzazione razionale, al di là della perenta era dell'autorità Valéry vuoi recuperare, per l'idea di poetica, il senso etimologico in una accezione carica di significato nuovo:

Le faire, le poïein, dont je veux m'occuper, est celui qui s'achève eri quelque oeuvre et que je viendrai à restreindre bientôt à ce genre d'oeuvres, qu'on est convenu d'appeler oeuvres de l'esprit. Ce sont celles, que l'esprit veut se faire pour son propre usage, en employant è cette fin tous les moyens physiques qui lui peuvent servir.

in particolare con riferimento

(…) A la création ou a la composition d'ouvrages dont le language est A la fois la substance et le moyen ...

L'essenza della poetica dovrebbe consistere, dunque, nell'analisi comparata del meccanismo dell'atto dello scrivere e delle condizioni che esso sembra esigere ("ispirazione", "sensibilità" ...). Il potere del fare. Uno spirito che agisce per se stesso, per i propri fini, che piega a se stesso i mezzi materiali, e che intende il linguaggio nello stesso tempo come sostanza e come mezzo, e una Poetica che si fa campo d'attenzioni soprattutto intese a precisare e a sviluppare la ricerca degli effetti propriamente letterari dei linguaggio per intensificare la potenza e la penetrazione della parola... Se ciò è vero, Valéry si muove in una situazione di cultura speculativa, estetica, e letteraria di cui non è difficile definire i confini nel secolo. D'altro canto, Valéry si rese conto egli stesso di dover tenere presente la grande " diversità delle forme " possibili; di avere a che fare con autori ciascuno dei quali può dettare un suo ordine di principi, nel carattere particolare dei codici usati; ed avvertì fortemente il bisogno di trovare tra Codici tanto Diversi certe connessioni per avvicinarsi a proporre le strutture di un Codice Unico. Per altro, egli era fortemente condizionato: da un lato, dalla situazione letteraria in cui si trovò e dal fatto che la sua maniera particolare di impostare la ricerca presuppone alcune scelte di fondo che si pongono come determinanti rispetto alle decisioni letterarie, dall'altro, egli trovò imbarazzante e difficile uscire da quello stato di identità con la cosa, con la poesia, che aveva instaurato, in cui viveva, che era lui stesso. Quali che siano state le oscillazioni del modello negli sviluppi del suo Cours de Poétique, Valéry certamente diede assetto ad una Poetica molto precisa, rigorosa, e di grande suggestione, e fu la poetica della sua poesia, nata con la sua poesia nell'incontro di talune scelte ideali con una situazione viva. Quanto alle prospettive poi di una Poetica Generale, esse non furono, alla fine, che l'estensione a tutto l'Universo della Letteratura della sua Poetica Particolare. Tutto quel che si è detto qui basterebbe già a provarlo; ma, se si vuole, si pensi anche al discorso conseguente con cui egli, a proposito di un modo nuovo di fare storia della letteratura, parlò con singolare evidenza di impersonalità dell'arte, alla sua teoria delle figure, ai rapporti sorpresi tra figure, suoni, ritmi... Egli si richiama allo spirito di generalità, anzi a un esprit de très grande généralité; ma piuttosto sembra cedere ad una realtà di impallidita generalizzazione. La Poetica Generale sembra non esser altro che un'immagine ingrandita e un poco indebolita e impoverita della Poetica Particolare. E vi è certo qualche cosa di significativo nel fatto che, tentando di espandersi all'universo letterario, le idee del poeta sul fare, sull'opera, sul lavoro perdono in qualche modo vigore di prontezza e di presenza, e, alla fine, dichiarano l'inevitabile limite della loro parzialità. Valéry parla sempre in quest'ordine come una sorta di Malherbe sistematico e novecentesco, che presuppone Baudelaire e il simbolismo, e che vuol restaurare l'intelligenza nel fare della poesia, una poesia che porta dentro di sé una critica congeniale, un gesto in cui l'action vient au contact de l'indefinissable. Si potrebbe, a questo punto, far qualche osservazione à la Benjamin sull'uso che Valéry fa di nozioni economiche (produttore, produzione, consumatore; il valore letterario che è come l'oro, o che è, dice altrove, una ricchezza…) o anche fermarci su certe suggestive idee circa una storia della letteratura come storia impersonale di taluni usi del linguaggio... Idee come queste hanno avuto, poi, grandi sviluppo; alcune volte capita di pensare che certi accaniti polemisti e sociologi abbian letto più Valéry che Keynes (non dico Marx); ma in Valéry, va detto, esse furono tutte orientate al chiarimento di una nozione definita di ciò che diciamo l'opera letteraria nella sua problematicità nel rapporto tra l'autore e il lettore, dell'autore con se stesso ecc. Entro i termini che abbiamo delineato sembra stare veramente il senso della Introduction, il suo limite, e, insieme, la portata del suo "potere del fare". Quanto al discorso generale della ricerca, veramente abbiamo considerato Valéry come un cospicuo esempio di consapevole riflessione sul tema. Ma sembra proprio per quel che ci consta, e nell'ambito del campo in cui la ricerca si esercita, che le possibilità di rilievi siano ricchissime. Le poetiche appaiono infinite apparentemente secondo la apparente infinità delle scelte; esse appaiono ordinate secondo le forme di un sistema che si dirà prammatico; e sembra anche che nella poetica il poeta viva quell'idea costruttiva che è sottesa ai modi con cui egli vuol fare la poesia, egli stesso, e i movimenti, i gruppi, le correnti che a lui fan cavo o di cui egli fa parte. Infine, l'esigenza di un Modello della Poetica che sia valido al di là delle singole esperienze, se verificata e legittima, dovrà essere soddisfatta altrove.

III. Analisi B.

1. Preliminari.

L'analisi che abbiamo condotto fin qui riguarda il territorio delle idee sul fare letterario visto dall'angolo della riflessione dei poeti; ha esplorato, in certo senso, una zona particolare, quasi una riserva per autori in qualche modo privilegiati; ha delineato i confini di una realtà estremamente ricca, tale che si colloca tra diverse possibilità di cultura. Per altro, non esiste solo questo modo di affrontare la nozione di poetica. Ne esistono altri; e si possono e si debbono tentare altre strade, in altre zone. C'è un modo, anzi ci sono dei modi che si dicono scientifici, filosofici, o sociologici, o... di affrontare il tema. Qui, prima di tutto, e sembra proprio un passaggio molto corretto, si leggerà l'idea di poetica secondo Jakobson, secondo lo strutturalismo, o secondo quel formalismo russo, in cui una ricerca molto influente sulla -nozione ha una sua lunghissima e seria tradizione, con depositi molto consistenti e saldi. Se è un obbligo, ecco un obbligo che non manca di portare con sé un certo numero di gratificazioni. Quanto a Jakobson, il saggio giovanile su Majakovskij ci dà di lui una figura di critico rigoroso e appassionato, immaginosamente ricco di invenzione che, con estrema libertà e conoscenza, muove le carte non facili della cultura viva in anni oscuri. Qui, per altro, va soprattutto tenuto presente il sorprendente saggio Linguistics and Poetics [1958]; e si tratta, questa volta, di una delle tante prove in cui Jakobson si mostra come uno scienziato ormai provveduto di strumenti ben saldi, a lungo maturati, con una prosa, poi, che aspira a certe misure di geometria in un crepitio continuo di. citazioni e di informazioni elegantissime, e qui la dotta arguzia dell'universitario first rate si associa alla esperienza del critico che ha frequentato direttamente la letteratura. Nella sua ricerca, egli non manca di dar rilievo all'idea di poetica; ed ecco (X) un primo incontro, una prima definizione:

La poetica tratta di problemi di struttura verbale, esattamente come l'analisi della pittura si occupa della struttura pittorica; quindi dato che la linguistica è la scienza che investe globalmente le strutture linguistiche, la poetica può esser considerata una parte integrante della linguistica.

A cui va aggiunto quel che si legge (X1) quasi alla fine del saggio:

Il mio tentativo di rivendicare alla linguistica il diritto e il dovere d'intraprendere lo studio dell'arte verbale sotto tutti i suoi aspetti e in tutta la sua estensione, può concludere nella maniera che riassumeva la mia relazione al Convegno tenuto nell'Università d'Indiana nel 1953: Linguista sum; linguistici nihil a me alienum puto.

Se leggiamo bene, il lavoro si svolge — almeno per alcuni aspetti costitutivi — nel campo sul quale abbiamo lavorato finora, quello del fare poetico; ma siamo anche davanti ad una proposta (X, X1) di una nuova organizzazione scientifica della ricerca, di una nuova sistemazione del campo.

2. Poetica, funzione poetica della lingua.

Il piano su cui Jakobson colloca la sua analisi si sposta di genere rispetto a quello su cui Valéry colloca la sua; e, intanto, sembra proprio che, sul piano teorico, Jakobson sia spinto dai modi stessi del suo procedere ad esser più attento all'opera che diciamo "finita", all'opera che vive definitivamente fuori di sé, e, insomma, alla cosa fatta che ai movimenti oscuri della cosa che si fa, all'opera colta nella complessità dei movimenti del suo farsi; e si tratta proprio di una differenza di qualità dei procedimenti della ricerca. Così, una analisi che tenga conto, nel recupero di tutto il contesto del pensiero di Jakobson e della sua formazione, di alcuni rilievi su Linguistics and Poetics, e delle due definizioni citate (in X e X1) dichiara che il piano della nuova ricerca vuole essere quello linguistico-scientifico, e cioè:

(a) il sistema della poetica identifica, come proprio luogo di fondazione, la linguistica, e propriamente la linguistica in senso funzionalista e strutturalista; e ciò presuppone o implica un modo nuovo e adeguato di intendere i rapporti tra lingua e poesia;

(b) i rapporti tra lingua e poesia vengono studiati nel rilievo, tra altre funzioni, di una funzione poetica della lingua. Il compito di tali rilievi, e, nello stesso tempo, la sede del loro dichiararsi, è appunto la Poetica;

(c) l'intervento risoluto della scienza sembra condurre alla proposta che c'è un Modello Unico della Linguistica, e che la Poetica è uno dei connotati costitutivi di questo modello. Sono riflessioni ridotte allo schema; ma questi punti dello schema vanno poi risignificati con analisi dirette.

3. Alcuni ipse dixit, e limiti.

Fermiamoci qui su alcuni ipse dixit, che non richiedono particolare commento. (1) Sulla estensione della poetica: "la messa a punto rispetto al messaggio in quanto tale, cioè l'accento posto sul messaggio, costituisce la funzione poetica del linguaggio", ed essa: "non è la sola funzione dell'arte, soltanto la funzione dominante, mentre in tutte le altre attività linguistiche rappresenta un aspetto sussidiario, accessorio". Così, nel trattare della funzione poetica "la linguistica non può limitarsi al campo della poesia", mentre "l'analisi linguistica della poesia non può limitarsi alla funzione poetica". (2) Rapporti tra lingua e poesia: Jakobson su questo punto si limita a considerare come "la funzione poetica proietta .1 principio di equivalenza dall'asse della selezione all'asse della combinazione", e l'esame del metro e del ritmo che occupa alcune pagine stupende e di rara competenza serve a chiarire questo principio nelle sue interne articolazioni. (3) Quanto alla idea di poesia, anzi di poeticità: "la poeticità non consiste nell'aggiungere al discorso ornamenti retorici: essa coinvolge una rivalutazione integrale del discorso e di tutte le sue componenti, quali che esse siano"; infine, (4) quanto alla poetica, ancora:

Riassumendo, l'analisi del verso è di stretta competenza della poetica, e quest'ultima può essere definita come quella parte della linguistica che tratta della funzione poetica nelle sue relazioni con le altre funzioni del linguaggio. La poetica, in senso lato, si occupa della funzione poetica non solo in poesia, dove questa funzione predomina sulle altre funzioni del linguaggio, ma anche all'infuori della poesia, quando qualche altra funzione si sovrapponga alla funzione poetica.

Jakobson si è occupato ampiamente e profondamente della idea di poetica; e credo proprio che egli giochi le sue carte in modo ammirevole con una conoscenza larghissima; e sembra che per lui la linguistica (qui, X, e passim) rivendichi a sé lo studio dell'arte verbale "sotto tutti i suoi aspetti in tutta la sua estensione"; così la poetica della poesia è un momento interno di una funzione poetica che non si dà solo nella poesia, ed è costitutiva di un Modello della Linguistica aggiornato e ricco di relazioni. Ma colui che fa gli studi di poetica è lo scienziato, il linguista; e, pertanto, sostituita dalla Figura dello Scienziato; la Figura del Poeta come Teorico della Poesia sfuma, o si dissolve, o è emarginata; e Valéry sarà accolto non già nell'integrale significato della sua ricerca, ma solo in quanto per qualche aspetto particolare della sua riflessione si avvicina a certi risultati scientifici. La Scienza elabora essa il Modello della Poetica; e sembra abbastanza chiaro che, come dottrina del fare letterario e poetico, tale modello non ha propriamente autonomia; e che nessuna autonomia è garantita, poi, ad una Estetica, o anche ad una possibile Scienza della Letteratura. Paradossalmente le ultime parole del saggio

Ciascuno di noi, qui, tuttavia ha definitivamente compreso che un linguista sordo alla funzione poetica del linguaggio come uno studioso di letteratura indifferente ai problemi della linguistica e incompetente dei suoi metodi sono, d'ora in poi, l'uno e l'altro, dei manifesti anacronismi.

delineano una sorta di poetica che nel suo lavoro Jakobson seguì, egli stesso, fedelmente e fertilmente; e certo, con Jakobson, essa costituì anche un momento importante dei nostri studi letterari. Ma ecco: con la stessa perentorietà altra relazioni possono esigere di essere considerate in un parallelismo che non vi è motivo di rifiutare; e che cosa è poi la " sordità alla funzione poetica"? Certo, l'esortazione non può proporsi come ingiunzione verso il futuro. Quale sarà il destino della linguistica? Quali le sue forme?

IV. Analisi B, altre figure.

1. Jurij M. Lotman.

Lo studio e l'indicazione delle poetiche che qui viene proposto non vuole affatto essere una indagine storica esaustiva, e neppure intende essere un elenco - che sarebbe pressoché senza fine - del lavoro di tutti coloro che se ne sono occupati. Vuole solo cogliere alcune posizioni tipiche e fondamentali, e indicarle in vista di un discorso generale. A questo punto, il nome di Lotman par di rigore. Non si forza troppo il limite dell'accertato se si dice di lui qualche cosa di simile a quel che si disse di Valéry, e, cioè, che, anche se con caratteri molto diversi, il suo lavoro di ricerca, tutto o per gran parte, è una riflessione continua, tenace, brillantissima dell'idea di poetica. Egli si muove insieme con agilità e saldezza in una tradizione di cultura in cui questo concetto è stato a lungo e ampiamente elaborato, e proprio come ricerca delle leggi e delle regole di formazione e di costruzione di diversi tipi di strutture letterario-artistiche. In modo ben diverso da Jakobson, Lotman muove dall'esame dei rapporti tra arte e lingua, e la sua pronunzia ha un accento nuovo che nasce da una profonda preparazione sui rapporti delle arti tra loro e sulle relazioni interdisciplinari in una prospettiva semiotica capace di porsi il problema della constatata condizione per cui, nella sua esistenza storicamente fissata, l'umanità è sempre stata "accompagnata" dall'arte. Qualunque cosa si pensi di una formulazione di questo tipo, essa è nello sfondo della ricerca e l'anima di una certezza in cui la ricerca stessa trova un motivo della sua giustificazione. Tutto quel che Lotman dice sull'arte come lingua, come sistema di simulazione secondario, sul concetto di lingua letteraria, e sulla pluralità dei codici artistici sembra coerente, pertinente, e acuto; e se non è possibile qui seguire la minuta, sottile, un poco capziosa indagine quale appare dal suo manuale Struttura del testo poetico [1970] così ricco di movimenti, di passaggi, e di connessioni, basterà riportare alcune parole delle sue conclusioni, in cui sembra riassumersi il senso della ricerca, se non la complessità delicatissima delle sue articolazioni:

[...] è possibile considerare il testo artistico come un meccanismo costruito in una particolare maniera, che ha la capacità di contenere una informazione altamente concentrata. Se poniamo a confronto una frase tratta da un discorso corrente e una poesia, un assortimento di colori e un quadro, una scala (musicale) e una fuga ci rendiamo conto facilmente che la caratteristica fondamentale che contraddistingue i secondi dai primi esempi, consiste nella capacità che i secondi hanno di contenere, di conservare, di trasmettere ciò che per i primi esempi rimane nei limiti della possibilità.

Per cui, infine

Le conclusioni a cui siamo giunti si accordano perfettamente con l'idea fondamentale della teoria della informazione, la quale consiste nel considerare la quantità d'informazione di una comunicazione, come funzione del numero delle possibili comunicazioni alternative [...]. Lo scrittore ha [...] la possibilità di scegliere non solo tra alcuni segmenti alternativi, ma anche fra i tipi di organizzazione delle alternanze, cioè non solo tra gli elementi equivalenti del suo linguaggio artistico ma anche tra i tipi del linguaggio artistico. Quando la scelta è già stata fatta per lo scrittore dalla lingua naturale in cui egli scrive, dall'epoca che, avendo compiuto una rigida scelta dei mezzi, non offre soluzioni alternative, dalle circostanze della sua biografia e in tutti i casi in cui il testo non realizza una almeno fra due possibilità, ma segue automaticamente l'unica, esso perde la capacità di trasmettere l'informazione. Per questo, l'aumento delle possibilità di scelta è la legge organizzativa del testo artistico.

La ricerca di Lotman passa attraverso l'universo della letteratura e delle arti con esemplare e anche un poco sconcertante sicurezza; e se la pronuncia apodittica può sorprendere, e anche un poco allarmare, lettori avvezzi a gesti più problematici, più sfumati, o, comunque, meno illusi di sé, e se poi ciò può porsi come un limite, va detto che si tratta di un limite inevitabile connesso al tipo di fiducia che la forma d'opzione scientifica scelta e posta come fondamentale alla ricerca sembra portare con sé. Per certo Lotman mette a disposizione della ricerca una conoscenza interdisciplinare convenientemente organizzata e orientata ai fini della ricerca stessa; conosce la letteratura e le arti di cui tratta quanto basta; e ha una maniera di trattare la parola in cui il rigore scientifico non teme per sé la nostalgia dell'immagine. Il modo con cui egli traduce il rapporto testo-lettore, per esempio, è rivelatore di questa capacità di problematizzare scientificamente e di condurre a schema una realtà di casi evidentemente colti nel vivo. Il punto di vista in cui Lotman si colloca è quello di chi studia l'opera d'arte come un evento che si attua altrove; di chi ne ricerca le leggi; di chi si occupa dei procedimenti del fare e dei suoi principi. Ed è un atteggiamento sistematico nel senso che ogni problema è connesso logicamente con tutti gli altri, mentre ogni problema porta una sorta di accrescimento delle informazioni che il sistema nell'insieme può dare. In ogni caso, non credo che egli "conceda molto alla ambizione di una didattica dell'arte o a una sua propedeutica; sembra, invece, che egli offra piuttosto una fitta rete di condizionamenti e di possibilità di scelte per il comportamento. E se la sua ricerca appare in quest'ordine tra le più rigorose e continue, il lettore è gratificato in ogni pagina dal sottile piacere della scoperta.

2. Una poetica strutturale.

Nei tramandi di teorie linguistiche che si sono fatti ormai molto complessi, intricati, e variatissimi, il problema della poetica appare trattato in modi diversi, diversissimi. Nel 1971 Todorov ha dedicato un saggio dichiaratamente non definitivo, e sembra, anche, qua e là, con certi nodi non sciolti, e tuttavia importante, pieno di spunti, e con alcuni avvii di analisi del concetto di poetica su diversi ordini (poesia, narrativa...). La lettura del testo di Todorov non consente facilmente l'estrapolazione di citazioni esemplari. Ogni frase ha un suo senso nel tutto del discorso; isolata, impallidisce, e si perde. Ma si può dire subito che Todorov si distingue da Jakobson per questo: la sua prosa è un poco sdegnosa del Wit, ed è lontana dal brillante gioco delle antitesi che si trova in Jakobson e che pare mutuato dagli scrittori di aforismi. Essa vuole figurare come presa logicamente argomentante, i cui modi invidiano, o corteggiano, certe tecniche verbali o dialettiche della filosofia. D'altra parte, nella analisi dell'idea di poetica, egli si distingue da Jakobson perché nel suo testo la nozione di poetica ritrova la sua pronuncia più originaria, quella che si riferisce strettamente e solamente al fare letterario. Secondo Todorov, ci sono due atteggiamenti per affrontare il problema: uno che egli dice descrittivo, che considera l'opera per se stessa come un fine, come un discorso che bisogna conoscere in quanto tale; il secondo, che egli dirà più propriamente strutturale, che considera l'arte come manifestazione di "altro". Il primo atteggiamento non consente l'elaborazione di una poetica strutturale: in realtà, quella immanenza dell'opera come tale che è richiesta dalla descrizione è sempre continuamente trasgredita: dalla lettura, dalla critica... Se la descrizione si faccia autonoma, essa si priva di tutto, in qualche modo uccide il testo, e soprattutto non riesce a raggiungere un livello di scientificità apprezzabile. Quando, invece, ci si metta dall'angolo dell'opera come manifestazione di "altro", l'opera verrà interrogata per scoprire e per decifrare l'oggetto occultato; se l'oggetto avrà a che fare con la filosofia, con la psicologia, con la sociologia, ci si servirà convenientemente degli strumenti proposti da questi tipi di discorso; se, invece, l'opera sia interrogata per scoprire le proprietà di quel particolare discorso che è il discorso letterario, allora parlare di una poetica, e propriamente, di, una poetica strutturale sarà lecito; e per questa via si giungerà al rilievo della letteralità, della proprietà astratta che costituisce la singolarità del fatto letterario, e la poetica sarà una teoria di questa letteralità nel rilievo della struttura e della funzione del discorso letterario. Essa non ha più molto a che fare con l'opera; anzi, essa non si occupa più di letteratura reale, ma per così dire di un quadro dei possibili. Il rapporto della poetica con le altre discipline muove la poetica a scegliere come proprio oggetto organizzazioni astratte anteriori alle loro manifestazioni, essa ha le sue strutture elementari nella lettera e nel segno verbale, ed è a suo modo sistematica. Nell'Analisi del discorso letterario e in altre ricerche Todorov dà le prove degli esiti di un tipo di ricerca così orientata; di una scienza che a lui stesso appare ancora agli inizi, parziale nei rilievi, giunta solo alle prime approssimazioni, con talune semplificazioni. Se entro nell'analisi delle ricerche particolari, veramente le considerazioni di Todorov, quelle, p.e., sul Registro della parola mi sembrano qualche cosa di più di ciò che si dice "acuto e stimolante", indicano dei problemi, e suggeriscono un metodo per affrontarli. P, probabilmente quanto al metodo che resta qualche cosa da dire. Todorov procede sempre energicamente con una sorta di approccio dicotomico alla ricerca del tipo "sono anzitutto da distinguere due atteggiamenti" o, meglio, "ci si baserà su due grandi dicotomie"... Che questo modo di porre i problemi possa essere apprezzato in sede di discorso logico-formale pare davvero difficile; mentre sembra per lo meno altrettanto difficile che esso garantisca le ragioni della propria necessità con riferimento alla complessità degli oggetti messi in discussione. Ancora: si resta colpiti dalla portata (molto larga) di residuo platonismo, inconsapevole o celato, che le proposizioni che abbiamo ricordato e altre dei "registro" portano in sé. Quanto a me, leggo veramente con piacere le considerazioni sulla parola e sui suoi registri: ecco uno scritto che sottintende molte conoscenze, e anche un modo particolare di organizzarle, un punto di vista generale; osservo anche che questo punto di vista esige di essere accolto, e in modo privilegiato, come scientifico. Ma la scienza non procede per esclusione; e molte cose restano escluse da questo modo di vedere. Le riflessioni dei poeti nella loro autonomia che significato hanno? E le riflessioni dei filosofi? Come raggiungeremo il vero che c'è nelle teorie dei poeti, come ne riconosceremo la legittimità? Non credo, poi, che i filosofi, stabiliti i contesti e i principi, abbiano detto cose insignificanti; e qui si pone il problema, tra l'altro, di un metodo che tarantisca le autonomie e le organizzi. Nell'insieme dei riferimenti che si sono suggeriti Todorov rappresenta un punto di vista in cui la poetica vuol essere teoria del fare poetico, e cioè nella misura di una presa che si colloca fuori dell'opera e privilegia i processi linguistici. In una prospettiva contemporanea, egli ha la finezza, la penetrazione e la cultura di certi grammatici alessandrini o di certi teorici dell'umanesimo. Certamente in un discorso generale sulla poetica il suo discorso non va dimenticato; ma non possiamo dimenticare neppure che esistono altri modi di proporre la questione, che fondano le loro garanzie su diverse, ma altrettanto salde, ragioni costitutive. A questo punto, il gioco delle relazioni si fa complesso, sorprendente, e carico di possibilità.

3. Considerazioni generali, e prospettive.

Il concetto di poetica colto in alcuni momenti fondamentali della sua pronuncia si rivela estremamente complesso, carico di tensioni, ed espresso in formulazioni esclusive. Nelle voci dei lessici la nozione di poetica figura colta nelle cristallizzazioni delle sue ovvietà; ma anche ecco i primi spiragli sull'oscuro movimento che si cela, complesso, sotto quelle irrigidite e impoverite elementarità; e giova, qui, trovare - o ritrovare - certi significati vissuti, o ascoltarne altri viventi.

L'analisi che abbiamo tentato di alcune interpretazioni che esse, esse stesse, si presentano come letterarie o scientifiche ci offre un certo numero di articolate risposte. Come accoglierle? Se è vero che le qualità di una cosa si riducono ad effetti su altre cose, un tentativo di mettere in relazione tra loro le varie risposte potrà dare qualche sorpresa, forse offrirci il filo per muoverci. Se si spera che questo sia un modo per uscire dalle difficoltà in cui ci troviamo, a tutta prima si ha come l'impressione che si sarà delusi: le difficoltà sembra che si aggravino, si infittiscano, e come si accumulino. Ma l'impressione sarà prontamente corretta, se terremo presente anche che, nello stesso tempo, si accresce la portata e il numero delle indicazioni problematiche. Ed ecco:

— in Analisi A, attraverso l'esame della riflessione di Valéry, si è colto un momento capitale del movimento della idea di poetica: la poetica come riflessione del poeta sull'opera che egli fa. La riflessione di Valéry, se vogliamo concedere allo schema, si articola in tre momenti: 1) l'idea di poetica nasce per così dire insieme al nascere di una ben definita e diretta azione di poesia; 2) essa tenta di erigersi in Poetica Generale, valida in tutti i casi possibili; 3) questa estensione si rivela inautentica e non raggiunta. Alla fine, essa ritrova la propria validità non già nella generalizzazione impallidita in cui è caduta, ma nel ritrovare il suo accento vero di idea che esprime i limiti di consapevolezza di una esperienza particolare e straordinaria di "poesia cosciente e regina di se stessa". Così le poetiche dei poeti traggono il loro significato dall'ordine della poesia con cui sono nate, sono infinite, e, nell'ambito che le riguarda, nella loro diversità, tutte valide.

— Quanto ad Analisi B, ai rilievi sull'idea di poetica in Jakobson, in Lotman, in Todorov, il movimento dell'idea di poetica vuol presentarsi sotto un profilo che si dice scientifico. Per altro, e prima di tutto, la nostra attenzione si dirige sulla diversità delle proposte e delle definizioni. Strutturalismo, semiologia, semiotica: l'idea di poetica appare in Jakobson come parte integrante di un modello scientifico-linguistico, come funzione linguistica, di cui lo studio dei connotati letterari costituisce uno dei momenti interni con gli esiti che si sono notati, e di cui sottolineerei come pura constatazione la perdita da parte della nozione di ogni tipo di autonomia. Oppure - Lotman, Todorov si dichiara, invece, come Modello Autonomo, ma di diversa pronuncia - semiotica, o strutturale - con caratteri di cui nessuno appare sovrapponibile all'altro, anzi ben distinti con una loro diversa sistematicità. È possibile, a questo punto, ricordare anche la proposta della poetica come "canale di emittenza" nella conseguente indagine del nostro Umberto Eco? Intanto, può destare un certo numero di giustificate perplessità il fatto che le soluzioni presentano Sistemi Radicalmente Diversi, e, nello stesso tempo, che tutti i Sistemi tendano a presentarsi come Modello Scientifico e che tutti tendano a fornire un ordine d'informazioni, per quanto articolato esso si mostri, lineare, definitivo, conclusivo, e unico, o almeno l'unico possibile al livello di conoscenza in cui si trova la cultura. Veramente sembra proprio che un Modello Scientifico esiga per se stesso di essere in questo, senso Unico e Definitivo; d'altro canto, non c'è davvero nessun legittimo dubbio che i tre procedimenti siano, in senso metodologico ed entro il contesto che han scelto, irreprensibili; da ultimo, e nell'ambito in cui ci muoviamo,

— par proprio che non esista alcun apprezzabile criterio per assicurare all'uno o all'altro dei tre modelli un primato giustificato; mentre

— nei modelli scientifici come in quelli letterari, per quel che ne sappiamo, nessuna prospettiva di unificazione appare possibile.

In conclusione, anche i modelli scientifici sono molti; e qui ne abbiamo ricordati solo alcuni; non è detto che ciò sia da considerare propriamente e assolutamente cosa negativa; intanto, e in primis, non si può far altro che prendere atto di ciò. La scienza, in questo campo, sarebbe un ricco ventaglio di ipotesi? Qui si apre un discorso di grande responsabilità, il discorso generale che coinvolge l'idea stessa di scienza. E una domanda: entro quali limiti l'idea di scienza in generale che appare sottesa a questi modelli figura ancora valida? Si ha il diritto di aver qualche sospetto... Ma le tre proposte mostrano ancor più chiaramente la complessità semantica e l'intrico delle condizioni in cui si trovano avvolte, se raffrontiamo gli esiti della Analisi A con gli esiti della Analisi B. Se ne ricaverà, non fosse altro, qualche avviso problematico ... Comunque, ecco:

1) quanto al luogo in cui la ricerca si colloca: in A, l'idea di poetica si istituisce nel luogo stesso in cui la poesia si fa; in B, essa si istituisce altrove, e precisamente in una zona che diremo in generale scientificolinguistica;

2) lo starting-point sembra comune: l'esame del rapporto tra poesia e lingua; ma nei due insiemi di casi il tono (e il senso) con cui viene assunta la nozione di lingua è diverso: in A quel che si dice della nozione si vien costruendo nella riflessione del poeta-teorico in rapporto al suo particolare modo di manipolazione della parola nel testo; nel secondo caso, si costruisce diversamente in base a diversi tipi di manipolazioni scientifico -linguistiche generali;

3) quanto al tipo di fondamento che garantisce la ricerca nel primo caso esso si trova nel "potere del fare" come opera specifica e privilegiata, nel secondo caso nel "potere del conoscere" come rilievo di leggi e norme. Nel primo caso, i principi debbono agire immediatamente nell’artificio dell'opera; nel secondo caso, debbono porsi come la condizione stessa di ogni possibile manifestazione specifica.

4) quanto al rigore: in A si segue un criterio certamente variabile di rigore letterario, in B si segue un criterio di rigore scientifico, per altro anch'esso variabile in rapporto ai diversi modelli a cui secondo diverse disposizioni contestuali si richiama. (Quanto al rigore letterario, Valéry sembra un esempio eccellente di tale rigore. In che senso il suo giudizio potrebbe essere detto impressionistico? Si possono dare diversi significati all'aggettivo; ma non ne conosco nessuno che consenta di dire "impressionistico" il lavoro letterario di Valéry; e il fatto che egli accenda sempre la pagina con una sottile luce d'invenzione non muta la realtà di un discorso sistematico, coerente, trafilato. Anche Eliot, nei suoi modi, è un esempio in questo senso: al suo sconcertante giudizio su Amleto egli giunge proprio per rigore sistematico. E, per non scomodare Leopardi, qualunque autore poi di visual poetry ha in quest'ordine perfettamente le sue carte topografiche in regola. D'altra parte, gli autori, che essi, essi stessi, si dissero impressionisti furono a loro modo rigorosissimi, fondatissimi nei giudizi, nelle valutazioni, nelle esclusioni, e non mancarono di vantarsene... ). Infine:

5) tanto in A che in B il Modello costituito esige di presentarsi come Unico, Definitivo, Assoluto.

In breve,

- tra A e B i connotati sono diversi, e quelli che sembrano simili non lo sono di fatto;

- i tre Modelli in B sono solo l'esempio di una ricca e non volgare proliferazione di modelli. L'analisi ha messo in luce le loro radicali diversità strutturali.

- Da ultimo, tutti questi modelli in A e in B vogliono rispondere alla domanda "che cosa è la poetica?". Pur movendo da motivazioni assai disformi, tanto A che B hanno apparentemente ed egualmente fiducia nella possibilità di una risposta che si presenta nella Forma del Concetto Essenzialista e Lineare; rispondono alle domande in modo diretto e apodittico, e non problematico; e anche se si esprimono con diversi tipi di retorica dell'esistazione, in realtà esigono per sé, ciascuno per sé, l'Autorità della Risposta Ultima e Conclusiva.

V. Analisi C.

1. Problematica.

Il labirinto comincia a disegnarsi. I cartelli segnaletici sono diversi, e, presi alla lettera, ingannevoli; le strade variamente colorate, e gli incroci oscuramente mascherati; le informazioni rumoreggiate e. confuse; e non mancano certo le possibilità che vi giochi qualche sistema di specchi deformanti. Si prevede un difficile lavoro, dentro. È, necessario che si privilegi il Modello Letterario? E quale tra i tanti modelli letterari? O il Modello Scientifico? E quale? E anche: il privilegio di un Modello vorrà dire in ogni caso la radicale emarginazione dell'altro? e il rifiuto di un lavoro a cui sono connessi tanti significati? Se vorremo privilegiare il Modello Letterario, in che senso potremo farlo? Ci sono moltissimi (al limite, infiniti) Modelli Letterari; e, in quest'ordine, i motivi o criteri plausibili per preferire un modello all'altro non possono essere altro che motivi di scelta esistenziale (essere poeta, appunto, o critico, o lettore di poesia) e motivi storici, di situazione. D'altro canto, solo per motivi di questo tipo potremo privilegiare il. Modello Letterario rispetto al Modello Scientifico. Se guardiamo la questione dal lato del Modello Scientifico, le difficoltà sono altrettante: intanto, come si è detto, non abbiamo nessun criterio valido per stabilire con sicurezza la superiorità di un modello rispetto ad un altro; e sembra proprio impossibile parlare di superiorità del Modello Scientifico rispetto al Modello Letterario. Vi è più rigore? Ma alla fine non si tratta che della scelta di un diverso rigore. Anche i fini che i due modi di procedere si propongono sono diversi: il giudizio, la scelta, appropriazione, nel primo caso; il rilievo di leggi e di criteri non valutativi, nell'altro. E sembra anche che se si acquista qualche cosa da un lato, si perde qualche cosa dall'altro. Sappiamo, per esempio, che non è necessario parlare per il modello letterario di sensibilità come connotato costitutivo fondamentale; esistono diversi connotati fondamentali possibili, e anche molto complessi e poco studiati intrecci tra connotati diversi; ma esistono modelli che privilegiano la sensibilità; così, se vogliamo proprio parlarne, non so per quale motivo debba essere più accettabile la capacità di chi è giunto a giudicare attraverso una sensibilità lungamente educata e fornita di strumenti convenienti con tutta la varietà di procedimenti e di valutazioni che segua le diverse disposizioni in cui essa può darsi; o i rilievi che si determinano attraverso l'uso di criteri scientifici che anch’essi si rivelano disformi, e portano anch'essi a risult4ti, volta a volta, affatto diversi. In tutti e due i casi, si rinuncia a qualche cosa e si ottiene qualche cosa. Infine: allo stato dei fatti sembra che non vi sia nessuna apprezzabile intenzione generale per cui i modelli in A e in B possano tendere verso un modello comune. Se un tale modello appare a taluni una speranza, la forza di un continuo problematizzare sembra insidiarla vittoriosamente. Così, se vogliamo tornare alla questione generale della scienza e dei suoi significati, si può dire che ormai la scienza, in questo ordine, debba riconoscere il proprio destino problematico; certo accetta una propria condizione di probabilità; e, d'altra parte, dovremo a suo luogo tener conto dell'analisi della crisi della scienza fatta da Husserl con tanta penetrazione e partecipazione alle funzioni e ai significati. Restano ancora altri campi da esplorare, e soprattutto quello che si richiama alla filosofia e al suo modo o ai suoi modi di gestire l'idea di poetica. È, lecito, a tutta prima, sperate che qui finalmente si trovi la risposta che abbiamo cercato finora.

2. Una osservazione di Nietzsche.

In uno dei suoi Frammenti postumi Nietzsche ebbe a dire che

[…] l'essenza di una cosa è anche essa solo una opinione sulla "cosa". O piuttosto, "l'essa è considerata" è il vero "essa è" […].

Ecco una buona apertura per un discorso sulle interpretazioni filosofiche della nozione di poetica; e, nello stesso tempo, espresso in un linguaggio che implica referenze diverse, ecco uno dei cardini di metodo della nostra critica. Ritornando al tema, è un fatto ben constatato che, nel nostro secolo, e con riferimento alla cultura letteraria quanto a quella artistica nelle varie arti, le poetiche hanno avuto singolari sviluppi e inconsueta fortuna, quali non ebbero neppure nel fortissimo tumulto del Barocco. Poeti, gruppi, movimenti, correnti, e soprattutto le inquiete, indicative, spesso sconvolgenti avanguardie hanno dato grande spazio all'aspetto riflessivo e critico dell’arte su se stessa: in un certo senso, sembra essersi avverata l'ipotesi di quella filosofia che vedeva nell'autocoscienza il momento conclusivo dello svolgimento concreto della vita dello spirito e della cultura, che, nel caso specifico, si manifestò attraverso e all'interno delle poetiche, nel movimento tra "morte dell'arte" e "coscienza dell'arte" in un continuo recupero che l'arte fa di se stessa nel problema del proprio esserci con una radicalità mai prima sperimentata. La poesia ha fatto del tema della propria morte un motivo centrale della sua stessa espressione, un principio continuo di nuovi significati, e di innovazioni letterarie. Come si riferirono le filosofie ad una situazione come questa? Anche senza pretendere di formulare espliciti giudizi in proposito, la risposta più corretta metodologicamente sarà data dal rilievo critico del sistema di relazioni in cui ciascuna di esse tentò di organizzare una definizione del problema. Anche qui tenterò di analizzare alcuni modelli: quello del neo-idealismo italiano; e un esempio influente di marxismo critico.

3. Modelli filosofici.

Ho già fatto altrove — A) l'analisi della nozione di poetica nell'ambito del modello speculativo del neo-idealismo italiano. Pertanto, brevemente riassumerò i connotati fondamentali. In questa prospettiva si osserva che:

l'idea di poetica è svalutata rispetto alla idea di estetica; essa viene giudicata una "estetica empirica" imperfetta ed incompiuta rispetto all'estetica filosofica che solo può dare il concetto universale dell'arte; pertanto, alla poetica, come tale, e alla ricca esperienza di realtà che in essa si riconosce, vien revocata ogni autonomia;

ad essa si può concedere al massimo una funzione strumentale per sussidio alla critica; e, infine,

si stabilisce un singolare criterio di valutazione delle poetiche: nella loro empiria e inconsistenza speculativa esse sono eventualmente apprezzabili solo quando con le loro formulazioni si avvicinano alle formulazioni della filosofia. In questo senso Leopardi — ma colto in una prospettiva molto ridotta nella sua continua e amplissima riflessione sulla poesia che ne fa uno dei più alti e complessi poeti teorici dell'ottocento vicino solo a Baudelaire — potrà essere accettato. L'interpretazione che il Binni diede della nozione di poetica rappresentò nel modo più acuto e intelligente talune insoddisfazioni ed esigenze di chi si muoveva dentro il sistema, e sentiva il bisogno di avere più adeguati strumenti per far storia letteraria e per avvicinare i movimenti della poesia contemporanea. Ma il sistema appariva oggettivamente orientato al rifiuto; e, d’altro canto, rigido, inflessibile, e apparentemente compatto nella sua interna organizzazione non poté accogliere inquietudini che rischiavano di turbare una conquistata armonia. (Le considerazioni penetrantissime che in quegli anni Eugenio Colorni veniva facendo proprio nel rilievo di smagliature e di difficoltà interne alla struttura del sistema non furono ascoltate neanche da coloro a cui avrebbero potuto servire).

Movendo da una prospettiva per così dire rovesciata rispetto al neo-idealismo italiano, e cioè da un marxismo rivissuto in rapporto ad alcune esperienze nuove della cultura, Della Volpe giunse ad una considerazione della poetica come rivalutazione nella poesia del molteplice e del discreto che in lui prende particolare vivacità di colorazione per la polemica continua contro ciò che egli diceva l'indistinto e l'indiscreto romantico - idealistico e le sue ascendenze platoniche. Egli avvertì la necessità di superare la ripugnanza idealistica alle regole varie della poesia; e lo fece in nome dell'esperienza e delle distinzioni proprie della tecnica e dell'intelletto. Ma non andò oltre questa esigenza che condivideva con altri filosofi in quegli anni; studiò la Poetica del Cinquecento; ma non propose mai una vera e propria analisi teorica della nozione di poetica: l'estetica è in ogni caso privilegiata. Quanto all'idea di poetica, le filosofie in generale appaiono più preoccupate di sistemarla all'interno di organismi speculativi preordinati che disposte a rendersi conto di quale sia in realtà la complessa struttura della nozione, o anche, eventualmente, a rivedere le strutture del sistema, ad allargare le maglie per coordinarvi convenientemente i risultati di una indagine esercitata prima di tutto sul campo (e su un campo, poi, vario, complesso, e accidentato, ricchissimo). Sfuggì in ogni caso la straordinaria ricchezza di problemi che la nozione di poetica porta con sé, e, in generale, non si tenne conto del rilievo che essa ha assunto nella cultura contemporanea e vivente e nei suoi significati. Si preferì privilegiare lo schema speculativo che l'impegno di integrazione sistematica di analisi particolari e specifiche; si diedero interpretazioni riduttive, astratte, e pregiudicate: fu il sistema a significare le strutture, non le strutture a dar colore e vita al sistema. Per altro, in esse si manifestò una esigenza apprezzabile, e, cioè, che l'interpretazione non si ancorasse a questa o quella dottrina o disciplina o scienza particolare, ma tentasse un orizzonte che fosse connesso ad una più larga maniera di approccio.

VI. Analisi e Metodo.

1. Breve riepilogo.

I rilievi circa le interpretazioni della nozione di Poetica tentati fin qui in diversi contesti — Analisi A, B, C — figurano una singolare testimonianza dello stato di crisi, di tensione, di conflittualità non risolta, e, in genere, di più o meno celato imperio dogmatico, in cui la cultura specifica si trova. Al limite, gli stessi termini usati in diversi contesti assumono significati così disformi da rendere difficile, e quasi impossibile, la comunicazione nella mancanza di un terreno comune d'intesa su cui Operare. Nei diversi ordini si danno soluzioni per se stesse apprezzabili, coerenti, ed organiche; ma esse sono molteplici, non sovrapponibili, e non conciliabili tra loro, tali poi, da presentarsi tutte, per diversi titoli, come uniche e definitive. Se esse sono consapevoli di una loro inevitabile intrinseca deperibilità, non fanno un uso teoretico di questa consapevolezza; d'altro canto, l'ipotesi di un Modello Generale comune se, per certi aspetti, appare pericolosa, per altri figura impossibile, o almeno non prevedibile nel movimento eventuale offerto dalla situazione. Dobbiamo davvero rinunciare? O accettare il decreto di morte del corpo di cui ci stiamo occupando, e affidarlo, infine, a quei Ghiotti Vermi, Ghiotti e Dotti, di cui parla Nietzsche in un suo luogo efficace? La constatazione di crisi collega le analisi sulla poetica (o sulla estetica) ad una più ampia, e ormai secolare, condizione della cultura. Che è chiaramente nelle sue forme più attive non già cultura della crisi del sistema o della crisi nel sistema, ma cultura del Sistema della Crisi, di una Crisi che ha toccato alle radici tutti gli aspetti della conoscenza che è giunta ad avvolgere, a ferire e anche a sconvolgere tanto gli aspetti sociali che quelli privati della vita nelle strutture dei significati più profondi, da Marx a Nietzsche, da Husserl a Freud, dalla Scuola di Francoforte a certi movimenti letterari, artistici, musicali, dalla crisi delle scienze e delle loro funzioni ai mutamenti del costume in una situazione così difficile e incerta, ma anche così nuova, e rara, e piena di sollecitazioni. Non è qui il luogo nemmeno per una storia, che per altro sarebbe piena di sorprese; queste ascendenze mostrano, ancora una volta, e se ce n'è bisogno, la forza con cui le idee agiscono, "fuori di loro". In questa realtà - come singoli e come società - ci troviamo collocati; in essa dobbiamo muoverci; e non è facile muoverci quando i segnali sono confusi, si contraddicono e si smentiscono tra loro, e restano senza relazioni. Trovare un orientamento non è solo un impegno del conoscere; non è solo utile; ma e proprio necessario perché possiamo vivere. È lecito pensare che, in quest'ordine, vi siano molte possibilità secondo diverse inclinazioni; e non vi è nessun motivo perché io - o chiunque altro - pretenda di aver risolto universalmente problemi di così larga intenzione e portata, e così intrisi di implicazioni in tutte le direzioni. Dita tese a suggerire, ad indicare imperiosamente la Via Giusta e Sicura ce ne sono anche troppe; e propositi del genere non s'accordano affatto con l'ispirazione profonda che muove la ricerca. Qui vorrei solamente indicare il modo con cui mi sono mosso per affrontare e chiarire a me stesso un problema, anzi proprio quel problema, il problema della struttura (o delle strutture) della nozione di poetica. La situazione è tale che c'è da credere che anche una certa dichiarazione di vissuta esperienza possa giovare; comunque, mi sembrerebbe per lo meno scorretto proporre un modello valido anche per altri ricercatori, o per altri problemi. Non parliamo mai di Metodo, ma proprio di metodo.

2. Il metodo.

La situazione del problema si presenta tesa e dissestata; ma anche estremamente attraente per le sue implicazioni e per i particolari contenuti. Le sollecitazioni ad affrontarla provengono da diversi motivi, e in particolare sottolineerei:

a) il fatto che il nostro secolo, nella molteplicità delle sue prospettive artistiche e letterarie, abbia sviluppato una produzione inesausta di sistemi di poetica, e sia giunto ad una consapevolezza in questo senso molto significativa;

a1) tale, poi, da giungere spesso a rifiutare le soluzioni, ritenute costrittive, delle filosofie dominanti nella perentoria richiesta del riconoscimento dei diritti di autonomia della propria interna riflessione, quando non alla affermazione di un proprio diritto assoluto;

b) l'esigenza non solo di capire, ma di comprendere questo fatto con strumenti adeguati, non disposti a riduzioni aprioristiche e a pregiudicati dogmatismi, anzi b1) disposti a trovare i fondamenti per garantire le legittime ragioni della richiesta autonomia;

c) l'evidenza, da ultimo di implicazioni larghissime. La ricerca sulle poetiche si lega naturalmente a questioni più generali; le poetiche ci portano (anche quando danno soluzioni escapist) nel cuore stesso della situazione vivente; e le parole sulla crisi nel secondo Manifesto del Surrealismo, e tutti i manifesti del Surrealismo, poi, parlano chiaro in questo senso, e proprio sugli estremi confini.

La proposta di un problematicismo post-idealistico che accetta in modo irrelato e come pis aller la molteplicità delle poetiche per la constatata impossibilità di fondare un criterio metafisico non è meno frivola della dilettantesca e troppo cordiale proposta delle "due culture". Cercheremo altra strada. Si parlerà di un metodo? Ma teorizzare del metodo, considerato fuori dalla precisa determinazione in cui esso opera secondo situazioni che lo condizionano, rischia di dar nell'astratto. Alcune osservazioni preliminari e generalissime possono per altro essere fatte.

3. Alcune Precauzioni.

Se considero le difficoltà interne e di relazione che si son rivelate nei diversi tentativi di interpretazione della nozione di poetica, l'utilità critica delle analisi e dei rilievi che si son tentati fin qui appare ormai evidente: si è dato risalto a un insieme di problemi; questi problemi chiedono di essere chiariti e sistemati; e dai risultati che si daranno, a parte ogni altra e più larga implicazione, si fonderà il nostro diritto o no di servirci della nozione in un senso criticamente accettabile. Il discorso sui procedimenti qui s! fa di rigore, e, prima di tutto, quello di alcune precauzioni per indirizzare la ricerca nel modo più fertile e meno pregiudicato. Credo che la maniera più corretta di dar significato e giustificazione a queste precauzioni sia quella di ricavarle non già da un Metodo Generale e Prescritto, e nemmeno da Significati Accettati e Determinati, ma dall'interno del campo stesso che abbiamo esaminato. I problemi, essi stessi, suggeriscono dal loro interno gli accorgimenti per procedere. Ed ecco alcune precauzioni che sono risultate utili nella ricerca.

1) Mettere tra parentesi tutti i significati che si presentano come assoluti. Uno dei contrasti fondamentali che rendono confuso e impraticabile il tema emerge se si tien conto della pretesa di tutti i modelli di presentarsi come risposta unica, definitiva, assoluta. I modelli appaiono nel contesto che volta a volta li riguarda coerenti e organici; nessuno di essi riesce a sovrapporsi e a negare gli altri in modo motivato.

2) Non appagarsi, nelle risposte alla domanda " che cosa è la poetica? ", di definizioni unilineari. Ma anche tener presente che, se tutte le definizioni esaminate sono unilineari e tutte appaiono parziali, riduttive, ed astratte, una risposta parziale non è perciò stesso senza senso e da ignorare, da gettare nel canestro senza fondo dell’empirico, o del negativo, o dell'inutile.

3) Cercare non il sistema, ma la sistematicità. Tutte le risposte che abbiamo esaminato sono sistematiche; ma nessuna è esauriente. Il sistema, qualunque sia il suo colore e la sua struttura, appare presto dogmatico, e non esclude una intenzione impositiva; la sistematicità appare aperta, può coordinare anche i diversi sistemi, non rifiuta nessun aspetto del problema. Non il sistema che significa le strutture, ma la sistematicità che significa attraverso le strutture.

4) Tentare del fenomeno analisi complete; guardare da tutti i lati; non accontentarsi di un modo di vedere Particolare. Tutte le proposte che abbiamo esaminato privilegiano un aspetto o l'altro delle conoscenze che investono la nozione di poetica: l'approccio letterario, o quello scientifico, o quello filosofico. Per certi aspetti, il sistema appare pregiudicato. In realtà, la nozione vive e si riconosce solo nell’insieme delle relazioni che la riguardano.

5) Non accontentarsi di definizioni rigide e inflessibili, non disposte all'apertura verso ciò che il sistema non può prevedere, non disposte a flettersi rispetto al variare delle decisioni e delle scelte. Molti aspetti della vita della nozione sfuggono ad un esame i cui criteri sono dogmatici e pregiudicati; non passano attraverso questi setacci troppo stretti; e non va dimenticato che talune proposte nuove di poetica appaiono, a tutta prima, imprevedibili e incomprensibili dall'angolo in cui volta a volta ci troviamo collocati, ma appena si siano finalmente poste in relazione, esse mostrano la loro piena giustificazione. Tenersi sempre alla ipotesi, che consente sola il dialogo e l'accrescere continuo della conoscenza.

6) Tenersi sempre alla cosa, ritornare alla cosa. Chose, cause ce fut jadis le même mot, ha detto un poeta; e considerare ciò che si dice essenza come una delle opinioni possibili.

Devo insistere nell'avvertimento che precauzioni come queste sono valide per il metodo, meglio per un metodo, quello che si è dato per la ricerca qui avviata; e che esse hanno un senso nel contesto della nuova fenomenologia critica, e di ciò che in essa si propone come una ricerca di estetica letteraria e artistica. Pare anche che esse siano rispettose del lavoro dell'uomo in ciò che diciamo "il passato", in ciò che diciamo "il presente", in ciò che diciamo " il futuro "; e rifiutano le Oscurità e le Violenze di una Attualità che pensi solo a se stessa, astratta in qualche suo delirio di inconsapevolezza.

VII. La nozione di poetica.

1. La struttura dell’idea di poetica.

L'idea di poetica. [1] Nessuna definizione preliminare può porsi qui per orientare la ricerca; i criteri conviene che nascano dall'interno della ricerca stessa; e, intanto, gioveranno alcuni rilievi dai significati d'uso per la delimitazione del campo. Ma, prima di tutto, brevemente, una esperienza di lettore. Ecco: leggo i Canti di Leopardi, e trovo in essi certi modi formali, certi procedimenti, certi usi particolari e liberi del linguaggio...; poi, leggo lo Zibaldone o taluni scritti letterari, e so che cosa Leopardi negli stessi anni pensava della poesia, della musica, della metrica, di quel che inventava con i Canti, che cosa, infine, voleva ottenere dal suo modo di trattare la parola. Si tratta di due momenti diversi, e tra loro collegati, di una stessa esperienza vissuta; e pare che ragionevolmente non si possano avanzar dubbi sui vantaggi di una lettura che tenga conto di questi due movimenti diversi; di questi due aspetti del fare, e su un punto, poi, di efficacia: che essi l'uno con l'altro si chiariscono, o almeno, nel rapporto, reagiscono utilmente. Se teniamo presente questa esperienza, troviamo che essa è complessa, ricca di tensioni, varia nei rapporti e nelle relazioni che ne risultano; non riguarda solo Leopardi, anzi si estende con diversa portata a tutti i poeti, gli artisti, da Omero a Schönberg a Duchamp; e suppone anche un particolare tipo di sistema. Essa porta in sé impliciti, non dichiarati, due modi primari di intendere la poetica, e, cioè, da un lato, quello che intende la poetica

a) come ricerca delle leggi e delle regole di composizione e di formazione di diversi tipi di strutture artistico-letterarie…;

dall'altro, quello che la vede:

b) come riflessione che i poeti e gli artisti esercitano continuamente sul loro fare definendone precetti, norme, ideali, stabilendone gli scopi, proponendo modelli...

Stiamo parlando di poesia; e quel che appare più nitidamente nel lavoro di un poeta è la decisione, la risolutezza delle scelte, l'impegno di una scommessa irrevocabile. Non ci sono sorprese nel modo con cui un poeta raggiunge gli esiti più sorprendenti; e non vi sono in lui, se non nei tempi di formazione e di preparazione, andirivieni, dubbi sugli intenti...

Il discorso non ha nulla a che vedere con il lavoro delle varianti; che è tema da riprendere altrove. A questo punto, si pone una questione generale, ed è questa: un esame non pregiudicato, non dogmatico della questione implica prima di tutto una definizione di campo, del campo su cui si lavora. E certo il campo delinea i suoi confini se teniamo presente che, sotto il profilo delle strutture (a) o della riflessione sulle strutture (b) del fare, esso comprende tutto il mondo dell'arte e della poesia. Per la poesia, tutti i testi poetici, da un lato; dall'altro, insieme ai testi poetici, ma distinti da essi, i testi delle artes, dei trattati, e tutti quei luoghi tra zibaldoni e mélanges, tra saggi e note critiche, tra epistolari, diari, e divagazioni, e manifesti, e programmi, e A.B.C. del lettore... e in genere tutte le forme, dirette o indirette, in cui si esprime la volontà di poesia. Certamente c'è un modo di vedere in cui all'analisi delle strutture vien riconosciuta una propria autonomia; e c'è un modo di vedere in cui le ricerche sulla riflessione dei poeti trovano un ambito autonomo; c'è anche un insieme di rapporti che possono, volta a volta, diversamente. esser rilevati tra i due piani, e altri che intessono tutta una trama di delicati rilievi - tra poetica e poesia - all'interno di un fare per se stesso molto segreto, aprendo spiragli talora straordinari, sempre rivelatori, sui movimenti oscuri in cui l'invenzione si vien formando. In faccende che riguardano la poesia sembrerebbe affermazione ovvia (e non è) che il modo con cui il poeta pensa il proprio lavoro nel privilegio del fare debba essere ascoltato almeno quanto han diritto di essere ascoltati i modi che privilegiano nelle sue forme diverse il conoscere, e che si propongono come scientifici, filosofici... I rilievi fatti nelle analisi precedenti restano fermi; ma non bastano a togliere significato e presenza a ricerche la cui coerenza, omogeneità, e penetrazione non può essere negata. Così se si sospendono gli assolutismi e i dogmatismi e si traducono le Definizioni Apodittiche e Perentorie in Ipotesi di Lavoro se ne scoprirà l'utilità nell'ambito di una comprensiva sistematicità. Uno stesso terreno dà prodotti diversi e in diversi tempi se sollecitato con strumenti diversi e diversi fermenti; una realtà non si definisce una volta sola secondo un senso unico; anzi essa vive nella molteplicità di prospettive in cui si trova celata, nella molteplicità di relazioni in cui in modo inesauribile si riconosce. L'idea di poetica non si esaurisce nella definizione (a) o nella definizione (b); essa vive in una aperta multilinearità di definizioni possibili collegate tra loro da una trama di relazioni attive.

2. Alcune relazioni.

Possiamo ancora occuparci di ciò che diciamo poesia? Siamo ormai entrati nel vivo di una sistematica di relazioni che forse potrebbero aprire alcune prospettive da coinvolgere il pensiero negativo accettandone tutto lo stimolo. Intanto, si può osservare che si è riconosciuto il diritto di autonomia alla poetica sia in quanto ricerca delle leggi e delle strutture (nel senso di a) sia in quanto riflessione del poeta sul suo fare (nel senso di b) e che si sono poi intravisti un insieme di rapporti tra i procedimenti e gli esiti conseguenti ai due modi (a) e (b) di intendere la nozione. Nessuno di questi piani può risolvere in sé gli altri; e non va dimenticato il piano dei rapporti tra poetica (b) e poesia. Il territorio della poesia era apparso a tutta prima sfuggente, verwiekelt, labirintico; e percorrerlo non è stato, e non è, agevole, pieno, come esso è, di ostacoli naturali e di metafisici inganni. Inoltre, la caduta della fiducia nella assolutezza (comunque essa si mascheri) e nella unicità delle leggi e dei Principî generali può apparire strepitosa, e turbare forse chi ricerca e chi legge. Ma, in realtà, essa vien risarcita dalla convinzione che una interpretazione dichiara la sua forza e la sua validità non tanto nella indicazione di una astratta verità quanto nella capacità di proporre un orizzonte di più larga ed elastica comprensione, nella capacità di seguire, volta a volta, i movimenti reali. Così, si comincia a profilare la possibilità di una sistematica coordinatrice, e non obbligante. Quanto ai risultati della interpretazione, qualche osservazione conclusiva. Jakobson, Todorov, Lotman: considerate come ipotesi di lavoro, fuori dalle assolutizzazioni le loro proposte si rivelano fertili per una analisi strutturale e linguistica dell'opera d’arte, e solo in quest'ordine. Muovono da talune ispirazioni metodologiche comuni, e, con le varianti delle loro risposte, mostrano la problematicità interna alla loro stessa impostazione scientista, per una definizione dell'idea di poetica. Credo che, in questo ordine, uno degli esempi più coerenti, più penetranti, e più analitici sia proprio Lotman; forse con qualche eccesso di fiducia nella consequenzialità scientista della sua prospettiva:

È ormai molto tempo che si parla di un confronto tra arte e vita. Soltanto ora però diviene evidente quanto ci sia di vero in questo confronto che una volta sembrava una metafora. Si può dire con certezza che di tutto ciò che è stato creato dalle mani dell'uomo, il testo artistico in maggior misura ha scoperto quelle proprietà che attirano la cibernetica verso la struttura di un tessuto vivo. Ciò rende lo studio della struttura di un testo artistico un compito significativo per tutte le scienze ...

egli ha dato una rigorosa interpretazione semiotica dell'idea di poetica nella volontà di integrare l'arte nella civiltà contemporanea. Ma egli esprime un penetrante, ricco di relazioni, articolato punto di vista tra quelli che rispetto all'arte e alla poetica si collocano assolutamente altrove.

Esiste, come si è visto, anche il punto di vista dell'arte, della poesia; e, come si è detto, va considerato.

3. Altre relazioni.

L'estetica della poesia e dell'arte non si identifica con la poetica; non vede nella poetica specchiato un proprio volto imperfetto e deformato, e non può essere sostituita dalla poetica nei significati che si sono veduti in nessuna delle sue funzioni e dei suoi compiti. I limiti sono definiti: la poetica appare alla fine un territorio dell'estetica; e questa, pur riconoscendo alle poetiche autonomia, e piena autosufficienza e autodeterminazione, tende a coordinare le poetiche in un congruo orizzonte di comprensione, e considera le poetiche come organismi di relazioni attive che la riguardano in modo costitutivo, In questo senso, l'attenzione per la nozione di poetica e per le poetiche (con particolare riguardo a quelle b) è stata fondamentale alle ricerche della nuova fenomenologia critica, e a partire da Autonomia ed eteronomia dell'arte [1936] fino ad oggi ininterrotta. Ora si tenta una proposta teorica che, nei limiti in cui l'espressione va, intesa in un contesto, così mobile e inquieto, può considerarsi giunta ad un momento conclusivo. La nuova fenomenologia si è giovata e si giova delle poetiche sia in una prospettiva teorica che in una prospettiva storica. E, intanto, essa ha raccolto, o suggerito di raccogliere (e progetta di raccogliere in un corpus organico), lo sterminato e preziosissimo deposito finora poco utilizzato, e certo non utilizzato sistematicamente, delle artes nel senso ampio che abbiamo indicato. Da questo angolo; gli studi di poetica non si identificano tout court con gli studi di poesia, con cui certamente hanno alcuni luoghi fondamentali in comune; e, infatti, da un lato si son fatti e si possono fare rilievi teorici, tenendo conto della ricchissima testimonianza di progettazione. di propositi istituzionali, di precetti, di norme, di ideali... degli artisti sul loro fare; dall'altro, si son fatti e si possono fare rilievi storici. Nei loro movimenti sincronici e diacronici le poetiche (b) appaiono un capitolo molto influente, anche se non esclusivo, di una storia delle dottrine della poesia e del gusto letterario secondo coloro che vi collaborano in prima persona, in persona propria. Va anche considerato che, attraverso le poetiche, si aprono diverse possibilità di itinerari meno frequentati, più sicuri e fertili di complesse mediazioni tra la poesia e ciò che molto compendiosamente diciamo la cultura e anche la società. Quanto al troppo trattato, o bistrattato (e anche malinteso) famoso rapporto tra poetica e poesia, esso finisce spesso in una sorta di esibita fatuità di escamotage, o come metafora di altro. Ma anche nei limiti di un accenno, un esame del rapporto appare fertile. In primo luogo, nel ricco variare delle sue articolazioni, esso mette in luce tutto un ordine di gesti embrionali della poesia nel suo momento più affascinante, forse: nel suo formarsi e nel suo nascere; se poi si tiene conto che il poeta riconosce se stesso nella poetica (b) allo stesso modo o, meglio, con la stessa intensità e forza con cui si riconosce nella poesia, e che anzi la poetica appare come una sorta di cognizione segreta della poesia nel movimento delle sue intenzioni… ecco un mezzo, per l'interprete e per il critico, di verifica e di controllo, in ogni caso, un arricchimento di strumenti da ascoltare. Infine, questo sottile rapporto ci consente di leggere profondamente artisti come Duchamp che si sono collocati ambiguamente sull'estrema frontiera; di avvicinarci — anche con Adriano Spatola nel suo eccellente Verso una poesia totale [1969] — di avvicinarci alla visual Poetry; e ci ha consentito di intendere le esperienze novissime: Sanguineti e Balestrini, per esempio. Sono esperienze radicali. Laborintus è la straordinaria avventura di un giovane che ha toccato presto certi abissi oltre i quali era impossibile andare. Non è forse stato il modo di impadronirsi di una civiltà letteraria, di gettarla nella palus putredinis, e di abbandonarla? Ma non meno crudele è il colpo al cuore che Balestrini le inferisce sconvolgendone alle radici le strutture stesse del linguaggio... Certo, il rapporto poetica poesia comporta anche altri rilievi; in ogni caso, in quest'ordine, sfugge ai pericoli, e propone una ben definita trama di relazioni mobili e precise. E, a questo punto, converrà domandarci se sia possibile una fenomenologia della poetica.

VIII. Fenomenologia della poetica.

1. Fenomenologia, e fenomenologia della poetica.

Ci siamo veramente sbarazzati di tutto ciò che Nietzsche indica come mondo mentito? Certo il solo mondo di cui riusciamo a parlare è il mondo che vien detto (non senza, talora, qualche disgusto) il mondo delle apparenze, un mondo di cose che sono relazioni... In tal senso, si parla di fenomenologia, di fenomenologia nuova e critica, e di fenomenologia della poetica. Si è visto quale intrico di relazioni comporti la nozione di poetica, e anche il sistema di una sola poetica, e quali precauzioni di metodo sia necessario prendere per orientarsi nell'intrico. Se si dice che il metodo si compone di tre parti: una descrizione del problema (nel caso, Analisi A, B, C, e passim), un certo numero di precauzioni e di cautele (nel caso, Analisi e Metodo), e alcuni procedimenti di metodo per ottenere risultati non infondati (La nozione di poetica, e La fenomenologia della poetica… qui) veramente si tratta solo di astrazioni: le parti non ci sono in realtà, o sono solo una metafora, o una espressione di comodo; esse si danno sempre tutte insieme in diversa misura secondo l'intenzione del contesto, e comportano diversi gradi di esplicitazione in successivi momenti o tappe. A questo punto, converrà esplicitare quel che è implicito in tutta la ricerca. Ma con verrà fare ancora una osservazione. Si può considerare in qualche modo pericolosa una analisi nel timore che essa distrugga i fatti di cui si occupa, o che ci si diverta più al rilievo del meccanismo e ai suoi giochi piuttosto che alla corposità dell'opera? Obiezioni di questo tipo perdono la loro forza se si osserva che proprio questa consapevolezza e conoscenza attenta ai movimenti interni ha, invece, generato molte opere; e che ciò che nel discorso si dice, con qualche sospetto, meccanismo, proprio se preso a sé può offrire certi dati non sostituibili per una, storia dei procedimenti letterari, o che dei procedimenti letterari tenga conto. Se vogliamo, finalmente, esplicitare certi esiti, ecco: la nozione di poetica non sopporta una definizione unilineare; è a suo modo, sistematica; ha propri ambiti di autonomia e tende a trovare la sua organizzazione in un orizzonte comprensivo, in una sistematica aperta.

2. Variazioni nella poetica.

Si son tentate analisi, dichiarati dei metodi; e sembra proprio che ora li debba esplicitare quel che si è detto fin qui, integrarlo sistematicamente, e organizzarlo in vista di una piena e articolata fenomenologia. Il luogo in cui ci muoviamo è quello della poesia quale si dà nelle opere, e non quello che pensiamo debba darsi, e non una astrazione ideale, spirituale, o materiale in cui essa si identifichi perdendosi; e allora si osserverà che, per quel che riguarda le poetiche interne alla realtà della poesia, sono affiorati due piani, il piano della poetica implicita e quello della poetica esplicita, ed è ormai chiaro: per poetica implicita si intende quella che affiora dal testo e solo dal testo della poesia nel rilievo dell'insieme dei procedimenti e delle strutture, di cui il poeta si giova e che, per eseguire, segue. L'Infinito di Leopardi è del 1819; lo si legga, e si ascolti leggere un critico di sottilissima natura come il De Robertis quando osserva che si tratta di "musica più suggerita che attuata", in cui "parole e immagini altro ufficio non hanno che di crear degli accordi e prolungarli, proprio per dar risalto a quelle pause che segnano la fine e il ricominciare del discorso": ecco ciò che possiamo direpPoetica implicita. Per poetica esplicita si intende la riflessione che il poeta tenta sul proprio fare per stabilirne principi, norme, ideali. E si veda quanto proprio in quegli anni dice il Leopardi sulla parola, le "immagini accessorie", le "idee concomitanti ", e quelle sue osservazioni sulle parole poeticissime che si muovono nella distinzione tra parola e termini e quel che dice sulla musica, e certi rapporti tra musica e parola, sempre con riferimenti a discorsi generali sulla poesia e sul piacere. I due piani delle poetiche possono esser sovrapponibili tra loro, o presentare scarti; il caso di una totale mancanza di contatti è una ipotesi di cui non si riesce a trovare la verifica in modo convincente: qualche esempio si può dare nel caso di adesioni a poetiche di gruppo o di movimenti che, come capita, vengono subito trasgredite; ma, in generale, il caso di Valéry che vuole uscire dalla propria poetica per una poetica più generale o quello di Montale che sa essere accanto al poeta un grande intellettuale deluso della crisi sono abbastanza esemplari. In quanto alla poetica implicita, ai suoi rilievi possono certo giovare strumenti offerti dalla poetica (B) o dalle nuove retoriche; e può servire anche tutta la teoria fenomenologica delle istituzioni letterarie. Una poetica siffatta può essere rilevata anche in autori anonimi; e il caso di un frammento adespota sufficientemente articolato non è escluso per principio. Essa mette in campo una molteplicità (al limite, una infinità) di sistemi con cui si opera concretamente. Le poetiche esplicite sono per solito opera del singolo poeta con riferimento alla propria poesia; ma possono anche estendersi a un gruppo, a una corrente, a un movimento, e anche essere sollecitate all'interno dell'arte da ideologie ecc. La azione di taluni gruppi di poeti e di artisti (pensiamo agli architetti, soprattutto, ai surrealisti, o ai "novissimi"…) comporta veramente una forte impostazione di poetica; e talora un critico se ne fa interprete. Quanto alle poetiche esplicite, anch'esse implicano un certo tipo di sistematicità. Se si parla di sistemi, circa la nozione di sistema, e in particolare, i sistemi teorici tradizionali, ho già ricordato qui e detto altrove, che essi appaiono riduttivi, impermeabili alla esperienza e alle sue variazioni, rigidi, con definizioni e concetti tanto astratti quanto parziali; la stessa cosa si può dire per lo strutturalismo quando pretende di apparire come filosofia del tipo che diciamo dogmatico o come visione del mondo, e di offrire, in modi dichiarati o coperti, quasi un Assoluto, un Modello Unico o un Sistema Definitivo. Ma i caratteri che si mostrano negativi riferiti alle teorie e alla loro intenzione di comprensione, appaiono invece positivi, e addirittura costitutivi, nel caso di sistemi che diciamo prammatici e che si istituiscono nell’ordine dell'operare su scelte tanto più efficaci e produttive quanto più radicali e giustificate nella situazione. Le poetiche interne alla realtà della poesia, e in particolare le poetiche (b) sono appunto sistemi prammatici, e non vi è nulla di occasionale in esse: che possono implicare o la radicale trasgressione a un codice dato o la continuazione del codice dato e la sua maturazione, o delle variazioni al codice ... Comunque, e in ogni caso, esse implicano un ordine, un rigore (e il disordine, qui, è veramente un altro ordine).

3. Altre connotazioni delle poetiche (b), e accenni ad una sistematica.

Un modo di trattare la poetica come quello che qui si tenta di delineare comporta che l'arte, che la poesia siano intese proprio radicalmente fuori dalla famosa sacralità, dalla famosa aura. L'impegno di dare alla poesia un significato nell'esclusione di ogni allontanante ritualità, anzi avvicinandola, consiglia di riguardare la poesia come un evento da riconoscere nelle strutture e nelle relazioni che essa, essa stessa, propone per sé, e solo in esse. La sacralità ha avuto un suo senso, e tra l'altro è stato un utile mezzo di difesa, e converrà parlarne ampiamente altrove; ma, a questo punto, la dottrina della "morte; dell'arte", con tutto il gioco abbastanza curioso di inevitabili fraintendimenti, di accumuli di intenzioni, e di motivi reali, perde gli accenti gioiosamente apocalittici che ha per taluni, e il tono di tetra registrazione anagrafica che ha per altri, e diventa, sì, la fine di un certo modo di intendere e di fare, ma anche il principio di un altro modo. Di fatto, una conveniente serie di rilievi può aiutare a verificare: la teoria (o ipotesi) della "morte dell'arte" si trasforma per la poesia in un tema spesso ritornante sotto varie maschere e figure; agisce profondamente all'interno della poesia; e porta nella vita della poesia una nuova consapevolezza, una consapevolezza acuta e lucida, e un movimento continuo e inquieto di grandi e radicali innovazioni strutturali. Nasce, nell'ordine, una condizione inattesa; e resisi presto invalidi e inoperanti tutti i decreti negativi assurdamente paghi della assolutezza della loro legalità, la poesia si estende liberissima, e tutta umana nella sua non sacralità. Essa trova anzi un arguto assillo che le apre possibilità infinite, e in tutte le direzioni. Alla Severa, un poco Estranea ed Astratta, qualche volta stancamente Sublime Distanza Necessaria, si sostituisce il gesto curioso e libero di una giustificata, sorprendente, anche irrisoria, anche crudele e impietosa, anche fatua, anche, m un certo senso, compromessa novità; quel movimento che, dopo Nietzsche, può esser detto un continuo "accrescimento di vita". In ogni modo, si è constatato che si danno poetiche nate all'interno della realtà della poesia e poetiche che trovano il loro luogo altrove, e che esse comportano diverse definizioni generali e rispondono a diverse funzioni. Tali definizioni offrono, con riferimento allo stesso campo, conoscenze diverse secondo diverse intenzioni della ricerca; esse istituiscono tra loro relazioni attive; nessuna di esse è tale da comprendere le altre in ciò che esse hanno di specifico e utile. Esse, tutte insieme, costituiscono forse una costellazione in cui si articola, vive, e diversamente si riconosce la nozione di poetica? E sono tutte coordinabili, entro un progetto sistematico che perda ogni pretesa di vincolare e di imporre per acquistare, invece, capacità di conoscenze più ampie e di comprensione più flessibile? Ma ancora qualche rilievo sui connotati, sui piani interni e su altri aspetti dell'idea di poetica. Non mi è possibile qui ricuperare tutto il vasto lavoro di ricognizione sul problema. Mi limiterò a ricordare come le poetiche (b) comportino, in quanto sistemi prammatici, al proprio interno, vari piani e possibilità di intenzioni ordinatrici: ci sono poetiche precettistiche, poetiche normative, e poetiche idealizzanti; sempre come sistemi le poetiche comprendono nel loro territorio la teoria delle istituzioni letterarie dall'angolo di chi le fa e da quello di chi le usa, come strutture vettoriali strettamente connesse col fare nel variare dei suoi modi e dei suoi significati. Una istituzione come la poetica oggettuale è fortemente indicativa nei suoi movimenti nella poesia e nelle arti; basterà qui per esempio ricordare come la poetica degli oggetti attraversi tutto un secolo della poesia italiana, dai realisti e scapigliati fino ai "novissimi", e in particolare, si riconosca in un tratto molto acuto e intenso che la riguarda tra la poetica delle cose di Pascoli e gli emblemi oggettivi di Montale? Non mi fermo sulla teoria surrealista degli oggetti o su ciò che Renato Barilli ha studiato in Dall'oggetto al comportamento, o... Anche i rapporti tra poetica e generi letterari, e critica (c'è una poetica della critica), o sul significato strutturale che per la nozione di poetica (b) ha l'idea di situazione o sulla tecnica dei rilievi di struttura e rilievi di situazione per l'identificazione dei sistemi di poetica. A questo punto, sembra proprio sia conveniente far reagire l'idea di poetica su una accezione particolarmente congrua dell’idea di esperienza in generale.

IX- Sistematicità.

l. Sistema e sistematicità.

Ricostruire una casa praticabile, trovare dei significati che accettino di essere mobili, sempre pronti di fronte all'imprevisto, non rigidi... La critica ai sistemi tradizionali e ai loro modi di definizione ne ha mostrato il limite: essi pretendono ognuno per sé, e ogni volta con apparenti ragioni di vittoriosa egemonia, di dare una risposta teorica in ogni caso e comunque la si intenda definitiva. Ma le strutture della poesia sfuggono; e una rete di limiti, di preclusioni, di problemi rimasti all'interno irrisolti, e, all'esterno di imprevedibili esigenze e presenze castiga ogni volta la presunzione dei risultati, con tutte le conseguenze traumatiche di delusione, sfiducia rimozione, incomprensione, e una sorta di pericolosa rigidità. D'altro canto, aggredita da ogni lato, la poesia vuol, dare essa stessa a se stessa il proprio significato; certamente, volta a volta, lo dà, e in una storia non pregiudicata delle idee estetiche non dovrebbe mancare (ma troppo spesso manca) un capitolo per il rilievo continuo del variare di questa consapevolezza che accompagna l'opera. Anche le poetiche concludono inevitabilmente in proposte definitive e irrevocabili. Siamo in un ordine, in un orizzonte di scelte: i sistemi filosofici per un loro curvare prammaticamente l'intenzione teorica, le poetiche per propria costituzione prammatica e diciamo, dunque, che
— nel primo caso, il sistema vuol significare le strutture
— nel secondo caso, le strutture vogliono significare se stesse e, pertanto, si può pensare
sistematicità che si significa attraverso le strutture, e che si presenta come un orizzonte ad una di comprensione nel tentativo di coordinare la contrastante molteplicità delle scelte, senza costringerla, senza negare la realtà di una conflittualità costitutiva. La teoria delle poetiche può essere, oltre tutto, in questo caso, per il metodo una buona pista di prova. La ricognizione del campo delle poetiche ci presenta un territorio multilineare nelle definizioni, sistematico nella organizzazione di ogni territorio, molteplice nelle poetiche particolari, e che, nei limiti della analisi che è stata fatta, appare spartito tra poetiche scientifiche e poetiche letterarie e artistiche, tra poetiche nate altrove, e poetiche nate nella cosa... Certo non può essere discussa la legittimità delle poetiche letterarie e artistiche; quanto alle poetiche scientifiche, quale che sia la crisi dell'atteggiamento scientifico nei suoi luoghi naturali, sembra difficile negare il significato e la pregnanza degli esiti. Nell’insieme di queste prospettive, ecco un modo per l'estetica di scendere veramente nel tempo, senza effroi e senza timori, e di trovare una possibilità di disoccultare il passato, di partecipare il presente, e di cogliere anche quel sottile filo di futuro che portiamo con noi. Va anche detto che qui il discorso è sulle poetiche, e non sulla poesia; un discorso diretto sulla poesia implicherebbe diversi accorgimenti di metodo.

2. Sistematicità, ancora.

Quella realtà che ci era parsa bene aggrovigliata e confusa sembra un poco chiarirsi; e l'atteggiamento di approccio non poteva essere qui che quello che è stato: accettare la situazione quale è, assumerla criticamente, impegnarsi per scioglierne i nodi e i grovigli, non senza un'attenzione continua a ciò che Montaigne diceva il movimento ondeggiante e diverso dall'uomo e a quel tratto che si legge, ancora in Montaigne, Essais, II, XII, Apologie de Raimond Sebond, là dove osserva che non vi è nessuna esistenza costante del nostro soggetto, né degli oggetti, né del loro rapporto, e aggiunge che colui che giudica e colui che vien giudicato si trovano in perpetuo movimento e mutamento di rapporti. E Montaigne, si sa, non fu scoraggiato, non fu portato alla disperazione o alla disappetenza. Anzi. A questo punto, liberare le risposte scientifiche dalle loro pretese dogmatiche è inevitabile; e ciò vuol dire tradurle in ipotesi di lavoro che attraversano la vita dell'arte illuminandone aspetti sconosciuti o meno conosciuti; quanto alle poetiche, l'apoditticità delle loro risposte è strutturale, trova il suo limite già nell'indole stessa di pensiero prammatiche è loro propria. Così, se è vero che nessuna delle poetiche esaurisce il campo, è anche vero che nessuna di esse è insignificante; se esse non sono definitive, ognuna di esse ha un senso con riferimento a realtà concrete, concrete situazioni e prospettive; se esse non danno risposte assolute, propongono un fascio di relazioni che non può essere ignorato. Quale senso può essere colto in quel loro presentarsi sempre con un ingannevole volto di Verità? In realtà, assoluto, in questo ordine, vuol dire la decisione per una scelta che assorbe in sé tutto il campo, che è irripetibile, che risolve tutta una problematica con un taglio risoluto; e definitività vuol dire presenza non paragonabile, che può essere recuperata, che può anche essere risignificata. La "polvere empirica" si redime? Semplicemente, vive così: e, tra l'altro un esempio può essere la fortuna inattesa delle poetiche barocche nel nostro secolo, da T.S. Eliot e da Ungaretti alla teoria dello happening... Ipotesi scientifiche e poetiche prammatiche han rivelato all'esame minuto rapporti tra loro, relazioni, contatti; esse rispondono tutte diversamente alla domanda "che cosa è la poetica?", la domanda che qui si è posta in inquiry; ma fanno parte di un corpo vivo, mobile, dagli aspetti mutevoli, cioè il corpo della riflessione sulla poesia come fare. Si può pensare che la domanda che si presenta nella forma "che cosa è?" implichi una problematica molto complessa, in certi casi si trasformi in "come si fa?" ... Sembra proprio che si possa senz'altro osservare che tutte le definizioni rientrano, ciascuna per sé e senza annullarsi nell'insieme dei suoi significati specifici, in diverse funzioni della conoscenza. E parlando di conoscenza da parte di chi si colloca all’interno del fenomeno (con tutte le conseguenze) e di conoscenza da parte di chi si pone all'esterno (con tutte le conseguenze) abbiamo già detto quanto basta per un primo accenno a queste funzioni. E va detto che alla multilateralità delle definizioni corrisponde una molteplicità delle figure del campo. La "cosa" non è mai se stessa, ma è ciò che la molteplicità delle relazioni in cui si dà ci rivela.

3. Poetica ed esperienza.

La poetica e l'idea di esperienza... Il richiamo alla Poetica aristotelica sembra essere, a questo punto, d'obbligo. Dal Cinquecento in poi ci sono stati diversi modi di leggere il testo secondo diversi angoli d'interpretazione dogmatica. Nel nostro secolo, in Italia, si è conosciuto un modo di lettura "idealistico", che sottoponeva il testo aristotelico ad interessate sottolineature di luoghi parziali, secondo prospettive privilegiate, e anche pregiudicate. Certo, i lettori idealisti furono dotti e brillanti, si riconobbero in un sistema, e lessero la Poetica entro quel sistema; ma Valéry parla una volta in un senso particolare di un idealistico "chiuder gli occhi" ... Ora finalmente si legge nella introduzione di Gallavotti alla sua nuova edizione del testo aristotelico che, ai di fuori ovviamente di ogni teoria della creazione,

[…] tutta l'analisi, dedicata da Aristotele alla poesia e alla letteratura, e in particolare alla tragedia, è una analisi pragmatica, fenomenologica: il trattato che ben potrebbe intitolarsi "filosofia della poetica" è propriamente una pragmateia thV tecnhV.

L’affermazione ha tutte le motivazioni che è possibile dare, è confortata, e conforta e c'è da supporre che in essa, per una estetica che ritorna alle cose, qualunque sia il colore del suo tono speculativo, si trovi un antico, consolidato e fertilissimo starting-point. Quanto al colore speculativo, tutta l'inquietudine, la conflittualità, il movimento, l'imprevedibilità, e, quindi, la problematicità delle strutture hanno il loro principio in una congrua concezione della esperienza, che esse stesse, tra l’altro, contribuiscono a fondare. Non mi fermo su ciò. Non è qui il luogo. Qualche accenno basti. Ecco: il rapporto interattivo io-mondo è la giustificazione portante più larga e comprensiva di quella esperienza; un rapporto così fatto non accetta di organizzarsi secondo i modi del sistema, anzi si dà esso stesso nella forma della sistematicità; e, avvertendo i sistemi come maniere di assumere universalmente esperienze particolari, vuole in sé comprenderli e coordinarli. Così esso articola gli orizzonti di scelte entro l'orizzonte di comprensione. In esso le varie ipotesi prammatiche, le diverse definizioni e funzioni, e tutti gli schemi particolari trovano una loro collocazione di relazione.

Tale orizzonte proprio con il suo porre in rapporto dà un senso ai vari aspetti che comprende in sé; appare pronto a rivedere continuamente i significati che si son venuti dichiarando con la sua capacità di rispondere alle sorprese dell'esperienza senza timore e terrore; non annulla la vivente e attiva, problematicità interna del campo. È per struttura irreale e ipotetico non si ferma agli scherni parziali, ma non li snatura né li distrugge, anzi li salvaguarda proporzionandoli tra loro e proponendone continuamente l'integrazione. In questo modo, l'esperienza può dispiegarsi liberamente, in tutte le direzioni, secondo le forme della sua molteplice (al limite, infinito) disponibilità, in tutti i piani su cui, volta a volta, vuole attuarsi. Va ribadito anche che i rilievi fatti valgono esattamente per il campo in cui sono stati fatti, e nell'ambito in cui sono stati fatti, e solo entro questi limiti. Da ultimo, se si vuole una definizione dell'idea di poetica non la si troverà né in questa né in quella proposta particolare, anzi essa tende a trovarsi in quell'orizzonte generale, che articola, compone, e significa in sé gli orizzonti particolari della poetica "artistico-letteraria", della poetica "scientifica", della poetica "filosofica" ... nei loro diversi sistemi e schemi. Si ritrova, infine, in tutta la ricerca nella sua globalità e nelle sue pieghe meno visibili.[2]

Vetto d'Enza, agosto-settembre 1975.

Note:

[1] Nell'ambito delle ricerche che qui si svolgono è uscito a Bologna, nel 1970, un prezioso libretto di Rosalba Pajano dedicato alla Nozione di Poetica. Il saggio mi pare, per molti riguardi, utile: mi esenta, per esempio, dai rilievi storici riguardanti l'ascendenza della nozione di poetica in Italia; ed è anche un primo avvicinamento critico tra la nuova fenomenologia, lo strutturalismo, e il formalismo russo... (Un chiarimento della terminologia solo per chi ne abbia bisogno. La nozione di idea può caricarsi di molti sensi, anche opposti: Platone, Hobbes... Il senso che qui nel contesto essa assume è di insieme di relazioni coordinate tra loro semanticamente e funzionalmente).

[2] Lo scritto esce come introduzione al volume in corso di stampa La poetica, il metodo, presso le edizioni del Saggiatore, di Milano.

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